06. AD IUGUM TAMEN SUAVE TRANSEO

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La sala era una delle più vissute di tutta la fortezza. Portava i segni della trepidazione di Galanár. Il tavolo era ingombro di libri, carte e strumenti di misurazione. Su una sedia erano abbandonati degli abiti da caccia e le armi sparse ovunque ne amplificavano il disordine. Sul mobile addossato alla parete, un vassoio conservava qualche traccia di cibo.

Mellodîn non si sarebbe stupito di trovare un pagliericcio da qualche parte. Prima o poi sarebbe successo. D'altronde, il re trascorreva di rado la notte nel proprio letto. Se non era in compagnia della cortigiana di turno, era in compagnia delle sue ossessioni.

"Buongiorno", gli sorrise Galanár al suo ingresso. "Che novità ci porti stamane?"

Ogni volta che si liberava dalla grigia cappa dell'ozio, il generale sembrava ringiovanire. Il comandante si domandò con gravità per quanti anni ancora sarebbe stato in grado di stargli dietro. O per quanto ancora avrebbe avuto voglia di farlo. Galanár era un volatile che non posava mai.

"Nulla di speciale. Solo due missive. Valkano e Arthalion".

Gli tese le lettere. Lui studiò i sigilli impressi nella ceralacca, quindi sfilò quella con il profilo dell'Idra e lasciò l'altra nelle mani dell'amico. Si mosse verso una delle finestre e ruppe il suggello. Il comandante fece altrettanto con la missiva di Aidanhîn.

"Quale altro capriccio ha stavolta, il re di Helegdir?", chiese il re con voce caustica.

Fanelia trattenne il fiato e cercò di scrutare la scena senza farsi notare.

Sedeva all'estremità opposta del tavolo che la divideva con tutta la sua lunghezza dai due uomini. Stava segnando delle misurazioni su un foglio. Finse di tornare al lavoro, ma non poté impedirsi di ascoltare la loro conversazione.

A causa del suo sesso e delle sue scelte, Fanelia era abituata ad adattarsi alle diverse situazioni senza perdersi d'animo. Aveva un approccio quasi scientifico di fronte a ciò che non conosceva: partiva dal presupposto che ogni problema avesse una soluzione.

La reggia di Formenos, però, si stava rivelando un vero enigma di relazioni, tensioni e rancori che affondavano in un passato che lei non conosceva e non riusciva a decifrare.

Bellator l'aveva messa sotto la sua ala protettrice e la trattava come una sorella. Aveva provato a spiegarle il funzionamento di quella corte, ma non le era sembrato abbastanza. In primo luogo perché il capitano era influenzato dalla sua ammirazione per Galanár. In secondo luogo, perché era un uomo.

A molti uomini sfuggivano i dettagli, le sfumature del non detto. Persino i più abili e attenti non si sottraevano a quella regola.

Galanár, per esempio.

Era senza dubbio un fine stratega, abituato a soppesare al millimetro ogni mossa, eppure sembrava trascurare i segnali che suo fratello gli inviava, proprio come stava facendo in quel momento.

"Ti scrive di aver comunicato il tuo piano a Aegis", replicò Mellodîn con aria grave, "E di aver trovato il passaggio migliore per noi attraverso le montagne di Lossmir".

Galanár accolse la notizia con indifferenza.

"Dice nulla sulla sua partecipazione alla spedizione?"

"No".

"Poco male", commentò l'altro. "Ha ancora tempo per decidersi".

Tornò a concentrarsi sulla missiva giunta da Arthalion. La sua espressione si fece corrucciata, i suoi occhi scorsero in fretta le righe, quindi il re lanciò il foglio sul tavolo. La lettera atterrò accanto alle carte di Fanelia. Lei sobbalzò, diede una sbirciata alle scritte in elfico, poi si affrettò a tornare ai suoi calcoli.

Il re di ghiaccio (Arthalion's Chronicles #3)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora