Epilogo

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Ritornò in sé.

Le mani scavarono e si conficcarono in profondità, nella terra. I muscoli si tesero di più ma, stavolta, non fu brava a trattenere le lacrime.

Guardò l'ulivo, invocando una risposta qualsiasi.

L'ulivo era là, appena un po' scomposto dal vento e saldo, forte, bonario. La guardò. E, lei, come la sera prima, si placò.

Ogni sbuffo di vento si mise all'opera, per ripulire quel posto dalla sofferenza estranea.

Un crescendo impetuoso di gioia rapì Iris, e allontanò ogni ombra così in fretta da non avere né il modo né il tempo d'accorgersi di alcunché. O, quasi.

Vide una fiamma altissima scaturirle dal petto e un'altra seguirla. Uno stupore immenso sul volto e, subito, il suo ultimo sorriso. Null'altro.

Lingue di fuoco continuarono a inseguirsi, leste, fuori dal suo corpo.

L'esile figura divenne una torcia luminosissima che seguitò a bruciare e a consumarsi, sin quando non rimase nemmeno la cenere, trafugata dal vento.

Non una foglia fu intaccata da quel fuoco.

Una colonna di fumo e polvere s'innalzò nell'aria grave.

Una folgore rischiarò il cielo. Un rombo, diffuso, incalzante e prolungato, le caracollò appresso, assieme a un copioso scroscio di pioggia, ben presto zuppa dei buoni odori campestri.

L'acquazzone diruppe e niente fu più visibile, del paesaggio attorno.

La nuova alba vide il cielo ritrovare toppe di colore e spirò tra i raggi accecanti di un Sole curioso e ardito, avventuratosi tra i nuvoloni ancora presenti.

Piovigginava ancora quando l'arcobaleno brillò sulla collina.

Ogni goccia di pioggia, scivolata su pietra, foglia, fiore, riflesse i colori dell'iride.

L'ulivo splendette di luce.

Iris era lì. Impastata nei colori del giorno e nella terra. Viva fra le radici, nella linfa che pulsava e nell'ossigeno che rilasciava.

L'ulivo lo sapeva da sempre. Lei l'aveva capito.

Sovrano benevolo, fra quelle zolle, respirò, ergendosi. E, sorrise.

Prima delle rugiade biancheDove le storie prendono vita. Scoprilo ora