Racconto primo - Rudymert e la neve 🧿Parte 1

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 Faceva molto freddo a Boriana quell'inverno, ed i palazzi un po' ingrigiti della città grattavano il cielo plumbeo, in attesa della neve

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Faceva molto freddo a Boriana quell'inverno, ed i palazzi un po' ingrigiti della città grattavano il cielo plumbeo, in attesa della neve. Non nevicava da svariati anni, in realtà.

Anche quel 22 dicembre si respirava il fermento del natale alle porte, le luci intermittenti delle vetrine e le luminarie si rispecchiavano a turno sul marciapiede ancora traslucido dalla pioggia. L'odore buono dei dolci che filtrava dalle finestre pareva rincorrere Agnese all'infinito, mentre scappava via sul marciapiede.

Gniz, come la chiamava la sua migliore amica Cristina, detestava quel genere di feste e così era da molto, oramai.

Era come un piccolo Grinch, pronto a rifugiarsi nella sua tana ad ogni avvento natalizio ripudiando qualsiasi cosa somigliasse anche soltanto vagamente ad un elfo o ad un folletto.

Cri le diceva sempre "Vedrai Gniz, ti passa prima o poi!" mentre le offriva i biscotti fatti da Markus, suo papà. Adorava Cristina e suo padre, ma dall'alto dei suoi 13 anni aveva capito da un pezzo che il natale non faceva per lei.

Sbuffò via la frangia tinta di fucsia dagli occhi, imbrattando di fango i corridoi della scuola media ed affrettandosi a raggiungere gli amici già in fila.

"Sempre in ritardo, Gniz! Hai perso il taxi renna?" la canzonò qualcuno con la solita battuta scontata, mentre lei si chinava a riallacciare un anfibio e si tirava il cappuccio del cappotto nero sulla chioma corta.

"Chiudi la bocca, babbeo." Rispose seccamente, facendo la pernacchia. "Ti tiro una scarpa in testa eh, lo sai che lo faccio."

Thomas, il solito bulletto della classe, di quel tipo di biondo caccola da fare ribrezzo, scoppiò in un'altra delle sue risate insopportabili dando di gomito al suo gruppetto di adepti.

"Si è arrabbiata, si è arrabbiata!" sghignazzò.

Cristina le si accostò, bella come sempre, con la coda alta e ben fatta a tenerle raccolti i capelli castani e le calze a strisce che si intravedevano sbucare dagli stivali al ginocchio.

Mise su un grugno arrabbiato, fulminando Thomas con lo sguardo e vedendolo spintonare anche quella mattina il povero Sirio, che per poco non finì addosso all'albero di natale allestito dai bidelli.

Quel corridoio era talmente stretto, e così imbottito di gente in l'ultimo giorno di scuola prima delle feste, che Gniz era sicura in un'inondazione irreversibile di palline e cavolate natalizie se l'abete sintetico fosse venuto giù.

Sirio, pallido come un morto e con i chiarissimi occhi accesi spiccanti sul viso fin troppo serafico, si chinò senza un fiato a raccogliere i propri oggetti sparpagliati sul pavimento.

La sua cartella pareva essere caduta per lo spintone, ma lui come sempre non aveva avuto niente da dire.

Si era trasferito da poco in quella zona di Boriana, e pareva un pesce fuor d'acqua, un po' come Gniz.

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