you're enough

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Simone e Manuel hanno preso in affitto una casa poco fuori Milano, dopo essersi entrambi trasferiti nel capoluogo lombardo.

È un piccolo bilocale, con un solo bagno, però ha un balcone abbastanza grande per poterci mettere l'amaca - e così hanno fatto.

È bello passare il tempo, la sera, lì sopra, a dondolare mentre la brezza primaverile sfiora i loro visi.

Certo, è un posto minuscolo che non rispecchia a pieno i loro sogni, ma...

Come sostiene sempre Manuel, c'è l'amaca ed è tutto ciò che conta.

Da un paio d'anni, quest'ultimo ha iniziato a lavorare come professore in una scuola media della periferia della città.

Tiene a bada una classe piuttosto scalmanata e non gli dispiace. Gli sembra di percorrere la stessa strada di Dante, l'uomo che di più lo ha aiutato e supportato durante l'adolescenza e diventare anche solo lontanamente simile alla sua figura lo lusinga e rincuora.

Simone, invece, dopo la laurea non è riuscito a trovare un impiego che rientri nei suoi studi, quindi, per ora, è un tecnico informatico in un'azienda del centro città.

Non è qualcosa che vuole fare per sempre, però gli permette di mettere la sua parte per affitto e bollette e, per il resto, poi si vedrà.

Sono riusciti a creare una nuova cerchia di amici, qualcuno più grande di loro, poiché nessuno di quelli vecchi è vicino - ad eccezione di Chicca; li sentono ancora, più spesso di tutti Matteo, ma tra una cosa e l'altra riescono a vedersi una volta all'anno, se tutto va bene.

La persona con cui Manuel ha legato di più è Miriam, una donna che ha qualche anno più di lui, che insegna matematica nella sua stessa scuola; è diventata ben presto una delle sue migliori amiche e confidenti - del tipo che Matteo si è dimostrato persino geloso in più occasioni, ma niente di eccessivo - ed è compagna di molte uscite insieme a Simone.

Come quella sera in cui sono in un locale che si chiama White Place, una specie di discoteca all'aperto dove si può anche prenotare per un apericena - quel che hanno fatto loro, con la scusa di poter avere dei divanetti per potersi sedere nel caso facessero loro male i piedi, il che non è da sottovalutare.

Immerso in musica che non conosce, Manuel è seduto su uno di essi, con un bicchiere di prosecco in mano.

Simone, invece, si è buttato in pista, circondato da altri loro conoscenti, partecipanti a quella serata fuori che si sono concessi dopo parecchie settimane di nulla assoluto.

L'attenzione di Manuel è catalizzata dalla figura del compagno, dalla camicia bianca che gli si è incollata addosso a causa del sudore, dal modo in cui fa oscillare le braccia e le gambe, cercando di seguire il ritmo - che non ha, assolutamente, è scoordinato in maniera imbarazzante.

Non importa molto poiché sorride, ride, è felice e Manuel pensa non esista suono più bello della sua risata, immagine resa più affascinante delle sue gote arrossate e del suo sguardo che, di tanto in tanto, lo cerca e trova.

Le sue labbra assumono sempre una piega piacevole quando l'altro è nei paraggi.

«Tu non balli?»

Miriam si siede al suo fianco, portandosi all'indietro i folti e lunghi capelli castani; è accaldata e col fiatone, segno che ha appena finito di scatenarsi in pista.

Manuel scrolla le spalle con noncuranza e beve un sorso di vino. Le rivolge un'occhiata fugace poiché rimane concentrato su Simone e ogni suo piccolo movimento - è insieme ad alcuni colleghi di lavoro, scherzano tra di loro.

«No, non fa per me» replica.

A pochi metri di distanza, Simone ricambia il suo sguardo persistente; amplia il sorriso nella sua direzione, dopo si passa una mano tra i capelli per riprendere a danzare.

Whenever you're readyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora