6. Calabroni (Geto)

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Suona la campanella, rovescio ogni elemento presente sul banco nello zaino e corro fuori dall'aula inseguito dal senso di colpa. Se non ricordo male avevo scorto un nido di calabroni nel cortile degli alloggi. Abbandono lo zaino accanto alla porta ed esco sullo spiazzo col cuore in tumulto. 

Non lo vedo. 

Il cielo è grigio, in lontananza i  fulmini saltellano tra le nuvole preannunciando un temporale. Il mondo è fermo in attesa dello scroscio dell'acqua, si respira a fatica e quest'afa opprimente mi schiaccia il petto. Perché è ovviamente colpa del caldo se sento questo peso tra le scapole e quest'ansia crescente. 

Non riesco a scorgerlo da nessuna parte. 

Devo scusarmi, oppure no? Lo saluto con un semplice "ciao sono lo stronzo che ti ha risposto di merda poco fa e, scusami, non volevo ma ero irritato da questa vita, dal fatto che forse non vorrei essere uno Stregone ma un ragazzo normale che non deve vivere con la pressione di dover essere il migliore perché altrimenti disonorerà la mia famiglia  e,  per tutte le maledizioni dell'universo, me la sono presa con te solo perché sei popolare. E lo so che è un controsenso con quanto ho affermato due secondi fa ma il mio cervello e le mie emozioni sono in subbuglio e forse è tutta colpa tua" no forse quest'ultima frase non la devo dire. Anche perché poi non saprei spiegare cosa esattamente provo ed è un casino immenso ciò che si agita nel mio animo. potrei solo peggiorare le cose.

Cammino verso il centro del cortile e alla fine lo vedo: è seduto con la testa china tra le gambe.

Credo di respirare meglio ora.

 Mi avvicino e non alza lo sguardo «Ehi»  siedo accanto lasciandomi cadere come un sacco vuoto. Improvvisamente il mio cervello si zittisce e non riesco a mettere in fila le parole per formulare un discorso di senso compiuto.

 «Tre» dice senza muoversi

Guardo per terra e vedo tre calabroni morti.

 «Non ti hanno punto?» gli sfioro la spalla e lui alza lo sguardo su di me.

Quei maledetti orribili occhiali non ci sono. Le sue iridi sono più azzurre del cielo limpido, sembrano risplendere e riflettono la mia anima in subbuglio. Muoio e rinasco sotto quello sguardo.

 «L'esercizio consiste nel dare un calcio al nido e bloccare i calabroni senza ucciderli. Ho sbagliato di nuovo» la voce è roca come se avesse pianto.

Il cervello è in tilt, ci metto qualche secondo più del normale per recepire le sue parole e dargli un senso. Il viso è stupendo anche quando indossa gli occhiali ma ora... ora... sto guardando il David di Michelangelo, il ratto delle Sabine, Apollo e Dafne, il marmo levigato alla perfezione fino a diventare pelle e vene. Gojo è un opera d'arte vivente. Comprendo cosa abbia provato Stendhal visitando l'Italia*: il cuore non smette di palpitare, la mente di meravigliarsi.

Concentrati. Concentrati. «Sei stato bravo no?» 

«Le ho uccise... e  se fossero state persone?» 

Un velo offusca leggermente quella limpidezza. Ah! Ora comprendo il problema. Cosa dovrei dirgli? Come posso confortarlo quando ha ragione? Non è concesso commettere errori, uno sbaglio per uno Stregone significa la morte di una persona innocente o di un compagno. Se non la tua.

 «Vieni rientriamo, tra poco inizierà a piovere» istintivamente passo la mano tra i folti capelli d'argento. Sono morbidi e setosi. Il velo scompare e mi fissa stupito. In effetti lo sono anch'io di me stesso. Mi alzo e lui fa lo stesso e rimango pietrificato.

Accanto al mio zaino abbandonato vi è un'ombra scura,  sento il suo sguardo puntato su di noi. Non è una Maledizione, non è umano, forse nemmeno un essere vivente eppure posso sentire sulla pelle il suo odio. Quella creatura ci vuole morti.

 Gojo piega un ginocchio in avanti e tende il braccio pronto ad uno scontro corpo a corpo. Non posso lasciarlo combattere da solo, ne sono consapevole, eppure il mio corpo non si muove. Sono uno Stregone, sono stato educato a combattere le paure degli umani che prendono vita. Sono indifferente al loro aspetto e all'aura maligna. Eppure... eppure questa presenza mi gela il sangue. Non posso lasciare Gojo da solo. Ingoio l'orrore che provo e faccio un passo avanti.

L'ombra si dissolve.

Di colpo i cieli si aprono e l'acqua ci investe come una cascata, noi rimaniamo fermi in attesa di uno scontro che non ci sarà quest'oggi.


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* "Ero giunto a quel livello di emozione dove si incontrano le sensazioni celesti date dalle arti ed i sentimenti appassionati. Uscendo da Santa Croce, ebbi un battito del cuore, la vita per me si era inaridita, camminavo temendo di cadere" sono le parole pronunciate dallo scrittore Stendhal


L'ombra (SatoSugu - Jujutsu kaisen)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora