10 febbraio 1963
23 Fitzroy Road, LondonMamma.
Quante volte mi avrai sentita pronunciare questa parola così dolce e allo stesso tempo così pesante. Quante volte mi avrai sentita gridare il tuo nome, spezzato da un singhiozzoso pianto di capricci infantili. Saranno state mille e più quelle in cui ti ho cercata pensando di averti persa, o per far sì che i tuoi occhi avvolgenti non si allontanassero da me. Quanti "perché" ti avrò domandato, per non cadere in profondi silenzi che irrigavano in me un'affilata angoscia, scandita da battiti assordanti e violenti di un cuore troppo ingombrante che si sarebbe liberato di un corpicino esile.
Intorno a me tutto tace, una calma quasi palpabile che mi appare opalescente, tanto da costringere le dita fredde ad abbandonare la penna per stropicciare le palpebre pulsanti.
La spontanea serenità di Frieda e Nicholas mi scaglia in una realtà leggera e frizzante, scopre al di sotto di un pesante e polveroso velo nero la stessa spensieratezza che spingeva come rapiti i piccoli Sylvia e Warren.Dietro le quinte di un teatro piegato e consumato, nel buio spia l'occhio come orrido rettile un duplice spirito. Una bambina dagli occhi curiosi e capelli biondi, brillanti come il suo animo e la sua intelligenza, sapeva di essere la migliore. Una ragazza ambiziosa, pesata, coscienziosa ed attenta...poi spenta, pietrificata e stantia. Figlia, donna madre, moglie, tradita e pugnalata, offesa.
Corpi e anime sempre attratti verso ciò che potrebbe distruggerli, il mio come tanti ha tentato con costanza di scovare il proprio nemico. Seduta qui, con la schiena curva su un foglio in una fredda sera di febbraio, credo di aver scovato il mio usurpatore.
Il silenzio. Un mostro invisibile e famelico che azzanna i timpani, carne appetitosa per la sua insaziabile fame. Pareti nere e pesanti che torturano fragili ossa costringendole in uno spazio sempre più misero, sempre più soffocante.
Un demone viscido e fluttuante, putrido e appiccicoso, legato a me come fosse il vero compagno di vita che mi spetta. Più mi allontano, più facilmente riesce a trovarmi. Non riesco più a vedere la superficie, la sua profondità mi squarcia i timpani e i suoi lunghi tentacoli mi fasciano caviglie e gola.È riuscito a raggiungere la mia pelle fredda.
Ora sono silenzio...mamma.
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Tua, Sylvia.
RomanceSylvia Plath, poetessa e scrittrice statunitense che perse la vita a causa di un disturbo depressivo. Così è come ho immaginato la lettera d'addio a sua madre, Aurelia Plath.