TRAPPOLA

651 41 29
                                    

La perlustrazione di quella merda di sotterraneo durava da ore. Il visore faceva emergere i miei tre compagni dall'oscurità, come spettri. Non sentivo più le mani e i piedi. Il suono dei nostri respiri e addirittura lo scricchiolio sotto gli anfibi, realizzati per essere silenziosi, rimbombavano sulle pareti, sembravamo un intero plotone in marcia.

Invece eravamo solo quattro. Dietro di me, impassibile al freddo, al buio e al silenzio, Roach fissava i suoi occhi vitrei nell'oscurità, quasi la stesse minacciando. Non mi aveva mai rivolto la parola da quando ero stata trasferita in quell'unità. Tre anni.

La schiena del capitano John Price occupava la mia intera visuale, lui sì che parlava. Spesso. Era il suo modo di tirarci su il morale, ma a volte mi chiedevo se non lo stesse facendo per se stesso.

L'uomo si voltò. «Ci sei, piccola?» mi chiese. Aveva preso quell'abitudine ed era l'unico che non pronunciasse quella parola con un cazzo di sorrisetto ambiguo sulla faccia. L'unico uomo, dopo mio padre, a cui avevo dato il permesso di usarla. Mi trattava come una figlia andrebbe trattata e tanto bastava per lasciargli quella libertà.

Annuii e sorrisi. I suoi occhi si strinsero, aveva sorriso sotto la sciarpa che si era tirato sul naso, ci avrei scommesso.

Davanti a tutti, Simon guidava la marcia, districandosi nei cunicoli e nelle stanze del bunker. John gli si avvicinò.

«Ci siamo persi, Ghost?»

«No.»

Sembrava più il verso di un animale che una vera e propria parola. Lui comunicava così, per monosillabi e suoni gutturali, come se non volesse sprecare la voce, soprattutto in missione. Nemmeno il capitano era riuscito a superare del tutto le sue difese, nonostante gli anni di servizio passati spalla contro spalla.

Simon si fermò. Una parete di fronte a me si illuminò. Un vicolo cieco.

«Cazzo» Price si appoggiò al muro. «È un cazzo di labirinto qua dentro. Cazzo.»

Roach continuava a puntare l'arma ad altezza uomo e a guardarsi intorno, le ginocchia piegate.

«Rilassati, ragazzo» John gli toccò il fucile e Roach, come un un burattino, abbassò l'arma e tornò dritto. Il capitano aveva un tocco magico anche con quell'uomo, un ammasso di pezzi una volta appartenuti a un essere umano e adesso tenuti insieme chissà come. La sua mente, distrutta dalla guerra, doveva essere come uno specchio rotto e forse era così che vedeva il mondo.

«Torniamo indietro» ordinò Ghost. Mi passò di fianco, aveva il respiro pesante, superò Roach e uscì dalla stanza per imboccare un altro cunicolo.

«Indietro?» chiesi. «Perché? Proviamo un'altra direzione, piuttosto.»

Lui si voltò. I suoi occhi brillarono nell'oscurità della sua maschera, puntati nei miei. Perché cazzo doveva sempre fissarmi senza rispondere?

Simon distolse lo sguardo, di sicuro in cerca di quello del suo capitano, e uscì. Mi voltai. John alzò le braccia.

«Che dobbiamo fare, Y/N? Un buco nel muro?»

«Ma─»

«Ascolta» si avvicinò, lo sguardo dolce come sempre. «Abbiamo segnato la strada, dobbiamo solo seguire i segni e uscire da questo posto di merda. Dobbiamo respirare aria pulita.»

«Ok.»

«E lascialo stare.»

Lasciarlo stare? Ma che cazzo... «Non posso nemmeno parlargli, adesso?»

«Sarebbe meglio di no.»

«Io non gli ho fatto niente, capito?» Va bene farle da padre, ma non poteva dirle quello che doveva fare. Almeno non in quell'ambito.

«Non voglio prendere le difese di nessuno.» Alzò le mani. «So solo che mi serve tranquillo e concentrato.»

I miei occhi ruotarono verso l'alto e lui sembrò far finta di non accorgersene.

«Proviamo, almeno. Al massimo torniamo indietro.» Il mio sussurrò riempì la stanza.

Lui uscì senza rispondermi e Roach ci seguì. Chissà cosa ne pensava lui.

La sagoma di Simon era ferma in fondo al cunicolo. Era a un angolo e parlava con il capitano. Li raggiunsi e piombò il silenzio.

«Quindi?» La mia voce uscì roca. «Usciamo o no?»

«Adesso vuoi uscire anche tu?» rispose il teschio illuminato dal mio visore.

«Voglio? Ti interessa quello che voglio?»

Ghost inspirò. L'aria uscì rumorosa e John fu subito pronto a nascondermi dietro di sé.

«Bambini... ora basta litigare. Facciamo un altro tentativo e poi torniamo fuori.»

Simon mormorò qualcosa e il capitano si voltò verso di me. Sapeva che avrei voluto chiedergli che cazzo aveva da brontolare.

Il silenzio ritornò padrone del corridoio. Una serie di stanze sfilò alla mia destra, la visione notturna proiettava ombre ovunque e i miei muscoli continuavano a scattare a ogni movimento.

Sbattei contro la schiena di John. Si era fermato. Ghost era immobile di fronte a lui.

«Che succede?» chiesi.

«Shhh» mi zittì il capitano.

Simon indicò il pavimento. Un fascio di fili emerse dal buio.

Ghost fece segno di avanzare. Superai i fili controllando ogni movimento.

«Ma che cazzo... quando li hanno messi?.» John si guardò attorno.

Alzai lo sguardo sul soffitto. Altri fili.

«È una trappola» mormorò Simon.

«Potrebbero essere collegati a un detonatore. No, questa non è la tomba che voglio.» John si voltò verso di me. «Metti i piedi dove li metto io, ok? Usciamo di qui.»

I miei piedi si mossero cauti, il cuore picchiava nel petto e in gola. Nemmeno io volevo morire lì dentro.

MURIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora