PRIMA

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Ghost si schiacciò contro un muro, a un bivio tra due corridoi, e puntò l'arma a destra. Price andò dalla parte opposta, la schiena strisciava contro il cemento con un sibilo.

Mi affiancai a Simon. Köning seguì il capitano.

«Come abbiamo fatto a non vederli?» sussurrai.

«Conoscono il posto.»

«Cos'aveva in testa Price? Venire qui dentro senza una mappa? Doveva mandare qualcuno prima a─»

«Non è colpa di Price, Jes.» Non mi guardava nemmeno in faccia.

«No, infatti. È colpa nostra che ci fidiamo sempre ciecamente di lui.»

Simon si voltò, le iridi nere puntate verso di me. «Che cazzo dici?»

«John non è Dio in terra, se eseguo i suoi ordini non significa che sia d'accordo.»

Lui si staccò dalla parete e mi fronteggiò. Mi guardò dall'alto in basso come fossi stata la feccia dell'esercito. «Allora perché non li dai tu gli ordini, mh? Credi sia facile? E poi lui voleva uscire, ma ha dato retta a te.»

Eccolo che partiva in difesa del suo capitano.

«Senti, lascia stare. Ormai siamo qui dentro, circondati di esplosivo e di tonnellate di cemento. È inutile discutere.»

«Non moriremo.»

«Ne sei sicuro?»

«Sì, usciremo di qui.» Riprese a guardarsi intorno.

Le ombre di John e Köning erano sparite.

«Beh, ti fa avere un'altra prospettiva sulla vita» mormorai.

«Cosa?» Simon si appoggiò al muro di fronte a me.

«La possibilità di restare ammazzati qua sotto.»

«Non è la prima volta che rischiamo la vita.» Abbassò lo sguardo.

Certo che non lo era. Lì dentro, però, a metri di distanza dalla superficie, sembrava diverso. I nostri corpi sarebbero rimasti sepolti, impossibili da recuperare, come non fossero mai esistiti.

«Lo so. Dico solo che è diverso.»

«Mh-mh.»

Che belle conversazioni avevo con lui. Edificanti. «Dove sono finiti?» Feci qualche passo nella direzione che avevano preso.

«Ferma» tuonò lui. «Aspettiamoli qui.»

Tornai indietro e mi misi a qualche centimetro dal suo cazzo di teschio. «Non prendo più ordini da te, Simon Riley. Dovresti saperlo.»

Le sue palpebre annerite dal trucco ebbero un tremito. Allontanò lo sguardo. Lo faceva sempre quando qualcuno non gli obbediva. Chi lo faceva non era neanche degno di essere guardato. Ma vaffanculo.

Un boato mi scoppiò nel petto. Caddi a terra. La polvere entrò sibilando nel cunicolo e avvolse tutto. Perché non riuscivo ad alzarmi? Feci forza sulle braccia, ma qualcosa di caldo e pesante mi tratteneva a terra. Simon.

Lui si tirò su e mi sollevò tirandomi per il giubbotto antiproiettile.

«Stai bene?» Mi afferrò per le spalle. I suoi occhi saettavano da un parte all'altra del mio corpo. «Stai bene, Jes?»

«Sì, sì, sto bene.» Avevo i battiti impazziti, i polmoni cercavano a fatica l'aria e le orecchie fischiavano.

«Andiamo.»

Corsi dietro di lui. Le pareti del corridoio mi scorrevano attorno, tremava tutto. Ghost si voltò verso di me, continuò a correre, mi guardò ancora. Il labirinto ci stava inghiottendo di nuovo, ma almeno la polvere non era arrivata fino a lì.

Una serie di boati più lievi mi tolse il respiro. John e Köning dovevano essere morti e adesso toccava a noi.

«Non ti fermare» ordinò lui, mi afferrò il braccio e mi trascinò davanti a sé. «Di là.» Indicò un punto nell'oscurità e io proseguii. Come faceva a sapere dove dovevamo andare? E perché io mi fidavo ciecamente di lui?

Perché? Lo sapevo benissimo perché.

Continuai a correre. Mi bruciavano gli occhi, la polvere mi era entrata in gola nonostante il passamontagna. I colpi di tosse mi mozzarono il fiato e barcollai contro una parete.

Simon si fermò. Era tornato il silenzio. «Non possiamo fermarci.»

«Siamo troppo... lontani dall'uscita.»

«Devi solo continuare a correre, capito?»

«E se ci sono─» un altro colpo di tosse mi raschiò la gola. «Altre bombe?»

Ghost si staccò da me. Stava pensando? Che piano aveva in mente? Non c'era niente che potessimo fare.

«Ci saranno sempre altre bombe, Jes. Dobbiamo rischiare, come facciamo sempre.» Si avvicinò e mi toccò il braccio. Forse me l'ero immaginato, avevo la vista appannata. Abbassai lo sguardo e la sua mano era lì. Quanto tempo era passato dall'ultima volta? Certo, il contatto tra noi c'era sempre, per quanto strano, ma quello era diverso. Quello apparteneva al prima.

Simon tolse subito la mano e la serrò al fucile. «Scusa.»

«Per cosa?»

«Per aver violato una delle regole.»

Ah già. Le regole. Degli assurdi paletti su cui avevo arrotolato il filo spinato che doveva separarmi da lui. A che cazzo erano serviti se un suo minimo tocco era riuscito ad aumentare i battiti come era successo con l'esplosione di prima?

«Non preoccuparti. È una situazione difficile, è normale che─»

«Ho capito.» Il tono era quello di un ordine. "Basta parlare di noi". Fissò lo sguardo verso il buio di fronte a noi. «Proseguiamo.»

«E Köning? E il capitano Price?»

Lui si fermò. Rilassò le spalle e il suo respiro rimbombò rassegnato tra le pareti. «Loro ci vorrebbero fuori di qui.»

Aveva ragione. Non era possibile che fossero sopravvissuti...

«E se fossero ancora vivi?»

Non si mosse. Anche lui lo pensava. «Ci vado io.»

«Non se ne parla proprio. Io vengo con te.»

Si voltò. «No. Tu esci.»

«Io vengo a cercarli con te. Non sono una principessa da salvare, sono un cazzo di soldato come lo sei tu. Sono addestrata.» Sollevai l'arma. «Certo, forse non sono un eroe di guerra come lo sei tu, ma sono preparata per questo.»

«Jes, io non posso─» Distolse lo sguardo.

«Che cosa non puoi, eh? Non vuoi dividere il merito con me? Che cosa─»

Sussurrò qualcosa.

«Che hai detto?»

Ghost appoggiò la mano alla parete e lasciò l'altro braccio lungo il fianco.

«Simon?»

«Non posso» la voce era rauca. La schiarì e mi guardò «rischiare di perderti un'altra volta.»

Per quanto può valere, vorrei dedicare questo capitolo a uno dei nostri Ghost, Inquisitor.

Facciamo in modo che la sua scomparsa non sia vana, ma che possa dare una lezione di umanità a tutti noi.

MURIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora