Il cancello della grande villa era stato lasciato aperto, quasi la stesse aspettando.
Camille parcheggiò sotto una grande quercia dall'ombra generosa e percorse il viale lastricato che conduceva al portone. Perfino i pesanti battenti in ferro avevano l'aria stanca sotto al cocente sole di metà estate. Camille li percosse con energia, certa che sarebbe occorso un gran baccano per attirare l'attenzione del proprietario in quel labirinto affrescato. Passava così tanto tempo impalata dietro ai portoni della gente che, se sommate, tutte quelle ore avrebbero potuto formare una vita intera. Provò a colpire di nuovo il battente, ma il vuoto silenzio che ricevette in cambio la spinse a desistere. Più avanti, sulla destra, c'era un'ampia finestra che offriva uno scorcio del salotto. Meglio controllare che il vecchio non avesse esalato l'ultimo respiro sulla sua poltrona preferita proprio un minuto prima del suo arrivo.A volte le era capitato. Per un verso era meglio quando succedeva; la morte dei proprietari risparmiava a lei la fatica di contrattare e a loro il dolore della resa. Ma qualcosa le suggeriva che stavolta non sarebbe stata così fortunata. Aveva letto il fascicolo del signor Durrai, e le era bastata un'occhiata al suo passato da insegnante per capire che si trattava di un caso difficile. Era sempre così con gli intellettuali e gli artisti, perché non si lasciavano comprare con niente. Dopo un attento esame, Camille individuò la poltrona: sul cuscino ortopedico, scolpita dall'abitudine, s'intravedeva l'impronta delle natiche ossute del signor Durrai; accanto, adagiato sul tavolino di legno antico, un libro dall'aria altrettanto arcaica giaceva aperto, anch'esso in attesa. Il carattere del testo era talmente grande che Camille riusciva a leggere le parole senza alcuno sforzo: pulvis es, et in pulverem reverteris.
Un lungo brivido si arrampicò su per la sua schiena, inchiodandola dietro alla finestra. Camille non era credente, ma c'era stato un tempo in cui lo era stata e aveva letto tutta la Bibbia, spinta da un cieco fervore. Non le fu difficile perciò riconoscere che si trattava della Genesi.
Turbata, si allontanò dalla finestra per fare ritorno alla soglia. Avrebbe fatto un ultimo tentativo, dopodiché non le restava altro che chiamare l'agenzia per ricevere istruzioni.
Ma con sua somma sorpresa trovò il portone socchiuso. Forse i due tentativi precedenti erano andati finalmente a segno, richiamando l'attenzione del signor Durrai.
«Permesso? Signor Durrai?»
E tuttavia quando si affacciò sulla soglia, la trovò vuota.
«Signor Durrai?» chiamò di nuovo, cominciando a sospettare che il vecchio si stesse prendendo gioco di lei. Di nuovo l'unica risposta che ricevette fu un silenzio polveroso. Spinta dall'esasperazione, Camille varcò l'ingresso, ma dopo un paio di passi fu costretta ad arretrare perché i suoi occhi avevano preso fuoco. Sbatté le palpebre più volte, finché la parete di luce che l'aveva colta di sorpresa non si attenuò, rivelando la propria fonte: un giardino sul retro al quale si accedeva tramite un paio di alte vetrate.
Camille imboccò la strada, ancora stordita. Non si era aspettata che al suo interno la villa fosse così luminosa. E come avrebbe potuto, se vista da fuori somigliava più che altro a un cupo mausoleo pieno di ombre e ragnatele? Perfino le foto che le aveva fornito l'agenzia ritraevano interni grigi e logori.
Tanto meglio. Tutta quella luce avrebbe aumentato il valore dell'immobile, e di parecchio.
Giunta finalmente in giardino, Camille capì perché nessuno era corso ad aprirle, ammesso che a quella distanza il rumore dei colpi dei battenti fosse percepibile: seduto su uno sgabello da pittore, la schiena una perfetta curva degna di Giotto, un vecchio era intento a rifinire una grossa tela con le ultime pennellate. Era così assorto dal suo lavoro, e i suoi movimenti così morbidi e concentrati, che sulle prime Camille non lo aveva nemmeno notato. Era come parte del paesaggio, come un quadro dentro a un quadro.
«Signor Durrai» lo salutò Camille, facendo attenzione a non usare un tono di voce troppo alto per evitare di spaventarlo. Ma il vecchio continuò a dedicarsi alle sue pennellate con la stessa mansuetudine di prima, tanto che a Camille venne spontaneo chiedersi se per caso non fosse sordo.
«Signor Durrai». Stavolta il tono di Camille risuonò volutamente secco e deciso. «Ho bussato alla porta due volte, non ha sentito?»
«Stavo dipingendo» rispose il vecchio, come se da sola quella risposta dovesse chiarire tutto. «Si sieda».
Nella frazione di secondo che Camille impiegò per ispezionare l'ambiente circostante e scoprire che non vi era alcuno spazio per sedersi all'infuori del muretto di pietra, il vecchio già si era messo di nuovo all'opera, il pennello stretto tra le dita stropicciate che tuttavia non tremavano.
«La fretta è nemica dell'arte, lo sa?»
Scomoda e infastidita, Camille gonfiò il petto per replicare.
«Sono Camille Baudelaire, dell'agenzia immobiliare. Ha parlato al telefono col mio collega la settimana scorsa».
Il vecchio non mosse ciglio; studiava la tela con la stessa paziente concentrazione di un matematico che cerca l'infinitesimale errore nella sua equazione.
«Che cosa manca, secondo lei?»
«Non sono qui per il quadro, signor Durrai» rispose Camille, sbuffando sonoramente. Quel suono parve richiamare l'attenzione del vecchio, che ora si era spostata sulla sua interlocutrice, seppur con malinconica vaghezza.
«Sono qui per parlare dell'offerta che il mio collega le ha fatto e che lei ha rifiutato. Sono anche pronta ad aumentare la cifra, sempre restando entro limiti ragionevoli, naturalmente».
«Beh, credo che lei abbia fatto un viaggio a vuoto. Questa casa non è in vendita».
Finora Camille si era imposta di rimanere calma; nonostante il caldo, l'attesa sotto la calura e l'inquietante monito della Bibbia, era riuscita a mantenere un professionalissimo tono distaccato. Ma l'indisponente atteggiamento del vecchio era troppo.
«Da quanto tempo vive qui, signor Durrai? Vent'anni?»
«Ventidue».
«Sa dirmi come mai in tutti questi anni non risulta nemmeno una bolletta pagata? Se ci tiene a questa casa, allora deve essere in grado di mantenerla, ma a quanto pare non è così. La sua pensione riesce a malapena a coprire le spese di un motel».
Lo sguardo del vecchio ora si era assottigliato.
«Vedo che ha fatto i compiti» gracchiò, sistemandosi il grembiule sporco di pittura con un gesto carico di dignità.
«Lei non ha figli, né nipoti. Chi si prenderà cura di lei quando non riuscirà nemmeno a tenere fermo il pennello?»
«Immagino che abbia trovato una soluzione anche per questo».
A quel punto Camille estrasse una cartellina contenente un plico di fogli freschi di stampa.
«L'offerta dell'agenzia è la soluzione. Vendendo la casa a noi avrà abbastanza soldi per permettersi una pensione con tutti gli agi di cui ha bisogno un uomo della sua età. Tutto ciò che le chiedo è una firma sul contratto, signor Durrai».
«Firmerò» concesse il vecchio, cogliendo Camille di sorpresa. «Solo se darà un'occhiata al mio quadro e mi dirà cosa ne pensa».
Camille lo fissò, perplessa. Quel vecchio doveva essere davvero fuori di testa per pensare di riuscire a prendere tempo in quel modo.
«D'accordo. Ma prima firmi».
A quel punto le labbra sottili del vecchio si aprirono in un sorriso vuoto. Di nuovo, come quando aveva letto la citazione della Bibbia, Camille sentì la schiena arricciarsi in un lungo brivido.
«Perché tanta fretta? Abbiamo tutta l'eternità». Mentre il vecchio parlava, Camille avvertì una strana sensazione tra le dita, simile alle carezze di una pioggerellina fine. Abbassò lo sguardo e con orrore vide che il contratto si stava sgretolando fino a formare un grigio cumulo di granelli ai suoi piedi.
Terrorizzata, si alzò per ripercorrere la strada dell'andata a ritroso, ma non appena lo sguardo le cadde sul quadro, le sue gambe si immobilizzarono. Intanto tutto intorno aveva cominciato a piovere, una pioggia grigia e porosa. Una pioggia di polvere.
Ma il quadro era ancora intatto davanti a lei. Fu come guardarsi in un riflesso distorto: al centro della tela, straziato da un urlo muto, c'era il suo volto.
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Writober
Short StoryUn racconto a tema al giorno, per tutto ottobre: questo è il Writober, una sfida per aiutare gli scrittori a migliorarsi con costanza e pazienza. Buona Writober season a chiunque decida di partecipare!