CAPITOLO 3

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Jocelyn

E ora come dovrei comportarmi?
Non so minimamente chi ho di fronte, e se continuo di questo passo finisco per diventare una preda facile, non posso farmi vedere debole.
Mi volto appena, riconoscendo quello sguardo intimidatorio di poco fa.
Come ha detto che si chiama Denise? L'agitazione non aiuta la memoria.
Rimane nella penombra con lo sguardo fisso nei miei occhi che ora lo guardano confusa.
L'unica cosa che posso fare è quella di tenergli testa, non di sembrare la ragazza timida che in realtà trema dalla paura.
«Se hai intenzione di farmi del male sappi che...» Fingo indifferenza, ma non sono riuscita nel mio intento.
«Hey, frena! Non ti mangio mica sai?» La sua espressione è completamente fredda, forse è abituato a intimorire la gente.
«S-scusami, sono solo sorpresa.» Aggiungo schietta, metabolizzando il suo comportamento.
«Almeno non sei da sola, possiamo farci compagnia a vicenda.» Sul suo viso vedo comparire un leggero sorriso.
Non sembra un cattivo ragazzo, ma non posso lasciarmi trasportare da due parole dette in modo giusto.
Ha gli occhi malinconici, di chi porta dentro qualcosa più grande di lui.
«Capita spesso tutto questo?» Domando per cambiare argomento, con i palmi che continuano a sfregare tra loro.
«Solo ogni tanto, è un po' di tempo che gli sbirri non si fanno vedere. È la prima volta che vieni qua?» Provo imbarazzo, la speranza di rimanere nell'anonimato è andata a quel paese.
Mi prenderà per una sfigata ora, ma alla fine cosa m'importa di quello che pensa uno sconosciuto? Tanto vale dire la verità.
Non si può giudicare una persona che non conosci, giusto?
«S-sì.» Confesso timidamente, sentendomi una stupida ai suoi occhi.
«Cosa sei un amante del rischio? Una ragazza come te viene sbranata dai coglioni che girano da queste parti.» Tira fuori dal pantalone un pacchetto di sigarette, portandosene una sulle labbra, prima di accenderla.
«Se volevi spaventarmi, ci sei riuscito.» Mi stringo nelle spalle, cercando di capire le sue parole.
«Volevo solo metterti in guardia. I tuoi occhi sono così innocenti che inviterebbero chiunque.» Le mie guance stanno andando a fuoco.
Era forse un complimento?
Nella mia testa compare l'immagine di Noah.
Perché proprio ora?
Cos'è scattato dentro di me da sentirmi in colpa perché sto parlando con un ragazzo?
Mi sono mai chiesta se nella vita in cui voglio ritornare ci sia la possibilità di fidanzarmi ancora?
«Sei molto pensierosa.» Osserva.
Non mi sono neanche accorta di essermi persa nel mio mondo.
«N-no è che non me ne rendo conto a volte. C-come sono i miei occhi?» Domando sorridendo, mascherando il nervosismo per la curiosità delle sue parole.
Si avvicina quel tanto da guardarmi ancora più intensamente di prima, mi perdo nel suo sguardo che mi ipnotizza ogni secondo che passa.
«Te l'ho già detto, innocenti.» Ribatte scrollando le spalle divertito.
«Lo dici solo perché non frequento il tuo mondo?» Chiedo con un tono piatto, un po' delusa dalla sua risposta.
«Il mio mondo? Mi stai paragonando a un criminale?»
«Non ho detto questo...» Perché non sono in grado di spiegarmi quando parlo? Deve aver frainteso le mie parole.
«Ma lo pensi, non è così?»
«No, te l'ho detto! Preferiamo uscire in posti diversi, tutto qui.»
«Ci sono un sacco di discoteche in città, hai scelto proprio quella dove sai benissimo che le persone gareggiano in moto, sai che è molto pericoloso sfidare i centauri?» Prova a spronarmi, ma non ci casco.
«D'accordo, hai vinto tu. Siamo partiti con il piede sbagliato. Sono Jocelyn.» Sussurro guardandolo negli occhi, porgendogli la mano. Subito ricordo le parole di Denise, la ringrazio mentalmente.
«.. E tu sei Caleb giusto?» Concludo con ovvietà, prima di sentire la sua stretta attorno alle mie dita.
Il suo tocco estraneo mi fa quasi rabbrividire. «Non ti sfugge niente vedo.» Un ghigno si allarga sul suo viso nel sapere che conosco già il suo nome.
«Me l'ha detto la mia amica, lei ti ha già visto correre in moto.» Preciso, non voglio sembrare una specie di stalker.
«Certo.» Esclama divertito, aprendo la porta.
«D-dove vai?» Chiedo nervosa.
«Da nessuna parte, vedo ancora le sirene girare da qui.» Ribatte dopo aver controllato oltre le scalinate dello stanzino.
Torniamo nella penombra ancora una volta, mi sento più tranquilla.
«Hai i capelli neri come il buio che ci continua a circondare da quando siamo qui dentro, due pozze verdi che contrastano l'abbronzatura del tuo viso. Tremi di paura di fronte a un ragazzo e resti in allerta senza farmi nessuna smorfia maliziosa. Ecco cosa intendo per innocenza.» Rompe il silenzio lasciandomi di stucco.
Non è normale provare certe sensazioni quando non conosci una persona.
Mi sento lusingata, esposta al suo interesse nei miei confronti.
«Sono una stupida, non volevo offenderti prima.» Sono le uniche parole che riesco a dire. «Stai cercando di farti perdonare da uno sconosciuto?» Domanda con un ghigno divertito. «Forse...» Sorrido nervosamente.
«Chiama la tua amica, non sento più alcun rumore di sopra, sono andati via.» Conclude riferendosi alla polizia.
Annuisco senza ribattere, cerco il telefono toccandomi le tasche dei pantaloni, non riesco a trovarlo.
«Ottimo Jocelyn!» Esclamo a me stessa, portandomi le mani sulla nuca per la disperazione.
E ora come torno a casa?
«Che succede?» Domanda nuovamente Caleb di fronte a me.
«Ho perso il mio cellulare.» Ammetto guardandomi le scarpe per la vergogna, non sa che è il destino che gioca brutti scherzi con me. «Non preoccuparti, ti porto io a casa.» Aggiunge calmo.
«Cosa? N-non voglio disturbarti Caleb.» Ribatto con ovvietà, sono comunque grata per la sua gentilezza.
«Hai poca scelta, o sali con me, o torni a piedi con il rischio di incontrare qualcuno poco raccomandabile.» Mi guarda con un'aria divertita, aspettando una mia risposta. «D'accordo, accetto la tua offerta allora.» Rido per la mia battuta, avvicinandomi a lui. «Seguimi, ma rimani sempre dietro di me, qualsiasi cosa accada torna qui dentro, nessuno conosce questo posto se non il sottoscritto.»
«Ma ci sono le scale in bella vista, è impossibile che nessuno lo conosca.» Ribatto stranita.
«Dopo quello che è successo, non credo si avvicinerebbero molto volentieri.» Spiega brevemente, la mia faccia dice tutto.
Continua a camminare con un sorriso semplice in viso, lo seguo senza fare alcuna domanda.
«Non hai notato la serratura? L'ho messa io, un modo sicuro per non rischiare di essere preso.» Sospiro brevemente per l'ansia appena trattenuta, non sarei più tornata in caso di pericolo in quel buco se non mi avesse avvisato. Arriviamo davanti alla moto parcheggiata non molto lontano dalla strada principale.
«Mettiti il casco e tieniti stretta a me.» Si gira appena, prima di permettermi di adagiarmi sul sellino.
«Quando partiamo?» Domando guardandomi attorno, cercando un modo per sferzare l'aria.
«Aspetta, anche questa.» Aggiunge con il giubbotto di pelle che penzola dalla sua mano. «Non avrai freddo senza?» Chiedo ingenua.
«Che razza di uomo sarei se lasciassi morire di freddo una ragazza?» Mi rimprovera dolcemente. Sorrido alle sue parole prima di sistemare la giacca troppo grande rispetto alla mia statura.
Mi riscaldo all'istante, insieme al mio viso che va a fuoco per l'imbarazzo.
Mette in moto e nel giro di pochi secondi ci immettiamo sulle strade di Chicago.
Mi stringo forte a lui, toccando il suo addome duro come l'acciaio.
Per un istante riesco a immaginare la sua tartaruga, e a come riuscirebbe a far cadere ai suoi piedi qualsiasi ragazza della mie età, e non solo.
Mi lascio guidare da lui.
Tutto scorre velocemente, le case, le persone, la natura, tutto.
Il mio cuore batte forte, mi sento come se
fossi stata catapultata in un altro mondo, diverso dal mio.
Amo tutte queste sensazioni, amo il modo in cui mi fanno sentire.
Faccio cenno con la mano verso casa mia, e una volta arrivati davanti al cancello, scendo veloce sfilandomi il casco, come se volessi scappare dal lupo cattivo.
«G-grazie.» Sussurro timidamente, sentendomi vulnerabile davanti a questo ragazzo che conosco da solamente un'ora.
«Spero di averti fatto divertire almeno un po'.» Mi fermo a guardare i suoi lineamenti sotto il lampione di casa mia.
Entrambi rimaniamo a fissarci per un tempo indefinito, chissà se pensa le stesse cose che frullano nel mio cervello.
È bellissimo, e la sua anima sembra buona, fa a pugni con l'esterno, con i suoi capelli neri corvino, i suoi occhi chiari e i muscoli che fasciano il suo chiodo di pelle.
«Stai attenta la prossima volta.» Interrompe questo momento famelico, strizzandomi un occhio in modo malizioso, prima di sgasare verso la strada.

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Scusate il ritardo.
Quando ho deciso di riportare questa storia su Wattpad ero molto impegnata! Ora che sono più libera tornerò ad aggiornare!
Grazie del supporto 🫶🏼
Alla prossima. 🤍☀️

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