Il profumo di libertà subito mi colse, così palpabile. Ero finalmente arrivata in un luogo dove avrei potuto decidere io per me, svegliarmi la mattina senza il timore di avere una bomba sopra casa o di calpestare delle mine andando da qualche parte. Avrei potuto innamorarmi di chi volevo io, senza essere costretta a sposarmi con un uomo 40 anni più grande di me solo per i soldi, sarei stata libera di godermi la vita in ogni sfumatura più varia, anno per anno.
E assaporerò, costi quel che costi, la felicità.Mentre pensieri di questo genere prendevano forma nella mia mente e conducevano a immaginare il mio nuovo futuro, degli uomini che non saprei meglio identificare ci portarono in una struttura che dicevano apposita per noi immigrati e ci diedero un pasto caldo. Misero, sì, ma caldo e con del cibo vero, non come quello che ci rifilavano in mezzo al deserto o sulla barca: datteri, ecco quello che ci davano.
Qui invece, persone con un giubbotto arancione ci hanno dato un piatto e delle posate, e abbiamo mangiato della minestra di verdure.
Può sembrare scontato forse, ma per una ragazza che ha viaggiato per un sacco di tempo nutrendosi di datteri, essendo picchiata, maltrattata e sottovalutata, umiliata e tanto altro ancora, ricevere così tanta gentilezza da parte di estranei, perché quello erano: estranei che non conoscevo, e neppure miei compaesani era qualcosa di alieno. Tuttavia si preoccupavano per noi, e dai loro gesti, nonostante non fossimo certo nelle migliori condizioni, traspariva tutto il loro desiderio di aiutarci. Era bello sapere che qualcuno a cui importava qualcosa di noi c'era.
Per questo quel gesto banalissimo del piatto di minestra bollente mi scaldò il cuore, perché riceverla aveva davvero dietro un significato veramente bellissimo: non ci avrebbero mai lasciato morire senza neanche fingere di provare ad aiutarci.
La mattina dopo ci portarono vicino alla spiaggia a fare colazione. Diedero a ogniuno di noi dei biscotti e vidi tra la folla un piccolo bambino solo e sperduto.
Decisi di avvicinarmi.«Ciao» lo salutai.
«Ciao»
«I tuoi genitori?»
«Sono morti. Sono morti prima di salire sulla barca. Li hanno uccisi.»
«Ah, mi spiace.» Non tutti erano stati fortunati come noi. Potevamo anche apparire tanti, ma eravamo quello che restava di una realtà ben più grande. Decisi di continuare la conversazione. «Sai, anche io non ho dei genitori, se vuoi ci possiamo fare compagnia.»
Proprio in quel momento notai che i suoi biscotti erano caduti per terra, tra la sabbia, evidentemente era inciampato nella moltitudine di gente. Decisi di dargli i miei. Dopotutto, non era nulla di che.
«Tieni»
Lui parve sorpreso.
«Non li vuoi tu?»
«Non ne ho bisogno, prendili pure.»
Lui era esitante, ma poi li prese e me ne diede metà esatti.
«Se tu non prendi questa metà, io non li mangio.»
Gli sorrisi.
Quanto ne avevano passate questi bambini. Costui poi era partito da solo dalla Libia fino a qui, eppure non esiste per nessuno di loro esiste nel dizionario la parola iniquità: se una cosa è sbagliata per loro, lottano con tutto il loro essere per renderla giusta. Forse, se fossimo tutti un po' più così, il mondo potrebbe davvero essere un luogo migliore.
Scoprii che il bambino si chiamava Mahdī, e siamo diventati quasi subito due buoni amici. Lui era un sognatore, e cedeva che ideali come la giustizia fossero realizzabili, seppur con molto impegno, ma comunque possibili.
«Lotterò per un mondo più giusto quando sarò grande.» mi disse una volta, e sapevo che non stava affatto scherzando.
Intanto, le settimane passarono e per noi non c'erano ancora dei posti.
Quando un immigrato arriva in Italia il centro a cui si rivolge, che in questo caso era un centro d'accoglienza provvisoria che si limitava al vitto e all'alloggio, faceva domanda ai centri di tutt'Italia che avevano un numero di posti disponibili. Poi, l'immigrato veniva condotto fino al suo centro d'accoglienza vero e proprio, che si occupava dell'inclusione nella futura società, quindi nel mondo del lavoro e delle persone. Quello a cui puntavano era farci avere una vita più simile alle altre possibile, cercando di trovare un posto che possiamo davvero chiamare "casa".
Tuttavia per me non avevano ancora trovato niente, o meglio, l'avevano trovato ma mi ero rifiutata di lasciare Mahdī da solo.
A ogni modo, continuavo a sperare che trovassero anche un tetto per noi due.
Infatti, dopo molto, il nostro centro di sbarco ricevette una telefonata da parte della fondazione Somaschi che invitò sia me che il mio giovane amico ad andare presso un alloggio di Milano. Ci saremmo infatti presentati come 2 fratelli.
Ero emozionata, finalmente avrei potuto integrarmi appieno in quella che era la società in cui avrei vissuto. Cominciai a seguire lezioni di italiano, mi stanno dicendo che tra poco, appena finito di recuperare tutte le nozioni perse negli anni di guerra del mio paese nei quali la mia scuola aveva chiuso, potrò finalmente scrivermi a un liceo. Coloro che mi seguono mi hanno incitato a proseguire lo studio delle Scienze Umane: pedagogia e psicologia mi affascinano incredibilmente e non vedo l'ora di iniziare a vedere altri ragazzi della mia età e fare nuove amicizie.
*** 1 anno dopo ***
Forse perché amo le materie del liceo scienze umane o forse perché ho trovato persone che mi includono, sono diventata a tutti gli effetti una ragazza felice.
L'inclusione è una coperta che ti fa sentire protetto e che allo stesso tempo ti lega agli altri e ti apre al mondo.
È qualcosa che che se ricevi viene automatico offrire, proprio come è successo a me.
Adesso ho 17 anni, ed è passato un anno da quando sono scappata. Ho trovato una vita vera e un fratellino che ha cominciato le elementari da poco. Anche lui sprizza gioia da tutti i pori, e sono così contenta per lui...
A ogni modo ho deciso di proseguire pedagogia, perché voglio aiutare i bambini ad avere un'esistenza felice e spensierata, sempre con un sorriso sulle labbra.
Noi siamo il futuro, e per renderlo felice dobbiamo saper essere disponibile per rendere felice il prossimo.
Dal diario di Adhara, ragazza che ha trovato la felicità sfidando la morte.
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Adhara
Short Story[Ho scritto questa storia qualche annetto fa, quindi lo stile può risultare leggermente diverso proprio perchè ero più piccola. Tuttavia ci tenevo a pubblicarla... quindi vi lascio alla descrizione!] Adhara è una ragazza della Libia, che desidera a...