CHAPTER ONE

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Long story short, it was a bad time
Long story short, I survived

L'ospedale di Waterloo è famoso e, comunque, Louis sa tutto della struttura, ovviamente. Tanto tempo in aereo e un'immagine impegnata da mantenere. Deve essere quasi premuroso, circa queste cose, un atteggiamento che di solito odia, ma adesso si parla di bambini. Quindi, tra un'informazione e un'altra su Harry, ha letto anche la storia dell'edificio, una costruzione storica di mattoni con una vecchia insegna quasi suggestiva, ristrutturato solo all'interno. Bella idea, deve dire. Almeno, è lì per fare almeno una cosa che apprezza sul serio.

Indaga su Harry, come sempre. Non in maniera strana o inquietante, ovviamente, solo per afferrare qualcosa in più su di lui, che sembra quasi due persone diverse. Il ragazzo in cucina, la sera prima, e il ragazzo al matrimonio, che è quello che Louis ha sempre visto. Due immagini lontanissime, in qualche modo coesistenti. Sì. Decisamente, sarebbe stato curioso chiunque. Ed Harry è conosciuto, lì dentro, lo salutano i bambini, i medici, gli infermieri, con strette di mano e sorrisi innamorati. Harry è il Principe del Popolo, quasi. Se fosse possibile, lo manderebbero al trono in massa in meno di cinque anni. Chissà cosa ne penserebbe.

''Sapete chi è lui?'', domanda, anche se in tutta la giornata non ha rivolto a Louis nemmeno gli occhi. Lo fa adesso, in pubblico, davanti a un giornalista, due guardie del corpo e dei bambini. Sono seduti in una sala ricreativa dalle pareti dipinte come una foresta, dietro loro due c'è un albero, e sono disegnati anche degli animali sorridenti. Quando erano arrivati, i bambini stavano sistemando i giochi, ma adesso sono seduti e ascoltano attentamente. Alla domanda di Harry, scuotono la testa e guardano Louis con ancora più curiosità. Non li biasima, è seduto su una sedia di plastica blu. Anche lui guarderebbe.

''Be', sua madre è la Presidente degli Stati Uniti d'America. E mia madre è la Duchessa di Edimburgo. Questo significa che sua madre è decisamente superiore alla mia, ma se parliamo di mia nonna il discorso è più complicato. Cosa ne pensate?'', domanda, e i bambini scoppiano a ridere. Conosce Harry da quasi dieci anni, ormai, da quando lui era lo speranzoso figlio di quella che poteva essere la donna che avrebbe cambiato il mondo e l'altro era già in possesso del mondo stesso, e non l'ha mai visto sorridere così, fino agli occhi, la fossetta sull'angolo delle labbra e le ciglia piegate. Mai successo, sul serio. E per come i bambini si avvicinano a lui quando inizia a leggere una storia, deve passare lì davvero più tempo di quanto faccia credere.

Leggono a turno delle favole ai ragazzi, prima di salutare con affetto e, inchiodati dalle loro guardie del corpo, uscire di lì. Louis prova una sensazione strana, come sempre: sono felici, o almeno, a lui si mostrano tali, ma quello è sempre un ospedale, e quelli sono sempre dei bambini, e tutti, lì dentro, sanno che non è giusto. E' la cosa meno giusta di questo mondo, che esista un ospedale per bambini. ''Vieni qui spesso?'', domanda ad Harry, che stava guardando attentamente le mattonelle sotto i loro piedi.

''Una volta a settimana, o una volta ogni due, dipende dal periodo. Mai con i fotografi, però.''

E' una bella cosa da fare, sul serio. Davvero bella. Il fatto che Harry ha probabilmente un calendario e un giorno della settimana ha un colore specifico (sì, sembra quel tipo di persona) per ricordarsi di non prendere impegni e andare lì, intende, anche se probabilmente se ne ricorda comunque, e magari si porta dietro una specifica guardia del corpo, che non gli stia troppo addosso o prema per andarsene. Cose così. Sta per dirlo, quasi, cerca le parole giuste per non farlo sembrare melenso, ma casuale e quasi disinteressato, quando si sentono dei colpi molto simili a quelli di una pistola, e un susseguirsi di scoppi veloci a un corridoio di distanza tra loro.

Amy, che è dietro di loro, prende le loro braccia mentre sia Louis che Harry alzano la testa, e in un attimo li getta in uno sgabuzzino. Incombe su di loro, nel profilo della porta: ''State giù'', ordina, prima di chiudersela alle spalle, bloccarla con qualcosa. Oh, questo potrebbe essere decisamente un problema, pensa Louis, dato che è cascato direttamente su Harry, che gli sta borbottando con voce soffocata e stizzita di alzarsi da lui, prima che Louis, per sbaglio, infili il gomito da qualche parte tra le sue costole e lo faccia mugolare. Con un ansito, si volta e finisce in terra, Harry alla sua destra, che respira profondamente, si tiene il fianco, si aggiusta i capelli. Quel posto è stretto e Louis lo odia. C'è un po' di silenzio, in cui Louis fissa la parete e prova a non muovere un muscolo, la gamba quasi schiacciata da quella di Harry, prima di sentire dal principe: ''Santal 33'', e non è una domanda. E' solo il nome del suo profumo.

Red, White & Royal Blue ||L.S.||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora