Un anno e quattro mesi dopo, un'esausta Rebecca posò a terra l'ultimo scatolone e si raddrizzò sbuffando.
Si guardò attorno con occhio critico e poi annuì.
La sala era perfetta.
I tavoli erano disposti, le luci erano giuste e le decorazioni pronte.
Le previsioni, inoltre, promettevano bel tempo.
Sarebbe stato un matrimonio perfetto.
La sposa entrò in quel momento e le corse incontro sorridendo.
«Becky, ho fatto un giro e mi sembra tutto perfetto! Grazie! Sono così emozionata!»
«Figurati, sono contenta che ti piaccia. Ora vai a riposare, così sarai fresca e raggiante per l'aperitivo di stasera con i testimoni»
«Ok» la ragazza le strinse entrambe le mani «Sei davvero bravissima... e così paziente! Come fai?»
Rebecca rise.
«Faccio tanta esperienza con il mio bambino di un anno!»
«Oh, è adorabile il piccolino! Ma tuo... marito?»
Il sorriso di Rebecca rimase caldo.
«Non sono sposata»
«Oh...» la sposa sembrò imbarazzata «Scusami. Il tuo compagno, allora»
«Non c'è. Tommi è solo mio... Nel senso che io e suo padre ci siamo lasciati quando ancora non sapevo di essere incinta»
La sposa sgranò gli occhi.
«E lui non ha voluto riconoscere il bambino?»
«Non sa niente del bambino»
«Oh...ma...perché?»
«Perché mio figlio non sarà mai vittima del tira e molla tra due ex e perché io non volevo sembrare una patetica ragazzina che tentava di tenerlo legato usando un bambino. Lui... non vuole figli, è molto preso dalla carriera. E sì... magari si sarebbe sentito in dovere di vedere il bambino, ma non saremmo rimasti insieme e sarebbe stato molto doloroso e difficile. E io non darò mai a mio figlio il dolore di avere un padre distante e indifferente. Stiamo meglio così»
La sposa batté le palpebre.
«Bè... sei coraggiosa, certo... ma se lui lo volesse? Il bambino, dico... Hai un figlio meraviglioso! E, bè...è anche suo, tecnicamente...»
Un'ombra passò negli occhi di Rebecca.
«Un bambino non è una proprietà. E non puoi amarlo solo perché è bello: devi amarlo anche quando piange, quando fa i capricci, quando sta male... quando tu hai lavorato quattordici ore e lui non vuole saperne di farti dormire anche se sei esausta. E sì... mi sembra impossibile che qualcuno possa non innamorarsi di Tommaso, ma devo essere realista: se gli dicessi del bambino lui si sentirebbe legato, ma so che non vuole esserlo. È giusto così, me la cavo meglio da sola»
Becky sorrise e si avviò alla porta:
«Faccio togliere gli scatoloni e siamo a posto. Vieni?»
La sposa annuì e si diresse all'uscita.
Quel lavoro di wedding planner all'inizio le era sembrata una grossa sciocchezza, ma Rebecca doveva ammettere che era non solo redditizio e sorprendentemente di successo, ma anche divertente.
La gravidanza inaspettata aveva posto il problema del lavoro momentaneamente in secondo piano, visto che i suoi si erano offerti di aiutarla, ma presto aveva sentito la necessità di capire cosa fare del suo futuro, visto che dal suo futuro, ora, dipendeva anche suo figlio.
Concorsi per entrare stabilmente nell'insegnamento non ce n'erano, anzi: avrebbe dovuto iscriversi a scuole molto costose, che dal punto di vista della formazione non aggiungeva nulla ed erano fondamentalmente solo tristi parcheggi in attesa di graduatorie più libere, che sarebbero uscite chissà quando.
Non era una strada percorribile per Rebecca: troppe insicurezze e un investimento economico che non si sentiva di fare.
Doveva pensare a Tommaso, era lui la sua priorità.
E lei voleva essere in grado di mantenere suo figlio da sola e di offrirgli un futuro, ma anche di avere orari flessibili per potersi occupare di lui.
Così, quando una sua amica le aveva chiesto una mano per organizzare un matrimonio - dato che ne stava seguendo in contemporanea due - lei aveva accettato più perché gli orari erano accettabili che per altro.
E aveva scoperto che era divertente e creativo.
Poteva portare Tommaso con sé quando andava a scegliere i fiori o a fare sopralluoghi nelle location, poteva ritagliarsi appuntamenti nei momenti per lei più liberi e poteva coniugare il suo buon gusto a quello che era, a tutti gli effetti, un lavoro.
La sposa le si era molto affezionata e la sua amica aveva indirizzato da lei altre ragazze che non riusciva a seguire.
Ben presto, Carolina l'aveva ribattezzata "la freelance dei matrimoni".
Rebecca rideva, allattava Tommi e buttava giù nella sua agenda le idee che le venivano in mente per gli allestimenti floreali.Il lavoro non era eccessivamente impegnativo: in Italia la professione della wedding planner non era così radicata come in America e per gran parte si trattava di consigliare, mediare tra le posizioni delle spose e quelle delle suocere e risolvere piccoli problemi pratici.
I vantaggi, oltre al poter portare il bambino con sé e non essere impegnata per otto-nove ore di fila in un ufficio, erano il circondarsi di abiti, fiori e belle location, il rapporto umano che si instaurava e la necessità di aggiornarsi sulle ultime mode.
Uno spasso, per Rebecca.
Sì, a volte le spose erano isteriche e a volte le madri o le suocere erano insopportabili.
E sì, a volte si assisteva a tragedie degne di Shakespeare per un tovagliolo piegato male.
Ma, nel complesso, Rebecca amava quel folle lavoro e ciò che le piaceva di più era assistere alle nozze, dopo mesi di attesa, e vedere coronato il sogno di due persone.
Aveva una visione romantica della cosa, perché lei era una persona romantica e sognatrice, malgrado tutto.
E i matrimoni la toccavano nel profondo... anche se non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce.
Con le amiche e i conoscenti minimizzava il tutto, parlando di un divertente passatempo.
Dentro di sé, esultava e si commuoveva.*
Un anno e quattro mesi dopo - nel giorno in cui avrebbe dovuto trovarsi su un set sperduto per i primi sopralluoghi in vista delle riprese del sequel del kolossal in cui recitava come protagonista – Ben Barnes sbarcava all'aeroporto di Pisa.
Gli occhi nascosti dietro lenti scure, un pratico borsone a mano per viaggiare leggero, Ben varcò l'uscita e si voltò per cercare con gli occhi fratello che, a differenza di lui, sembrava un turista hippie.
Jack indossava pantaloncini corti multicolori, una maglietta tagliata sulle spalle e sul petto e un cappello di paglia.
Camminava e salutava tutti dicendo:
«Ciao, ciao, ehi bella, ciao, grazie, ciao!»
Ben scosse il capo, represse un sospiro e alzò una mano per chiamare un taxi.
Salirono entrambi e il tassista chiese:
«Dove?»
Jack scoppiò a ridere.
«Very good question. Mio fratello non lo sa!»
Ben alzò gli occhi al cielo.
Le spiritosaggini di Jack gli davano l'emicrania.
Diede un indirizzo al tassista – un indirizzo scritto a penna che custodiva in una vecchia agenda – e poi si appoggiò allo schienale e voltò il capo per guardare fuori dal finestrino.
La campagna toscana era splendida, ma Ben non era dell'umore giusto per apprezzarla.
![](https://img.wattpad.com/cover/39210033-288-k965354.jpg)
STAI LEGGENDO
Nothing Else Matters
Фанфик"La sera in cui Ben Barnes lasciò Rebecca Milani era una sera piovosa e grigia." Quello che accadde tra un addio e un ritrovarsi. Perché niente altro conta. [Storia pubblicata anche sul mio profilo Efp]