Capitolo 2

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Il clangore delle spade le faceva scoppiare la testa. A destra e a manca c'erano uomini che gridavano. Il nitrito dei cavalli e lo scalpitare dei loro zoccoli, li sentiva come se stessero per travolgerla. 
E poi sempre la stessa voce «È solo per il tuo bene»
Si svegliò di soprassalto e come d'abitudine si portò le gambe al petto. Doveva aver urlato perché sentì subito il concitato bussare di Albert alla porta, la stava chiamando ma un groppo in gola le impediva di potergli rispondere. Fu presto illuminata dalla luce del corridoio, la sua guardia aveva già la spada sguainata quando entrò. Percorse la stanza illuminando ogni angolo alla ricerca di eventuali pericoli, che mai si erano presentati.
«Principessa posso congedarmi?»
«Sì fa pure, n-non c'è nessuno qui»
«Chiamate o suonate il campanello se doveste avere bisogno»
La principessa fece un cenno con la testa e la guardia uscì lasciandola al buio. Era più facile riprendersi da uno dei suoi incubi da quando Albert montava di guardia la notte. Non sembrava mai stanco di controllare quasi tutte le notti le sue stanze, né irritato quando doveva aspettare a lungo per congedarsi. Forse perlustrava le sue stanze sperando di darle sicurezza più che per stanare eventuali minacce
Non sapeva con preciso quando il suo turno finisse, ma quando si svegliava c'era Astaroth di guardia.

Cercava di riprendere sonno ma come ci riusciva sognava Meredith e si risvegliava. Non era una scaramantica, quelle cose erano per gli eretici, ma forse era un segno che dovesse prendere una decisione. Così quella notte dopo diverse ore di dormiveglia decise di andare da Meredith. Una visita veloce si disse, non avrebbe creato alcun problema. Avrebbe dovuto convincere Astaroth ad accompagnarla, non si riteneva così fortunata da trovare Albert fuori dalla porta. Si mise la vestaglia ed uscì.
Rimase stupita quando fuori dalle sue stanze non trovò nessuno. Forse era solo il cambio turno, ma questo non spiegava lo stesso perché non ci fosse nessuno. Il castello ero quieto, erano ancora tutti addormentati. Doveva essere davvero presto perché non ci fosse nessun andirivieni di domestici.
Era rimasta lì immobile, indecisa sul tornare dentro o mettere un punto a quella situazione. Fece alcuni passi incerti verso il centro del corridoio, da lì proseguì timorosa verso l'uscita secondaria del parco. Di lì sarebbe passata inosservata alla guardie sulle mura, ed era anche la strada più vicina al cimitero. 
Si aggirava con aria guardinga per i corridoi, sobbalzò quando fece scricchiolare le assi del pavimento, forse non era stata una grande idea uscire senza qualcuno che l'accompagnasse. Ma ormai si era messa in gioco e sarebbe andata fino in fondo.
Raggiunse le cucine cercando di non fare scricchiolare la porta. L'ingresso era decentrato a destra, la porta sbatteva ripetutamente sul muro mentre faceva la sua traiettoria, tanto che si era formato un solco nella parete. Sul muro segnato, poco più avanti, c'era un catino per lavare le stoviglie, la dispensa e la porta della cantina. Il camino a sinistra era completamente spento, cercò a tastoni qualcosa da mangiare sul tavolo, prese un pezzo di pane e se lo mise nella vestaglia.
Prese le chiavi dal chiodo sul muro le inserì nella toppa e le giro tre volte, alzò il chiavistello e aprì la porta. L'aria fredda della notte la investì, insieme a un senso di paura. Un'irrazionale paura, la città era un luogo sicuro, da oltre due secoli non si sentiva parlare di attacchi interni delle bestie, ormai erano diventati una storiella per spaventare i bambini.
Ma c'era chi aveva visto la verità di queste storielle, e la realtà è sempre più spaventosa di qualsiasi fantasia. Chi, per un motivo o per un altro, era uscito fuori dalle mura e aveva avuto la sfortuna di incontrarne una e di sopravvivere, raccontava la sua disavventura ogni volta che ne avesse l'occasione. Le descrizioni dei sopravvissuti non sempre concordavano, però avevano tutti la pelle, canini sporgenti, comportamento irrazionale dettato da istinti omicida... Non ne aveva mai incontrato una, ma non ne era certa visto che i ricordi della sua prigionia erano fugaci e sofferenti. Faticava spesso a distinguere i suoi ricordi dagli eventi immaginari dei suoi sogni. 
Non le piaceva stare all'aperto, nonostante sapesse che all'interno delle mura del palazzo sarebbe stata al sicuro. Adesso che non poteva più passeggiare con Meredith nel parco, non lo faceva neanche in compagnia di Margaret. Per questo quando fece il primo passo rimase col fiato sospeso in attesa di qualcosa, qualcosa che non stava accadendo. Continuò ad avanzare, col respiro talmente che faticava a canticchiare la sua ninna nanna, ma doveva farcela. Se non per lei allora per Meredith che aveva impiegato ore a convincerla di fare una passeggiata di almeno un'ora tutti i giorni. Era anche riuscita a farle vedere le lucciole sullo stagno in una notte d'estate.
Proseguì tremante, nonostante paura, nonostante il freddo, nonostante il continuo pensiero di potersi sottrarre da tutto questo. Proseguì.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Mar 03 ⏰

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