Capitolo 1

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POV MARTINA

Spesso si dice che il genere forte è quello maschile, che loro sono i forti, quelli duri che non piangono mai, quelli che non si lasciano impressionare da niente, che hanno sempre la situazione in mano. Non c'è onestamente un'affermazione con la quale mi possa trovare meno d'accordo, pagherei di tasca prima per trovare un uomo così.

Prendete per esempio mio fratello, è andato qualche mese in Erasmus in Europa e non ha fatto altro che frignare, che lamentarsi di voler tornare a Buenos Aires, che gli mancava casa, i suoi amici, la sua quotidianità. Io invece, sono di fronte all'entrata della mia nuova università, sono a quasi ottomila chilometri da casa mia e non ho versato neanche una lacrima.

Nemmeno per un istante ho pensato di aver sbagliato, di voler tornare indietro, non mi sentivo più bene a casa mia, c'era un aria pesante, non ne potevo più, e se a casa tua non ti ti trovi bene vuol dire che c'è qualcosa che non va. Ma qualcosa di grosso.

Faccio qualche passo indietro, mi presento, sono Martina Stoessel, 19 anni e argentina fino al midollo. Fin da quando sono uscita dalla pancia di mia madre sono sempre stata Buenos Aires, salvo qualche vacanza sparsa per l'Argentina, ma non sono mai stata fuori dai confini nazionali. 

E allora perché sei così tanto fuori di testa da andare a studiare all'estero? Perché così lontana?

Si, so che ve lo state chiedendo, semplicemente credo che ormai quel posto non fosse più adatto a me, tutte le mie amiche sarebbero andate a studiare fuori, chi in Brasile, chi a Cordoba o chi addirittura in Europa. E allora perché io, uscita dal liceo scientifico con 100 e lode dovrei essere da meno?

Ho sempre voluto studiare economia, fare una triennale per poi specializzarmi in marketing e rapporti internazionali, e così, non appena mi è stata assegnata una delle due borse di studio che  la mia scuola metteva a disposizione, ho deciso di lasciare tutto per venire a studiare a Guadalajara, in Messico, dove c'è appunto una delle più rinomate università di economia dell'intero continente Americano. 

Convincere mia madre non è stato facile, ma alla fine ha ceduto. Devo essere onesta, in questo devo ringraziare che mio fratello sia un eterno mammone e  che così facendo permetta a mia madre di avere ancora uno dei suoi due figli gironzolare per casa. Francisco ha un anno in più di me ed è al secondo anno di ingegneria meccanica e studia per l'appunto a Buenos Aires. E' un ragazzo sensibile, altruista, giocherellone e serio quando serve, sarebbe difficile chiedere un fratello migliore di lui. A differenza mia, ha un rapporto davvero splendido con nostra madre Marianna.

Non fraintendete anche io le voglio bene e ammetto di essere stata ingiusta con lei molte volte. 

In fin dei conti la mancanza di un padre non è una cosa facile da superare, ma quantomeno poteva pensarci due volte prima di mettersi con un noto alcolizzato. 

Quell'esperienza l'ha segnata così tanto che da quel momento non ha più voluto sapere nulla in fatto di uomini, anche se credo che qualche scappatina se la conceda, e sarebbe anche umano. Mia madre è una lavoratrice seria, che sta tutto il giorno in ufficio dell'azienda dove è stata assunta da impiegata da quasi venti anni. Forse anche per questo, quando quello stronzo che dovrebbe essere mio padre se ne è andato, avrei preteso da lei che stesse un pò più a casa e non che ci lasciasse ogni volta con mia zia Teresa, sua sorella. 

Però in fin dei conti qualcuno il pane a casa doveva pur riportarlo, è proprio vero che da piccoli certe non puoi capirle e le risposte le si trovano solo una volta cresciuti.

Parlando del diavolo.. sfilo il telefono dalla tasca del giubbotto per rispondere alla chiamata in arrivo; alla faccia del caldo che dicevano del Messico, qui fanno 13 gradi, si gela. "Pronto" rispondo semplicemente "Martina, come stai? Sei arrivata? Fa caldo? Hai dormito bene?" eccola che parte con mille domande, insopportabile.

In DangerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora