Capitolo nove

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Tergiverso un po' prima di scendere dal furgone. Harry mi ha lasciata sedere nel sedile del passeggero e ho potuto vedere la strada percorsa. C'è silenzio adesso, ha spento il motore e nessuno di noi due ha parlato per tutto il tragitto. Al mio fianco ho un inglese, se lo raccontassi in giro non ci crederebbe nessuno. O forse mi crederebbero a tal punto da farmi altri esami, iniettarmi altri sieri e spingersi alla ricerca di Harry, il che sarebbe ancora peggio.
« Ho lasciato la borsa dietro. » dico unendo le mani in grembo. Ho riabbottonato la camicia ed abbassato la gonna non appena siamo usciti dalla Corte dei Miracoli.
Harry apre il suo sportello ed esce dal mezzo, così lo imito e lo seguo sul retro del furgone, dove apre il vano e ripesca il mio zaino.
« Eccolo qui. »
« Grazie per oggi. »
« Grazie a te per la soffiata su Louis ricercato. »
« Adesso dove andrete? »
Scrolla le spalle e infila le mani nelle tasche posteriori dei suoi jeans neri.
« Non lo so, credo staremo alla Corte per un po'. Non è saggio andare in giro con Louis su tutti i notiziari, non possiamo farlo scorrazzare per Parigi. Escogiteremo qualcosa per superare i controlli e prendere il primo treno per il porto. »
« E se dovessero trovarvi? » lo guardo preoccupata ma lui mi sorride mestamente.
« Allora questa sarebbe l'ultima volta che ci vediamo. »
Il solo pensiero mi fa attorcigliare lo stomaco. Non voglio che i Controllori o chi per loro li trovino. Non voglio che vengano catturati, preferisco che riescano a scappare da Parigi. Stringo lo zaino tra le mani e deglutisco.
« Farò in modo che nessuno sappia di voi o della Corte. Mi farò dire da mio fratello qualsiasi cosa di importante e vi avviserò per tempo. »
« Non è necessario. »
« Ma io voglio farlo. Ti sei fidato di me, devo ripagarti in qualche modo. »
« L'hai già fatto. » insiste, osservandomi serio. « E poi così rischi di metterti in grossi guai. È meglio che tu stia fuori da tutto questo. »
Lo guardo a lungo, mi sento inutile. Mi sembra di rivedere mio fratello che mi raccomanda di non fare scemenze quando ero ancora una bambina.
« Mi hai capito? »
Annuisco senza guardarlo. In realtà ho già deciso che cosa fare. E li aiuterò.

Mia madre è convinta che io abbia un fidanzato a causa dei miei rientri ad orari vari, mio fratello sghignazza trovandomi sotto torchio e mio padre ha una faccia distrutta, con profonde occhiaie. Dice che lavora più del solito, il che fa preoccupare tutti noi.
Ho capito che Josée ce l'ha con me quando sono arrivata a scuola e lei era seduta insieme al gruppo di Odette. Mi ha guardata e non mi ha salutata, ha aspettato il suono della campanella per sparire tra i corridoi. Non la biasimo, io ho fatto lo stesso con lei quando voleva semplicemente passare del tempo con me.
Anche durante la mensa siede con Odette ed il suo gruppo di amiche pettegole. Mi avvicino stringendo i bordi del mio vassoio giallo canarino e mi piazzo di fianco alla mia amica, che sta in un angolo.
« Posso parlarti? »
Solleva appena gli occhi su di me, mentre Odette mi lancia uno sguardo inviperito ed il silenzio crolla sul tavolo. Josée non sposta il viso dal suo piatto e questo mi fa tentare ancora.
« È importante. »
« Sto mangiando. » mi risponde.
Resto sgomenta e faccio un passo indietro, guardandola perplessa ed avvilita.
« D'accordo, come vuoi. Ma non dire che non ci ho provato. »
Me ne vado con la schiena dritta, indirizzandomi ad un tavolo quasi libero, occupato solo da tre ragazze a un lato. Io mi siedo all'altro capo lasciando scivolare il mio vassoio con nervosismo, prima di buttarmi a peso morto sulla sedia e coprirmi il viso con entrambe le mani.
Una serie sconnessa di immagini mi attraversano la mente con un disordine fastidioso ed improvvisamente percepisco il mio cuore battere forte e veloce contro il mio petto.
Sento ancora la voce di Odile elencarmi gli effetti collaterali dei nuovi sieri e la paura mi assale. Cerco di controllarla, mi porto una mano sul petto e premo più forte che posso, come se potessi contrastare il battito forte del mio cuore. Non so come controllare questa tachicardia improvvisa, né da cosa dipenda, e chiudo forte gli occhi concentrandomi sul mio respiro.
Inspiro dal naso, espiro dalla bocca, continuo a farlo per un po'.
« Aline stai bene? »
Guardo in alto e vedo il viso di Josée, la mia migliore amica, con in mano il suo vassoio e l'espressione angosciata. Mi ci vuole qualche secondo ed una concentrazione immane prima di scuotere la testa.
Josée afferra la mia sedia e la fa strisciare all'indietro, mi prende per un braccio e mi trascina fuori con sé.

L'aria è fresca tanto quanto l'acqua che sto bevendo dalla bottiglietta della mia migliore amica, che mi guarda attenta e preoccupata.
« Va meglio? » mi chiede.
Annuisco con la testa prima di sollevare il viso verso di lei. La abbraccio con uno scatto che la sorprende lasciandola imbambolata per qualche istante.
« Mi dispiace. » dico al suo orecchio. « Sono stata troppo presa da altre cose, non volevo fare l'antipatica con te. Scusa. »
Lei mi poggia una mano sulla schiena. « Va tutto bene, tranquilla. »
La guardo e mi sorride. « Potevi scegliere qualcuno migliore di Odette per farmi ingelosire. »
Josée scoppia a ridere e chiude gli occhi. La sua risata scema lentamente, creando del silenzio.
« Che cosa ti sta succedendo, Aline? Sei diventata così misteriosa... sono i sieri? »
Vorrei dirle che è tutta colpa dei sieri, ma so che non è così. Sono angosciata per un sacco di cose, da mio fratello che è diventato un Controllore a tutta la faccenda di Harry, Louis e Adrien e la Corte dei Miracoli.
Volto il corpo verso Josée, prendendole entrambe le mani tra le mie.
« Promettimi che non dirai a nessuno quello che sto per dirti. »
Si allarma subito, ma annuisce.
« Louis Tomlinson sta cercando di lasciare la Francia. »
Josée mi guarda confusa. « Louis Tomlinson? Il ricercato? »
Annuisco.
« E tu come fai a saperlo? »
« Perché l'ho aiutato a scappare da casa sua per trovare un posto più sicuro dove stare. »
Gli occhi di Josée si spalancano in maniera preoccupante, ma non lascia le mie mani. Lo shock che la immobilizza è tale da farmi preoccupare, ma non posso smettere di raccontarle.
« Quando mi hai portato da Sofian per dirmi dell'appuntamento con Lucas, uno mi ha rubato lo zaino. Un altro ragazzo l'ha fermato ed è riuscito a restituirmi la borsa. »
« Cosa c'entra questo con Louis Tomlinson? »
« Qualche tempo dopo ho incontrato di nuovo quel ragazzo che veniva aggredito da un rapinatore, così l'ho aiutato a fuggire via ed ho scoperto che era amico di Louis, trovando anche il loro nascondiglio. »
« Aline, perché non me l'hai detto prima? » mi domanda. « Ti hanno fatto del male? »
« No, per niente. Ho avuto paura che potessero rapirmi o uccidermi o torturarmi, ma non mi hanno fatto assolutamente niente. Mi hanno riportata a casa e mi hanno ringraziata per avergli detto che Louis era ricercato. » dico. « Il ragazzo dello zaino si chiama Harry ed è inglese, viene da Londra. Louis è suo cugino e sta cercando di ribaltare il governo francese perché in nessun altro posto fanno i test che fanno su di noi. »
Josée è stupita ed esterrefatta, continua ad ascoltarmi con un velo di timore e senza dire una parola.
« Dice che siamo controllati, sotto dittatura. »
« E tu gli credi? »
Deglutisco. È una domanda importante e decisiva. Le ho detto tanto, ho condiviso con lei queste cose, ma vedo che ha paura.
« Non lo so. » rispondo, sincera. « Forse sì. »
Lascia scivolare le mani dalle mie e mi allarmo subito. Si alza in piedi, prendendo a camminare avanti e indietro con l'indice pressato sulle labbra.
« Effettivamente tutta la storia dei sieri è alquanto dubbia. » confabula. « Perché iniettarceli? Perché mantenere il controllo? Per avere una società rigida, certo. Ma tutte le misure di sorveglianza, tutti i divieti... non ci fanno sapere niente del mondo oltre la Francia e Parigi. »
Josée sembra quasi più sicura di me, mentre ne parla. Affronta la tematica con meticolosità e razionalità.
« Tuo fratello lavora alla Centrale, adesso, non potrebbe passarti qualche informazione? »
« Harry dice che devo stare fuori da tutto questo, crede che non mi possa fidare di mio fratello proprio perché lavora in Centrale. » rispondo. « Secondo lui non devo dire nulla a nessuno e tenere tutto per me. »
« E perché a me l'hai detto? » Josée aggrotta le sopracciglia.
Io scrollo le spalle con innocenza. « Perché tu sei la mia migliore amica. »
Mi sorride appena esalando un sospiro delicato, prima di avvicinarsi ed abbracciarmi.
« Promettimi che non ti metterai nei guai. » mi dice.
La stringo forte e le accarezzo la schiena.
« Te lo prometto. »

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