Capitolo quattordici

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La simulazione del test è durata più di quanto mi sia sembrato. Mi dicono che è notte fonda, e Louis è il primo ad andare via, assicurandosi di lanciarmi un'occhiata eloquente. So bene che il suo destino dipende da me, non c'è bisogno che mi metta altre pressioni o ansie, ma dopotutto lui non si è mai fidato di me. L'unico che ha riposto qualcosa nelle mie mani, siede ai piedi del lettino e mi guarda mentre mi asciugo il sudore dal collo. Harry non dice niente.

Malo mi porge un bicchiere d'acqua che tracanno avidamente, sotto lo sguardo attento dell'inglese.

« Grazie. »

« Va meglio? » mi chiede il ragazzo di colore.

Annuisco. Lui sorride appena.

« State pure qui quanto volete. Mi troverete di là. » dice.

Malo gestisce il locale in cui l'abbiamo trovato, che è conosciuto per essere il ritrovo dei gemelli. Tutti i fratelli gemelli, omozigoti ed eterozigoti, si riuniscono lì per conoscere altri simili. I gemelli sono oggetto di studio frequente da parte della Centrale, per questo la maggior parte dei disertori sono come loro. Questo, Malo me l'ha detto poco fa, mentre stanca ed un po' rintontita, fissavo il vuoto chiedendogli come fosse arrivato qui.

Restiamo solo io e Harry, che continua a guardarmi con insistenza. Gli restituisco un'occhiata intimidita ed imbarazzata.

« Che c'è? » chiedo.

Stringe le labbra e le spalle, scuotendo piano la testa.

« Sei una persona coraggiosa. »

Non mi aspettavo mi dicesse una cosa del genere, e mi trova impreparata. Sorrido appena, non riesco a ringraziarlo e non sono sicura sia la risposta adatta, perciò guardo altrove.

« Potrei non farcela. » gli dico.

« No » mi risponde, sicuro e calmo. « Ce la farai. »

« Come fai ad esserne sicuro? »

È chiaro che Harry non sia uno di noi. Chiunque capirebbe che è diverso dalla Parigi controllata, perché ha dei modi di fare ed usa delle parole così inusuali per me, per noi. Lui è libero, mentre io no.

« Perché sei come me. »

Lo guardo confusa.

« No » ribatto. « Io sono controllata. »

« Non mi riferivo a quello. » dice, inumidendosi le labbra e senza smettere di guardarmi. « Ma a quello che hai dentro. Quello che sei per davvero. »

« Come fai a sapere come sono per davvero se ho passato tutta la mia vita ad effettuare dei controlli continui per essere in regola? »

Sembra pensarci su, distoglie gli occhi dal mio viso per portarli in basso. Sono confusa. Ragionandoci, capisco di non conoscermi affatto. Ho trascorso la mia intera esistenza sotto il controllo di qualcuno, rispettando regole autoimposte. Chi sono io, davvero?

« Sei qui. » dice Harry. « In una zona di fuggiaschi e traditori, che tenti disperatamente di bloccare chiunque cerchi di leggerti nella mente, nei ricordi. Sei qui perché vuoi aiutarci e salvarci, perché ti hanno portato via qualcosa. Qualcuno. »

È cupo e serio contemporaneamente. Non ha finito di parlare.

« Come me. »

Respiro a fondo ed in silenzio, osservandolo.

« Chi hai perso? » la domanda mi sfugge senza che me ne accorga. Harry stringe le labbra e si volta. Ho quasi paura di aver detto qualcosa di sbagliato, di aver commesso un errore, ma invece di andare via mi rivolge le spalle, sfilandosi la maglietta di dosso. Trattengo il fiato.

La sua schiena è cosparsa di cicatrici di ogni tipo: ci sono marchi di bruciature, tagli profondi, graffi, lacerazioni rimarginate. La mia mano destra si avvicina tremante alla sua pelle calda, toccandola con cautela. Sento quasi il dolore che può aver provato mentre le mie dita sfiorano la pelle in risalto e arrossata.

« Mia madre era la sorella gemella della madre di Louis. » mi spiega. « L'hanno convocata per dei test. Non è mai più tornata a casa. »

Il mio cuore batte forte e poggio il palmo sulla sua carne malandata. Ci sono dei nei sparsi qua e là, che tocco con le punte delle dita della mano sinistra. Harry continua a parlare.

« Quando sono arrivato qui, non sapevo bene come muovermi, così mi hanno catturato e torturato. Volevano che rivelassi loro dove fossero i fuggiaschi ed i traditori, ma non lo sapevo. Non avevo ancora incontrato Louis, non conoscevo questo mondo. È stato Adrien il primo che ho conosciuto, eravamo vicini di prigione, nelle segrete della Centrale. »

Ecco come fa a sapere di Adrien e della sua lingua. Mi viene la nausea mentre continuo a tastare la sua pelle, come se le mie mani potessero guarirlo.

Volta appena il viso nella mia direzione, cercandomi.

« Non lasciare che ti trovino. » dice autoritario. « Quello che ti fanno equivale a quello che vedi nella mia schiena, ma i tuoi segni non sono visibili ad occhio nudo. »

Si allontana, si alza e si rinfila la maglietta. Io sono ancora interdetta.

« È come una malattia mentale, la depressione o un disturbo del genere: non ne vedi le cicatrici, ma c'è, è reale. »

« Che cosa devo fare? » glielo chiedo perché mi fido. Perché, oltre a mia madre e Josée, è l'unico che mi è rimasto.

Harry mi guarda a lungo, inspira dalle narici allargate, le sue spalle muscolose che si alzano ed abbassano col petto.

« Fottili. » mi dice. « Fotti il sistema. »

Voglio essere libera. Non voglio più esserecontrollata. Voglio essere io a controllarli. E forse lo posso fare.


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