Capitolo venti

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Ad accogliermi in casa ci sono Harry e Louis. Di Adrien nemmeno l'ombra. Comunque non è un'accoglienza calorosa, perché Louis si alza dal divano con una rapidità che mi inchioda al mio posto, terrorizzandomi.

« Dove diavolo eri? » mi sbraita addosso, rosso in viso. I suoi occhi chiari sono enormi adesso.

Non rispondo. Harry alle sue spalle è in piedi in una posizione che mi fa pensare che stesse percorrendo la stanza a grandi passi, come fa di solito quando è agitato o in pensiero. Questo, di lui, l'ho capito.

Deglutisco in difficoltà.

« Torniamo a casa e non ti troviamo, hai idea di tutto quello che abbiamo pensato? » continua il primo. Non credo che fosse preoccupato per la mia incolumità, quanto più per la propria, nonostante i recenti sviluppi – se così possono definirsi – del nostro rapporto. Decido di vuotare il sacco perché mi sentirei troppo pesante a stare ancora in silenzio. Ed inoltre Harry mi guarda quasi supplicandomi di dargli una risposta. Perciò lo faccio più per lui che per Louis.

« Ero da Josée. »

Louis allarga gli occhi e credo che potrebbe sbranarmi, se solo avesse le fauci adatte.

« Mi prendi in giro? »

Sto zitta, Harry si passa entrambe le mani tra i capelli e capisco che la situazione è grave.

« Ne avevo bisogno! » esclamo. « Non ho più nessuno, lei è l'unica che mi può capire! »

« Ed è l'unica che può distruggere tutto quanto! Ma non ci arrivi? » Louis mi urla addosso. « La stai mettendo in pericolo! Adesso se le fanno un controllo la terranno sotto osservazione perché è l'unico appiglio che hanno per arrivare a te! »

Mi sento con le spalle contro il muro. Non avevo proprio messo in conto questo punto di vista, e Louis ha ragione. Andando da Josée, parlando con lei, l'ho inevitabilmente esposta a degli enormi pericoli. La Centrale mi cerca, così come cerca mia madre e delle risposte da mio padre, ed io ho fatto il loro sporco gioco mettendo in pericolo la mia migliore amica. Mi sento un verme, stupida ed ingenua. Sono soltanto una bambina capricciosa che non sa controllare i propri stimoli. Arpiono le mie unghie contro il muro dietro di me, cercandovi un appiglio che non esiste.

« Louis, basta! » Harry lo afferra per un braccio e lo tira indietro. L'altro lo guarda inviperito, potrebbe scagliare la rabbia che nutre nei miei confronti su di lui, ed Harry non c'entra niente. Sono io che ho sbagliato, sono io la stolta.

« Perché la proteggi sempre? » Louis lo guarda sgomento.

« Non la sto proteggendo, ti sto solo dicendo di smetterla di urlarle addosso! »

Io li guardo discutere, impotente.

« Guardala! Non ha nessuno! » continua Harry. Non lo dice con cattiveria, ma mi fa comunque male perché è la verità. Adesso so che non posso più avere nemmeno Josée, e mi sento sola ed abbandonata. Ho soltanto me stessa e non so che fine farò. Mi viene da piangere.

Louis sta in silenzio ed osserva Harry, respirando piano. L'assenza delle loro voci mi reca una pesantezza invadente nel petto.

« Mi dispiace. » socchiudo gli occhi sentendoli pizzicare, ed abbasso il capo. Se potessi farmi minuscola e rinchiudermi in un cassetto per sempre, probabilmente lo farei. Ma invece sono costretta ad avere a che fare coi loro occhi puntati addosso: quelli di Harry sono comprensivi, mentre quelli di Louis rabbiosi. Credo che Louis si comporti in questo modo solo perché ha paura, ma non è abbastanza maturo e lucido per immedesimarsi nei miei panni.

« Adesso piangi anche? » mi sfotte, acidamente.

Harry lo scansa venendomi incontro. « Ha solo diciassette anni. » lo rimprovera racchiudendomi tra le sue braccia.

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