<< Zane? >> sussurrai.
Osservai i suoi occhi annebbiati schiarirsi per poco più di un secondo mentre la mia voce lo raggiungeva. Gli strinsi il braccio dolcemente, non mollando la presa. Zane non si mosse, aveva lo sguardo vacuo impiantato davanti a sé.
Non dovevamo trovarci lì. Era l'unica cosa a cui riuscivo a pensare.
Io non dovevo trovarmi lì.
<< Zane andiamo... la funzione è terminata da un po' ormai, qui devono sistemare >>, aggiunsi alzando leggermente la voce.
Quanto potevamo trovarci distanti seppur seduti accanto? Quante stelle erano più vicine a me di quanto noi lo fossimo?
La chiesa era stata abbandonata dalla maggior parte delle persone. Lanciai un'occhiata a chi, come noi, era rimasto. Una coppia di signori anziani si trovavano poco distanti da noi e sembravano discutere, i loro volti erano distorti dalla rabbia.
Era rabbia davvero? In qualche modo non ero più sicuro, le emozioni si mischiavano nella mia testa lasciando spazio solo al vuoto. Un signore sedeva qualche panca più indietro, aveva la testa china e sembrava si fosse addormentato. Scartai l'ipotesi quando sentii dei sussulti irregolari provenire proprio da lui. Due donne invece si trovavano ai primi posti, avvolte in un abbraccio cercavano di infondersi forza a vicenda. Apparvero sconvolte, i loro visi erano rossi e le guance erano solcate da lacrime. La mia attenzione infine fu catturata da una ragazza voltata di spalle, in piedi nella navata centrale. Portava un cappotto. Un cappotto giallo.
Quando lasciò incontrare i suoi occhi nei miei sobbalzai.
No ti prego, non ora.
Mi voltai velocemente verso Zane e questa volta lo scossi debolmente con la mano che era ancora aggrappata al suo braccio.
« Dobbiamo- »
« Ho capito Arthur! » esclamò interrompendomi.
Sussultai un poco e lasciai immediatamente le presa.
Il silenzio che seguì mi rimbombò nelle orecchie.
Zane mi stava fissando. I suoi splendidi occhi erano due specchi d'acqua, o più una diga pronta a straripare. Tirò su col naso e si alzò. Si fece spazio tra le mie gambe e l'inginocchiatoio e, uscendo dalla fila di panche, si diresse verso l'uscita.
Gli corsi immediatamente dietro lasciandomi l'altare alle spalle.
Quando varcai il portone il sole mi accecò e dovetti aspettare qualche secondo affinché i miei occhi si abituassero. Non mi ero reso conto di quanto la luce fosse soffusa nella chiesa.
« Zane aspetta! » gli urlai mentre cercavo di raggiungerlo.
Lui si fermò sul sagrato. Eravamo a pochi passi di distanza ma pensai fossero abbastanza.
« Dove stai andando? » provai a chiedergli.
Zane si voltò e mi fissò.
Vuoto. Era tornato. Il vuoto di anni prima era tornato.
« Sto andando a casa. Io- » si fermò improvvisamente mordendosi il labbro.
Feci qualche passo avanti lentamente e mi abbassai alla sua altezza. Solo dopo qualche secondo appoggiai la fronte contro la sua chiudendo gli occhi.
Percepii il suo respiro e lo sentii spezzarsi.
Il suo battito aumentò gradualmente e qualcosa mi iniziò a bagnare le guance.
Portai una mano dietro alla sua nuca e lo strinsi maggiormente a me.
Non seppi per quanto tempo restammo li così, scrutati dagli sguardi dei passanti che non capivano, che non potevano capire.
Alzai pian piano le palpebre e trovai gli occhi di Zane ad aspettarmi. Mi staccai lentamente dalla sua fronte e arretrai di qualche passo.
Lui si ripulì le guance dalle lacrime che gli erano scappate e si allontanò ulteriormente.
Accennai un sorriso, che di vero non aveva niente, ma sperai che per lui significasse qualcosa, qualsiasi cosa.
« Ti accompagno io ok? » domandai. Zane non annuì nemmeno, si voltò facendomi cenno di andare.
Lo raggiunsi e ci incamminammo nella strada sterrata che portava a casa sua. Era familiare come poche cose ormai nella mia vita.
Lasciai il silenzio a riempire lo spazio. Nessuno dei due era intenzionato a parlare.
Mi fermai quando vidi il suo cancello a pochi metri da noi, e lui mi imitò.
Lo guardai mentre i suoi occhi si spegnevano di nuovo, ancora ancora ancora.
« Ci vediamo domani » mi disse con voce roca e impastata.
« A domani Zane.»
Guardando sempre davanti a sé mi superò e proseguì a passo spedito. Io rimasi li, fermo, quasi fossi ghiacciato, fin quando la sua figura non scomparve dietro al cancello.
<< Non dovresti essere qui Arthur.>>
Non servì nemmeno che mi voltassi, l'avevo percepita arrivare. Sapeva per certo che mi stesse scrutando con i suoi occhi glaciali, e che, nel mentre, si torceva nervosamente le mani.
<< Nemmeno tu, se è per questo>>, le risposi. Poco dopo sentii un leggero spostamento d'aria e me la ritrovai davanti. Sembrava così reale, così vera. Eppure sapevo che non lo era, lo sapevamo entrambi.
<< Non fare lo stupido. Sai benissimo cosa intendo! Stai infrangendo delle regole Arthur... io->>
<< Oh andiamo Sol!>>, la interruppi bruscamente. La vidi socchiudere gli occhi e con fare seccato si voltò.
<< Siamo bloccati qui insieme Art, sai cosa significa vero? Che se non vai tu non lo faccio nemmeno io.>>
Sbuffai infastidito ma non volevo litigare, non quando avevamo sprecato così tanto tempo a farlo.
Perché prima era normale, mi dissi.
<< Mi hanno dato un anno per sistemare le cose. Me lo hanno concesso loro, ti chiedo solo di comprendere la situazione. Non posso lasciarlo ora, ha bisogno di me>> le dissi. Sol ritornò a guardarmi, e avrei tanto preferito che non lo avesse fatto perché mi fece capire quanto sbagliato fosse.
<< Le illusioni fanno più male della realtà, e non dirmi che non è vero. Lo so che lo comprendi anche tu.>>
<< Oh certo che lo comprendo.>> Lei finse di sorridere per mascherare il nervoso.
<< Stai giocando con il fuoco. Arthur, lui è ancora una persona reale - cominciò con tono di rimprovero - non ti appartiene più così come non appartiene a me.>> concluse.
Appartenere?
<< Perché non riesci a capire come stanno le cose? >> le domandai dopo qualche secondo di silenzio.
Riuscii a percepire la tensione nell'aria diventare tangibile. Sol non aveva più distolto lo sguardo.
<< Hai una bel coraggio a chiedermelo davvero. >>
Quando incrociò le braccia e iniziò a tormentarsi le labbra una fitta di nostalgia mi investì. Era un suo piccolo modo per gestire le emozioni forti da quando eravamo bambini e tornava a casa da scuola ogni giorno con la bocca martoriata. Io le passavo di nascosto il burro cacao prima che mamma e papà lo scoprissero. Allontanai l'immagine dalla mente e cercai di concentrarmi di nuovo.
<< Pensavo che lo amassimo entrambi, Sol >>. Inaspettatamente i suoi occhi si addolcirono e la vidi rilassare la postura.
<< L'amore è anche lasciare andare oltre che trattenere, Arthur.>>
E forse è vero che avrei dovuto solo spezzare i fili che ci legavano indissolubilmente insieme.
Ma era anche troppo difficile farlo. Avevo del tempo in più.
<< Lo farò, io... lo farò, solo non ora>>, riuscii a proferire.
<< Sarà solo più difficile per entrambi. Non farlo soffrire ulteriormente.>>
Mi guardò un'ultima volta e come era arrivata sparì.
E percepii solo un movimento d'aria.
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σέλας
RomanceAl mondo tutto è temporaneo. I fiori appassiranno mentre le foglie cadranno, e le piante moriranno per lasciare spazio ad altra vita. Le storie narrate sono destinate a sparire, a consumarsi e a districarsi nel tempo. Eppure esistono racconti incis...