Qualcosa nel buio

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Ero in trappola, braccata da qualcosa nel buio, con il cuore che batteva all'impazzata e fastidiosi brividi lungo la schiena. Sentivo un pizzicore alla punta delle dita, accadeva sempre quando avevo paura. Non sapevo chi o cosa mi desse la caccia, ma ero certa che fosse nascosta nell'oscurità, pronta a afferrarmi.

Vagavo alla cieca in cerca di un'arma, tastando nervosamente qua e là tutto ciò che mi capitava sotto mano. Nulla di neanche lontanamente utile. Un posacenere, un libro, un minuscolo salvadanaio.

Continuai la mia corsa, sbattendo a destra e sinistra, contro mobili e porte. Erano tutte chiuse a chiave. Avevo l'impressione di conoscere quel luogo, c'era qualcosa di stranamente familiare. Trovai finalmente una stanza aperta e mi ritrovai in una cucina.

Cerca un coltello.

Andai direttamente a un cassetto, certa di trovarne uno. Sapevo inspiegabilmente come muovermi e dove cercare. Almeno così credevo. I raggi della luna filtravano attraverso la finestra rischiarandola, fu allora che realizzai. Quella era la mia cucina, ero casa mia. Mi guardai intorno, c'era qualcosa di sbagliato. Nulla era dove l'avevo lasciato, ogni cosa era stata spostata.

Fui travolta dal panico e andai in apnea, come se fossi stata appena travolta da un'onda. Sentivo il naso e la gola bruciare, come se avessi della sabbia in bocca. Ogni respiro mi causava un dolore al petto.

Mi guardai intorno alla ricerca di una soluzione, nonostante l'oscurità e la paura che rendeva goffo ogni mio movimento.

Al centro della tavola c'era un grande piatto di porcellana, uno di quelli antichi, dipinti a mano. L'immagine di una complessa meridiana solare ne impreziosiva una metà. Sarebbe stato tutto molto poetico, se non fosse stato per un muffin che spiccava grottescamente al centro, quasi a simboleggiare il sole e una frase.

"É più tardi di quanto tu creda".

Mi obbligai a concentrarmi e a ritrovare un briciolo di lucidità. Forse sarei potuta scappare dalla finestra, scavalcando il lavello. Era fattibile.  Mi issai con fatica, facendo leva sulle gambe, strappai le tendine in un gesto disperato e vidi un riflesso. Due occhi. Mi voltai istintivamente e inorridii. Sul tavolo c'era ancora il muffin, ma ne mancava uno pezzo.

Lui è qui e si sta prendendo gioco di me.

Era una persona, ormai ne ero certa. Afferrai la prima cosa che trovai a portata di mano, un mestolo.

Complimenti per l'ottima scelta.

Incespicai, ma riuscii a aprire la finestra. Guardai in basso, circa tre metri mi separavano da terra, potevo farcela.

Muoviti.

Saltai e atterrai in giardino. Iniziai a correre, il cancello era aperto. Presi la discesa, portava al villaggio, un sentiero nel buio più completo, rischiarato solo dalla luce lunare. Il solo pensiero di essere fuori mi infondeva coraggio. Qualcuno laggiù avrebbe potuto aiutarmi.

Una risata diabolica mi ghiacciò il sangue nelle vene. Mi voltai, guardai in alto. Lui era lassù e mi fissava con uno strano sorriso dipinto sulle sue labbra.

<<Tic tac>> disse.

Addentò ciò che rimaneva del muffin, inghiottendolo in un sol boccone.

Il mio tempo era scaduto...

É più tardi di quanto tu creda (Contest)Où les histoires vivent. Découvrez maintenant