Perché ho gli occhi molto più ciechi del cuore

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Note: Questa fic è nata dopo aver visto il primissimo promo, dove Manuel e Mimmo si stanno per prendere a mazzate in biblioteca, quindi ignora praticamente tutto il canon della s2.
La classe è rimasta la stessa della s1, Mimmo non è più carcerato ma è il nuovo arrivato e a Manuel schiatta il fegato.
Spero vi piaccia! :)

***

«Non lo trovi bello e affascinante?»

Manuel si voltò nella direzione dello sguardo sognante di Simone, sopprimendo un moto di stizza che gli proveniva dalle viscere senza sapere bene il perché. Lì, nel bel mezzo del corridoio, a sorridere coi libri di scuola in braccio, c'era Mimmo, il nuovo arrivato. Non sapeva bene come e perché Mimmo si trovasse a scuola a Roma invece che a Napoli, come sarebbe stato normale - e sicuramente Dante c'entrava qualcosa, quando mai non c'era di mezzo lui quando si trattava di ragazzi con problemi - e, francamente, a Manuel non fregava assolutamente nulla. Il ragazzo era arrivato nella loro classe da poco più di una settimana, e se ne stava per i fatti suoi in un angolino, in silenzio, senza tentare di fare amicizia con nessuno.

Il fatto che fosse un ex carcerato non aiutava certo nell'impresa, e infatti molti cercavano di stargli alla larga il più possibile - tranne, ovviamente, uno. Il magnete delle cause perse per eccellenza. E Manuel ne sapeva qualcosa.

Signore e signori, Simone Balestra.

«Simò, e che cazzo ne so io se quello è bello oppure no? È a te che piacciono i maschi, mica a me, sei te l'esperto.»

Simone sbuffò, alzando gli occhi al cielo. «Ma mica ti ho chiesto se te lo vuoi scopa'? Ho solo chiesto se ti sembra bello, oh, non mi pare difficile.» Si portò una mano al petto con finto fare consternato. «Scusa se ho offeso la tua preziosissima mascolinità, oh Gran Visir degli Etero.»

Manuel gli diede un pugno sul braccio, e l'altro cacciò un «ahia!» di dolore, prima di mettersi a ridere. Ben gli stava.

Dopo l'incidente di Simone, Manuel aveva fatto di tutto per rimediare a tutte le cattiverie che gli aveva sputato addosso. Non poteva perdere Simone, era il suo unico vero amico, e come faceva Simone ad essere ancora il suo, di amico, dopo tutto quello che gli aveva fatto, era un mistero. Manuel poteva solo ringraziare Iddio per avergli dato una seconda possibilità, e non l'avrebbe di certo sprecata.

Così aveva fatto ammenda a modo suo. Da quando lui e sua madre erano stati cacciati di casa ed erano stati ospitati a casa Balestra, Manuel si era autoincensato del compito di fare da autista ufficiale di Simone: era lui quello che lo portava a scuola in motorino tutte le mattine, e nel pomeriggio lo accompagnava agli allenamenti di rugby mentre lui studiava - sì, incredibile, studiava - nell'attesa, per poi infine riportarli entrambi a casa. Lo lasciava da solo il meno possibile, e solo in parte a causa della cazzo di paura che gli aveva fatto prendere quando era finito in ospedale. Voleva genuinamente passare più tempo possibile con l'altro, perché lo faceva stare bene, e sperava che anche per Simone valesse lo stesso. E affinché Simone si sentisse completamente a suo agio con Manuel, doveva sentirsi libero di parlare di tutto con lui: della scuola, del padre, del rugby e delle sue regole che Manuel ancora non capiva, e, ovviamente, di ragazzi.

Dapprima, timidamente, era stato Manuel a tastare nuovamente il terreno. Per forza, visto che Simone, comprensibilmente, dopo le sue scenate si era chiuso in un bozzolo da cui sembrava non voler più uscire. Una sera, mentre stavano giocando insieme alla Play in camera di Simone, in un momento di pausa gli aveva chiesto come aveva capito di essere gay. Era una domanda intima, lo sapeva, ma gli amici c'erano per quello, no?

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