Re Carlo

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Bussai.
Le porte si aprirono. Desiderai intensamente sprofondare nel bellissimo pavimento marmoreo, quando vidi il Trono, d'oro, in fondo alla stanza, e ai lati una serie di altri troni, in legno, molto più piccoli, affiancati tra loro. Non erano tutti occupati: solo due o tre, sui quali sedevano dei cavalieri, in armatura. Sul Trono d'oro sedeva l'uomo più bello che io avessi mai visto. Aveva i capelli castani con dei riflessi dorati, ricci, occhi intensi d'un grigio carico di pioggia e s'accarezzava la barba con le sue dita pallide. Portava una corona, sul capo. Mi guardò, in silenzio, impassibile, al contrario dei suoi generali che mi scoccarono uno sguardo interrogativo. Uno di loro, colui che si trovava più vicino al Re, s'avvicinò con sicurezza e un passo pensante. Aveva l'elmo, non riuscivo a guardarlo in viso. Con tono arrogante, si rivolse a me: "Tu, o forestiero, che cosa desideri?". Re Carlo non disse nulla. Mi abbassai lentamente il cappuccio ed esclamazioni di meraviglia si levarono. Anche Carlo abbandonò la sua impassibilità, lasciando spazio ad un'espressione sorpresa. Non sapevo che dirgli, né come rivolgermi a lui. E se non sapesse chi fossi? E se mi avesse cacciata? Che cosa avrei dovuto dirgli? Che ero la nipote di Giulia? Stetti in silenzio e aspettai che loro parlassero per primi. E così accadde. Il generale s'avvicinò più minaccioso e superbo di prima: "Una ragazza. Inchinati, dinanzi al tuo re!". Io stavo per obbedire, ma Carlo lo fermò: "Galba, non accecarti nella tua superbia. Hai dimenticato quanto sia importante l'ospitalità? Specialmente con un'ospite così importante. Elda, suvvia, avvicinati."
Dovetti sembrare molto sorpresa e tempo dopo mi pentii della mia reazione quel giorno, perché pensai di essere apparsa molto stupida nella mia insicurezza, e tempo dopo cercai conforto nell'immaginare come mi sarei dovuta comportare. Titubante, mi avvicinai, inciampando nel mio mantello. Mi venne del tutto spontaneo inchinarmi di fronte alla sua magnificenza: era semplicemente un essere perfetto. Adesso capivo perché tutti ne parlavano così bene immersi in una totale ammirazione. Egli sorrise: "Alzati. Non ce n'è bisogno."
Io mi alzai subito, come mi comandò. Mi chiesi come avesse fatto a riconoscermi, ma subito mi risposi da sola e lui parve leggermi nel pensiero: "Tua nonna ha scritto tanto su di te. Ha parlato di coraggio, di onore, di lealtà." E sorrise nuovamente. Pensai che in quel momento Re Carlo si stesse chiedendo dove fossero queste qualità in me. Doveva essere molto deluso. E invece: "Hai avuto coraggio. Hai rischiato la vita per giungere qui da me, ed io ti prometto che ti ripagherò per tutte codeste sofferenze", mi disse queste cose guardandomi negli occhi, stringendo le mie braccia con le sue mani forti. Avvertii una stranissima sensazione addosso, mi sentivo inebriata. Aveva uno strano potere ipnotico. Quando si staccò da me ed ordinò ad un servo di prepararmi una stanza, sentii il bisogno di sentire di nuovo la sua presa. Lui si risistemò sul Trono, dopo alcune parole di benvenuto e dopo avermi affidata ad un'ancella, che diventò la mia personale. Il suo nome era Lina, e si dimostrò subito una donna simpatica e chiacchierona. Spruzzava allegria da tutti i pori ed ero fermamente convinta che non fosse in grado di essere triste, che fosse una cosa materialmente impossibile. Lei mi condusse verso la mia stanza, poco distante dalla Sala del Trono, mi insegnò la strada, mi preparò un bagno caldo e del tè. Mi chiese se volessi scendere per la cena, ma io mi rifiutai, ero esausta. La ringraziai e mi lasciò sola. Mi immersi nella mia vasca, di fronte alla finestra, aperta, per la quale spirava un venticello dolce e fresco. Non riuscivo a togliermi dalla mente i suoi occhi chiari, intensi, fissi nei miei. Riuscivo ad avvertire persino la sua presa sulle mie braccia e mi dispiacevo del fatto che non mi avesse lasciato lividi, neanche un suo segno. No, non dovevo pensare quelle cose, lui era un re. Il Re. Il mio Re. Ed io non ero nessuno.
Mi addormentai qualche minuto dopo, nel mio letto a baldacchino, per svegliarmi solo a mezzogiorno. Mi sorpresi di me stessa dal momento che solitamente ero solita alzarmi prestissimo, talvolta anche con l'alba. Notai dei vestiti nell'armadio, probabilmente lasciati lì da Lina: erano tuniche, fresche. Indossai una bianca, semplice ed una collana che mi aveva lasciato sul comodino. Era in oro. Tutto in quel palazzo mi sembrava ricco e magnifico. Era la reggia dei sogni.
Mi pettinai i miei capelli biondi e finalmente uscii dalla mia stanza. Per le scale m'imbattei in Lina: "Elda! Giù, nella sala, di corsa! Il pranzo è servito" e scappò via piena d'impegni nel castello. Io scesi, entrai nella sala da pranzo e m'accomodai all'estremità di uno dei numerosi tavoli in legno su cui mangiavano molti cavalieri e molti nobili, tutto il seguito di Carlo, più i numerosi che gli chiedevano protezione. Ma la sedia più grande e più in alto era vuota: con tristezza, mi chiesi dove egli potesse essere. E, pensierosa, mangiai in solitudine per poi iniziare il mio allenamento con tutti gli altri cavalieri che il Re aveva previsto per me.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 17, 2015 ⏰

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