Capitolo X

273 25 4
                                    

Capitolo X
A storm is coming in

La sveglia iniziò a suonare e Louis si allungò per spegnerla. Toccò il lato vuoto del letto e gli mancò doversi arrampicare sul corpo di Harry per raggiungere la suoneria incessante. Accarezzò il cuscino morbido e immaginò di sentire la forma della testa di Harry.
-È importante- sussurrò mentre pensava alla giornata di oggi -Molto- era il momento decisivo e lui doveva esserci. Voleva vedere Harry, parlargli, quindi doveva sbrigarsi e andare in tribunale.
Prese il cellulare e inviò un messaggio a sua mamma "Harry andrà?" Poi lo lasciò lì e andò a lavarsi.
Fece la doccia lentamente e ogni volta che chiudeva gli occhi la scena dello schianto gli balenava in testa.
Il silenzio che seguì lo schianto...quello era ciò che lo tormentava di più. Gli occhi di Harry, la consapevolezza che ciò che avesse fatto lo aveva deluso ma, più di tutto, lo aveva convinto che era ciò che meritava.
Poggiò la fronte sulle piastrelle fredde della doccia e iniziò a piangere.
Che gli era preso? Da quando il suo modo per parlare era diventato la violenza?
Immaginò Harry sotto i corpi viscidi delle clienti e il dolore di ogni serata. Sentì come l'amore stava scivolando via e diventava risentimento: verso se stesso, verso la sua vita, verso suo padre...verso il ragazzo che amava.

L'acqua diventò fredda e si rese conto di aver perso la cognizione del tempo. Indossò l'accappatoio e andò a vestirsi, mise il completo migliore che aveva, cercando in qualche modo di mantenere la calma, di riprendere quella sicurezza che doveva appartenergli e di uscire il prima possibile.
Prese il cellulare "è già pronto ad andare" fu la risposta di sua madre.
Ma era pronto ad andare a riprendere la sua libertà o pronto a condannarsi ancora una volta?
Non lo sapeva, ma desiderava avere una risposta.

4 mesi prima

-Hai mai pensato di fare una chirurgia per queste cicatrici?- chiese Louis quando una più profonda si aprì dopo una partita. Era scivolato per terra dopo un brutto contrasto e perdeva sangue in maniera assurda.
-Ci ho pensato, ma costa troppo- manteneva lo sguardo basso e quando il liscio finì di disinfettare la ferita si mise davanti a lui.
-Possiamo aiutarti noi. Mia mamma conoscerà qualcuno, è sempre un'infermiera- Harry mise le ginocchia al petto e Louis gli abbassò la felpa, perché sapeva che si vergognava di ciò che gli stava mostrando.
Quello della cicatrici era un dolore che non capiva, ma che sentiva fin dentro le ossa, perché lo vedeva negli occhi di Harry quanto facesse male.
-Qual è la differenza?- sussurrò -Anche se tu non le vedrai più io le sentirò per sempre- mise le braccia sulle ginocchia e nascose la testa tra loro.
-No amore- Louis si inginocchiò -lo sai che non è per me che lo dico, ma magari tu staresti meglio con te stesso, capisci?- gli mise una mano tra i capelli e sentì sotto le dita il suo dolore tramutarsi in tremolii incessanti.
-Questo era un modo per punirmi, Louis- singhiozzò -e io l'ho fatto per tutta la vita. Per tutta la vita ho cercato una punizione, ma quella peggiore è adesso- il più basso gli baciò la fronte.
-Perché mai dovrebbe esserlo?- le labbra accarezzavano la pelle di Harry dolcemente e il riccio crollò in un pianto disperato -Io sono qui. Non sei solo-
-Lo sono- sussurrò -In quella camera lo sono- allora Louis gli alzò il viso e lo costrinse a guardarlo.
-Ma ora dove sei?- sussurrò.
-Tu non capisci...-
-Dove sei adesso, Harry?- chiese gentilmente e con tono di voce basso.
-Adesso sono con te- ma non disse che il fatto di stare con lui lo riportava sempre a quella cantina. Non gli disse che nei suoi occhi vedeva quelli di suo padre. Lo abbracciò soltanto e mentì un'altra volta, perché l'amore doveva fare male. Doveva fare male, ma sapeva che doveva anche lasciarlo andare.
-Niente può andare male, chiaro? Ti proteggo io- lo baciò piano -lo farò sempre-

.

Harry si sciacquò la faccia per l'ennesima volta. Era già arrivato in tribunale ed era chiuso in bagno cercando di ricomporre se stesso.
Si guardò allo specchio e osservò i capelli corti, ci passò una mano attraverso e poi toccò i lividi sullo zigomo destro, causati dall'urto con la parete.
Era ammaccato e brutto. Si vedeva così brutto da volersi mettere un sacco in testa ed evitare che tutti lo guardassero.
La faccia dello scempiato, della troia e del bambino che non sapeva dir di no.
Era la faccia dello stempiato e si odiava per questo. Non c'era posto per lui da nessuna parte e lo sapeva.
Qualcuno bussò e si tirò su.
-Chi è?- la voce uscii rauca, come se non fosse realmente sua.
-Posso entrare?- la voce di Johanna lo travolse e tolse la sicura, ma ad entrare non fu lei.
-Louis- sussurrò. Il liscio si chiuse la porta alle spalle e poggiò la schiena su di essa.
-Scusa il ritardo- lo guardò ma subito il riccio abbassò lo sguardo, perché sapeva di essere orribile e Louis lo avrebbe odiato.

AnchorDove le storie prendono vita. Scoprilo ora