Capitolo 43: Pausa? - ✓

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Noah stava solo facendo una pausa, per questo si era appollaiato sul davanzale della finestra per assaporarsi il panorama. Aveva perso di nuovo la cognizione del tempo; solo udendo il frastuono all'esterno aveva capito che non erano più le sette del mattino, bensì le tredici e mezza. Se non fosse per la sua argutezza e per la sua meticolosità, per qualcun altro ogni giorno sarebbe stato sempre lunedì e l'anno nuovo un evento come tutti gli altri. Per lui lo era, solo che se ne accorgeva.

Giocare. Mangiare. Programmare. Giocare. Mangiare. Programmare.
Dormire accadeva di rado. E questo non era cambiato neanche da quando si era unito alla CIA; c'erano più cose da fare, più stimolazioni che permettevano a quegli attimi vuoti di verificarsi di meno.
Sembrava strano, ma lui non si annoiava mai.

Oh, ecco perché aveva sentito un fracasso sovrastare la musica alle orecchie da fargli salire il nervoso.

Gli bastò abbassare lo sguardo per vedere che il giardino di casa sua – perché ormai quella era anche sua, non più solo di quel pazzo soldatino patriottico – era stato allestito come una scampagnata.
Tutto il Team Bravo era lì presente, Jake con loro.
Stavano festeggiando il suo salvataggio.
C'era anche Stella. C'erano tutti.
Anche lui era stato invitato, ma aveva letto distrattamente il messaggio di Dave solo quando aveva preso il cellulare per puntellarsi sul davanzale. Quindi lo aveva visualizzato tre ore più tardi.

"Perché non scendi anche tu?" diceva.

Noah lo lesse più e più volte e scrollò la testa, schioccando la lingua; volse nuovamente lo sguardo all'esterno, sul giardino. I suoi occhi si posarono su ognuno di quei soldatini, sulle loro labbra incurvate in dei sorrisi, sui loro occhi vivaci, su quelle espressioni che erano lontane dalla stizza, dallo stoicismo che mettevano in atto quando indossavano una divisa. A giudicare da come si stavano comportando con Jake, nonostante non lo vedessero da tre anni, facevano intendere che fossero una famiglia unita, dall'amicizia indissolubile. Il sorriso che Dave aveva mostrato in treno, non voleva ancora andarsene dalla sua testa.

Si stavano divertendo.
Stavano ridendo.
Sono felici.

La pressione sul cellulare aumentò.
Mosse gli occhi dal gruppetto per osservare Dave.
Si incrociarono.
Merda.
Doveva tornare a lavoro. Quella pausa gli aveva ridato la carica.
Undici ore non-stop erano troppo poche.

Si alzò dal davanzale, tolse le cuffie e chiuse le tende, dirigendosi verso la scrivania per riprendere da dove aveva interrotto. Quando schiacciò il pulsante per controllare il cellulare di Anthony, notò che la batteria era quasi scarica. Non poteva spegnersi proprio adesso. Aprì uno dei cassetti della scrivania per rivelare un ammasso ordinato per categoria e modello di cavi, carica batterie e periferiche USB; cercò quella compatibile con il modello e la tirò fuori. La collegò al dispositivo ed attaccò la spina alla ciabatta piena di altre prese. Fu proprio nel momento in cui stava per sedersi davanti alla scrivania che qualcuno bussò. Con la mano a pochi centimetri dalla sedia, la palpebra destra vibrò.

«Noah? Posso?» domandò Dave, aprendo di poco la porta per sbirciare all'interno.

Il diretto interessato aveva portato la mano davanti alle labbra, picchiettando la guancia con l'indice. «Sei già entrato, cazzo chiedi?»

Il soldato non si stupì più di tanto da una reazione del genere. Spalancò la porta del tutto ed entrò, rimanendo comunque nei pressi della soglia per non invadere troppo gli spazi del giovane. Tuttavia ciò che lo lasciò interdetto fu cosa ci fosse riflesso sullo schermo e cosa fosse posto accanto al computer.
Il cellulare di Anthony era ancora lì, e tutte quelle linee di codice gli fecero intuire bene cosa avesse continuato a fare il suo bizzarro coinquilino.

MIND OF GLASS: OPERATION Y [REVISIONATO]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora