1.Qualche minuto di silenzio

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"Un uomo non muore mai se c'è qualcuno che lo ricorda"

-Ugo Foscolo-


Mi svegliai con la suoneria del mio telefono che avevo lasciato in carica sul comodino. Prima di rispondere alla chiamata mi stiracchiai e sbadigliai rumorosamente. Controllai la sveglia, erano le 5 del mattino. Mi chiesi dunque chi potesse chiamarmi a quell'ora. 

Presi il telefono cercando di mettere a fuoco il numero sullo schermo, era un numero sconosciuto. Mi misi a sedere sul bordo del mio grande letto, cliccai la cornetta verde e portai l'orecchio al telefono "Pronto chi parla?" dall'altro capo del telefono rispose una voce spezzata da singhiozzi "Tesoro mio, sono la mamma" mamma era triste. Avevo capito che era successo qualcosa. "Cosa succede mamma? Hai pianto? Cos'hai?" Ci fu qualche minuto di silenzio. Sentii mia mamma prendere qualche respiro profondo quando poi disse "Amore, c'è una cosa che ti devo dire... Vedi, ti sto chiamando dall'ospedale..." "Mamma tutto bene? Perché sei all'ospedale? Cosa succede?" Lei lentamente rispose "Ecco amore, papà è in sala operatoria, i medici dicono che è in situazioni critiche. Abbiamo fatto un incidente, stavamo venendo a casa tua per farti una sorpresa e la macchina ha sbandato cadendo dal ponte e finendo in acqua. Io sto bene, ho qualche graffio ma papà..." Prese un respiro e tutto d'un fiato disse "Beh ecco tuo padre non so se ce la farà, i medici dicono che è molto grave e ho paura. Mi dispiace tantissimo bambina mia." Ricominciò a piangere. 

La mia espressione cambiò subito dopo aver sentito quelle parole, non riuscivo a crederci, avevo fatto del male ai miei genitori, era tutta colpa mia, stavano venendo a trovare me, era solo colpa mia. Volevo parlare, volevo chiedere scusa, volevo consolare mia madre, volevo urlare, volevo chiudere tutto e andare via per poi non tornare mai più. Era solo colpa mia se mio padre era finito in ospedale e rischiava la vita, era sempre colpa mia in un modo o nell'altro. 

  Aprii la bocca per parlare, per dire qualcosa a mia mamma, l'unica donna che mi aveva sempre supportata e sopportata, mi aveva cresciuta al meglio insieme a mio padre, mi volevano bene, mi amavano, ma era un'amore che non meritavo e che non avrei mai meritato. Cercai di parlare ma era come se la mia voce fosse svanita. Non avevo il coraggio di parlare, di chiedere scusa, non avevo il coraggio di dire nulla in realtà, perciò mi limitai semplicemente a fare ciò che sapevo fare meglio, non mostrare nessun sentimento. 

Quando chiusi la chiamata mi sdraiai sul letto, presi le cuffie e con il telefono attivai la mia playlist e piansi, piansi per ore, piansi fino a quando non finirono tutte le mie lacrime. Mi bruciavano gli occhi ma in quel momento pensai che forse quello era niente in confronto a ciò che stava passando mio padre. Dovevo esserci io in quella sala operatoria in situazioni critiche, dovevo essere io quella che piangeva preoccupata aspettando notizie di suo marito.  I miei genitori non meritavano nulla di tutto ciò, io invece si. 

Tutti mi avevano sempre detto di non pensare troppo ad una cosa, mi dicevano che non bisognava piangere per certe cose, mi dicevano che dovevo lasciar perdere. Dicevano che non importava quanto ci avrei messo a trovare le mie ali, prima o poi avrei spiccato il volo.

Una coincidenza chiamata amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora