"Non piangere mai per un uomo, ti si sbava il trucco. Ed il mio mascara vale più di uno stupido maschio"
-Marylin Monroe-
Ho sempre passato la vita a scappare da ciò che mi feriva, ma ho capito che sono proprio le cose che ci fanno del male quelle che ci fanno crescere di più.
Pensavo che scappando mi sarei salvata, ma facendolo non ho mai risolto nulla. Ho cambiato troppe volte ciò che ero realmente per piacere agli altri, ma solo soffrendo ho capito che non sarò mai quello che gli altri vogliano che io sia, sarò semplicemente ciò che io stessa vorrò essere.
Perciò mi promisi che sarei diventata la migliore versione di me stessa.
Erano le 6:00 del mattino. Quella mattina decisi di andare in palestra. Era come la mia terapia, il mio sfogo personale.
Andai in camera mia, un'ampia stanza sui toni del bianco e del beige, con al centro un grande letto matrimoniale. Alla destra del letto c'era una grande finestra che si affacciava sui palazzi di New York. Sotto di essa c'era una grande cassettiera bianca con otto cassetti contenenti tutti i miei vestiti o almeno la maggior parte. Mi avvicinai alla finestra e guardai fuori. Amavo quella città, amavo guardare l'alba e il tramonto, amavo la vista, amavo avere quella vita.
Aprii il terzo cassetto di sinistra della cassettiera e presi uno dei completi sportivi che usavo solitamente per andare in palestra. Misi il pantalone della tuta e un top che coprii con una calda felpa. Andai a recuperare il telefono in cucina e poi con le chiavi di casa in una mano e la bottiglia dell'acqua nell'altra scesi con l'ascensore.
Parcheggiai la mia Range Rover bianca nel parcheggio della palestra in cui ero solita ad andare. Amavo quella palestra sia perché era vicina a casa ma sopratutto perché era come una casa per me.
Appena arrivata salutai la mia amica Jasmine che lavorava in palestra e subito dopo invece di dirigermi agli attrezzi che usavo io, decisi di fare un giro per vedere se c'era qualcuno che conoscevo. Arrivai all'area di sollevamento pesi e vidi mio fratello più grande, Noah, che si stava allenando. Appena si rese conto di me, mi salutò facendomi l'occhiolino. Mi avvicinai a Noah che mi prese per i fianchi e mi abbracciò salutandomi "Ehi piccoletta alla fine sei venuta, mi sei mancata" Io e Noah avevamo un rapporto stupendo, c'eravamo sempre l'uno per l'altra quando nessuno ci voleva intorno. Ne avevamo passate tante insieme. Noah era molto più alto di me e soprattutto aveva quattro anni in più di me. Mi staccai dall'abbraccio e lo ammirai in silenzio. La luce del sole che sorgeva gli illuminava il volto appena bagnato per il sudore. I suoi occhi grigi erano quel tipo di occhi che non vorresti mai dimenticare, quelli che ti catturano e ti fanno sprofondare nella loro profonda oscurità. Erano i miei occhi preferiti.
All'inizio può sembrare cattivo e scortese, ma questo solo perché non è mai stata facile per lui, perciò è riuscito ad andare avanti tramite una corazza fortissima che mai nessuno era riuscito ad abbattere, a parte me ovviamente. Per questo abbiamo un bel rapporto. Lui tiene a me e io tengo a lui come se fosse parte di me. E' sempre stato presente quando ne avevo bisogno e so che ci sarà sempre.
Gli diedi un bacio sulla guancia e gli dissi "Mi sei mancato scemo". Ci allenammo insieme per qualche oretta. Alla fine dell'allenamento andammo negli spogliatoi, mi cambiai e tornai da mio fratello. Gli dissi che avevo bisogno di andare in bagno ma quando arrivammo lì mi resi conto che la fila era un po' più lunga di quanto mi sarei aspettata. "Vai in macchina fratellone, arrivo appena finisco qui" "Va bene, vado alla mia macchina, al nostro solito posto. Stai attenta. Se entro dieci minuti non sei alla macchina ti verrò personalmente a cercare portandoti in spalla fino alla macchina." Disse "Stai tranquillooo, non mi succederà nulla." Lui rispose con una voce serissima "Si ma stai attenta" disse come se avesse paura che potesse capitarmi qualcosa.
Lo vidi allontanarsi. Prima di uscire si girò per accertarsi che stessi bene. Mi fece l'occhiolino e con le labbra mimò "Dieci minuti" e poi uscì.
Erano passati cinque minuti e il bagno era finalmente libero. Una volta uscita mi avviai verso la porta ma qualcosa mi si piazzò davanti. O qualcuno. Era un disastro. Era quell'alcolizzato del mio ex. Mi guardava con aria furiosa, forse aveva bevuto o forse era semplicemente arrabbiato per il fatto che lo avessi lasciato qualche mese prima. Mi disse "Ti rovinerò la vita, non dovevi nemmeno provare a lasciarmi, sei una stupida." e mi spavento tantissimo, ma non potevo espormi così a lui perciò gli risposi a tono "Non provarci nemmeno per idea". Intuii dal suo sguardo che voleva tirarmi uno schiaffo, perciò mi abbassai e lo schivai, ma lui probabilmente era più pronto di me a quel momento perché mi calpestò il piede facendomi cadere a terra. Mi strinse i polsi cercando di trascinarmi in un'altra stanza, lontani da occhi indiscreti.
Mi scese qualche lacrima, avevo paura, non sapevo più che fare. Iniziai a muovermi cercando di liberarmi dalla sua presa un po' troppo stretta. Lo feci cadere a terra e riuscii ad uscire dalla palestra. Appena fuori mi fermai, lo vidi, mi voleva seguire, come l'ultima volta. Iniziai a correre con le lacrime che scorrevano lungo il mio viso. "Devi farti coraggio, una donna non piange mai" questo è quello che mi ripetevano. "Sii forte e non piangere" dicevano. Mi asciugai le lacrime cercando di restare concentrata. Analizzai la situazione. Il mio ex mi seguiva da ubriaco perché voleva picchiarmi, io stavo correndo e... giusto, mio fratello Noah era alla macchina.
Iniziai a correre verso di lui, lo vedevo in lontananza appoggiato al cofano della macchina. Non appena mi vide si raddrizzò subito. I nostri occhi si incrociarono e come se mi avesse letto il pensiero capì che c'era qualcosa che non andava. Mi venne vicino. Mi prese il viso tra le mani, mi guardò, mi asciugò le lacrime e subito disse " Mad cosa succede?" Non risposi, mi limitai a guardare verso il basso. Evidentemente lui capì perché quando rialzai lo sguardo vidi nei suoi occhi scattare una scintilla. Mi prese per mano, mi fece sedere in macchina e mi chiuse dentro. Lui iniziò a correre verso l'ingresso della palestra senza dirmi nulla, ma sapevo già che non sarebbe finita bene.
STAI LEGGENDO
Una coincidenza chiamata amore
RomanceEra un disastro. I progetti di una vita andati a rotoli. Era sola. Aveva finalmente capito quanto poco valesse per le persone. In quel momento però, non sapeva che la chiave per la felicità stava nell'amarsi prima che lo potessero fare gli altri. Se...