Capitolo V

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Dopo la notizia della serata che ci sarebbe aspettata più avanti passò il tempo previsto, seppur molto lentamente: il mondo intorno a me si muoveva a rallentatore e verso l'ora di cena si cristallizzò completamente.
Ero seduta in mezzo ad una decina di teste more e castane. Le loro urla si udivano in ogni punto della grande mensa. Ad ogni modo il cibo servito durante i pasti non era affatto male; quella sera mangiammo un piatto di spaghetti alla carbonara, rigorosamente cucinati da una cuoca italiana assunta da poco, e delle bistecche accompagnare da patate arrosto. Con tutto il cibo che preparava quella donna, difficilmente sarei uscita con lo stesso numero di chili di quando ero partita da quel campo estivo.

Essendo che avevo partecipato al turno di pulizia della mensa dopo il pranzo, questa volta sarebbe toccato ad altri quattro animatori: Vince, Alex, Maya e Sebastian, il ragazzo che interruppe il mio primo incontro con il biondino nella sala conferenze.
Passai il tempo rimanente prima del coprifuoco con alcuni bambini, con i quali giocai ad acchiapparella. Tra di loro era presente anche la piccola Maddie, che mi supplicò di raccontare la storia legata al mio nome anche al resto del gruppo.
Quando finii il racconto mi resi conto che mancavano pochi minuti alle dieci di sera; dopo quell'orario tutti i bimbi si sarebbero dovuti trovare all'interno delle loro stanze. Durante il percorso per accompagnarli incrociai Fred, che si offrì per scortare i maschi nella loro parte dei dormitori, poiché i bambini venivano divisi per genere per quanto riguardava le camere da letto.
L'organizzazione durante la notte era simile a quella dei pasti: ogni animatore sorvegliava una decina di bambini. Per quanto riguardava Connell, lui aveva una stanza riservata solamente a lui.

Aspettammo che tutti i bambini si addormentassero, il che portò via fin troppo tempo per i miei gusti. Il mio cellulare non accennava a smettere di suonare per via delle innumerevoli notifiche da parte degli altri animatori che purtroppo si trovavano nella mia stessa situazione. E dopo tanti "Quanto diamine ci mettono ad addormentarsi?", "Se fiatano li uccido" e "Questa è la buona volta che mi butto da un balcone" riuscimmo ad uscire dalle stanze e camminare verso il centro degli spettacoli, il quale si trovava in una costruzione posta in mezzo alla mensa e al falò, che si affacciava sul lago. Per arrivare al luogo prestabilito dovevamo passare davanti alla cabina del direttore, il che poteva suscitare qualche piccolo problema del tipo che, se mai ci avesse visto, non avrebbe esitato un ulteriore secondo a licenziarci e mandarci a casa.

Tutte noi ragazze ci trovammo fuori dai rispettivi dormitori, cosa che probabilmente avrebbero fatto anche i ragazzi. Le stanze ospitavano in totale dieci letti ed erano situate all'interno di strutture costruite in legno di pino dipinto di un bianco candido e decorate con rifiniture azzurro scuro. Di queste ce n'erano una ventina per le femmine ed altrettante per i maschi.
Quando giungemmo a destinazione i ragazzi erano già lì ad aspettarci; loro erano molto fortunati a non avere Connell attaccato. Avemmo appena il tempo di riprendere fiato per la corsa appena terminata che Margaret ci trascinò dentro l'edificio e ci fece accomodare sul palco.

«Molto bene.» Prese parola la ragazza in questione: «Che gioco volete fare? Qualche idea?».
Dalle bocche dei partecipanti cominciarono ad uscire nomi su nomi e, detto sinceramente, io conoscevo solo la metà dei giochi che stavano proponendo. Il tono di voce si alzò leggermente poiché i ragazzi cominciavano a scaldarsi a causa di una mancata collaborazione nel decidere il gioco e Maya tentò di riprenderci.
«Che ne dite di sette minuti in paradiso?». Propose la mia migliore amica. Le voci nella stanza si ammutolirono seduta stante e sopra di noi calò il silenzio.
Ci guardammo tutti negli occhi e annuimmo con decisione.

Ruby prese dei biglietti, un pennarello e un cappello. Scrisse ciascun nome su ogni pezzettino di carta, li ripiegò e li porse nel copricapo. Li mescolò per bene e ne pescò uno, aprendolo con estrema lentezza per gustarsi le nostre espressioni inquiete prima di pronunciare al alta voce il nome scelto, alzando il bigliettino per farlo leggere a tutti i presenti e dimostrare così di non star barando.
Sul foglio intravidi una scritta formata da un'inchiostro rosso e la calligrafia leggibile ma leggermente disordinata data la fretta della ragazza.
«Margaret.» La prescelta approvò, desiderosa di sapere con chi sarebbe finita a passare i seguenti sette minuti della serata.

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