Capitolo VII

21 5 2
                                    

Ad inquietarmi non furono solamente le parole pronunciate da Margaret, ma il modo in cui i suoi occhi si posarono sui miei con fare scrutatore. Rimasi senza parole: non sapevo come sarebbe finita la conversazione che stavamo per avere e la mente mi scoppiava a furia di cercare di intuire i discorsi che avrebbe condotto con me da lì a pochi secondi. Mi aveva chiesto di parlare: chissà cosa avrebbe voluto chiedermi; la mia testa non era in grado di tenere a freno le tante ipotesi che stavo formulando.

Annuii cercando di sembrare quanto più disinvolta possibile, ma con un nodo stretto che recava tormento alla mia gola. Non riuscivo a parlare, i pensieri si attorcigliavano alle mie corde vocali, rendendole incapaci di svolgere il loro compito primario: quello di emettere suoni.

«Daphne, noi due abbiamo legato fin da prima di iniziare a lavorare qui. Ci siamo divertite molto questa settimana ed è proprio per questo motivo che vorrei che tu fossi completamente sincera con me rispondendo alla domanda che ti porrò adesso.» La mia amica diede voce alle sue riflessioni più profonde, nascoste all'interno del suo cuore.
Era a disagio: lo percepivo dal suo sguardo basso; stava cercando in tutti i modi di evitare un qualsiasi contatto visivo e il motivo continuava a essermi completamente sconosciuto. Pensai che fossi rimasta in silenzio per troppo tempo perciò sfidai le impossibilità impostatami dal mio stesso corpo, dalla mia stessa mente.

«Margaret, lo sai che ti voglio bene. Nonostante ci siamo conosciute solo qualche giorno fa abbiamo passato talmente tanto tempo insieme che mi sembra di conoscerti da tutta la vita. Fai pure la tua domanda, e non avere paura, perché sarò sincera su questo come lo sono stata su tutto fino ad ora.»
La sentii sospirare. Si morse il labbro e da questo compresi che era in stato di ansia. Cosa mai avrebbe potuto chiedermi per stare così male in quel momento?

Stette in silenzio e io non la sollecitai in quanto potesse parlare solamente quando si fosse sentita pronta. Dopo un buon minuto vidi le sue labbra schiudersi, i suoi occhi fissarmi, la sentii sospirare ed udii il suono della sua voce sussurrare flebilmente una domanda che non mi sarei mai aspettata uscire dalla sua bocca:«Cosa c'è tra te e Alex?».

La mia bocca si spalancò talmente tanto che, se fossimo state in un'altra situazione, probabilmente avrebbe causato in Margaret una lunga e sonora risata. Purtroppo, però, le sue pupille erano scure e ancora incatenate alle mie e, notando che ancora non era arrivato un responso, mi incitò: «Coraggio Daph, non lasciarmi così! Ho visto quello che ha fatto durante la partita. Ti ha lanciato una maglietta, la sua maglietta! Non l'ha mai lanciata a nessuna! Neanche a me!».
«Ti piace?». Sentii fuoriuscire dalle mie labbra una domanda alla quale non avevo neanche pensato. Dovevo trovare un modo per togliermi da quel discorso e sviare in uno diverso, ma solo successivamente pensai che effettivamente la risposta al mio quesito mi interessava più di quanto credessi.

«Non rispondere alla mia domanda con un'altra domanda, Daphne. Cosa c'è tra di voi?». Ripeté lei, questa volta con un tono più diretto e conciso. Non sapevo cosa rispondere, perché non avevo idea di cosa fosse preso ad Alex durante la competizione. Tra di noi non c'era mai stato niente e poi se ne era uscito col lanciarmi la sua maglia da calcio! Ma di una cosa ero certa: a me Alexander Lemming non piaceva, non poteva piacermi.

«No, non c'è niente.» Sussurrai, nonostante fossi incerta dell'esito del mio pensiero.
«Come scusa?». Chiese lei, probabilmente perché non aveva inteso le mie parole da quanto furono pronunciate flebilmente.
«Non c'è niente!». Ripetei più forte: «A me non interessa Alex e a lui non interesso io. Non mi sembra così difficile da capire.»

La ragazza al mio fianco indietreggiò leggermente con il busto , lasciando che una lacrima cadesse sulla sua guancia abbronzata. Mi chiesi se non fossi stata troppo brusca da farla rimanere male. Lei non aveva colpa dopotutto, mi aveva solo fatto una domanda.
Cercai di addolcire il mio tono, diventato un po' duro dopo l'ultima frase, e mi permisi di rivolgerle la frase composta in precedenza, stavolta sotto forma di affermazione e non di interrogazione: «Ti piace.»
«Sì.» Ammise lei, abbassando il capo: «Non da molto in realtà. Ci conosciamo praticamente da tutta la vita. Ma ultimamente mi è stato molto accanto e ho iniziato a provare qualcosa di diverso nei suoi confronti.»
«In che senso ti sta molto accanto?». Ero curiosa di sapere quali fossero i segreti nascosti nell'anima della ragazza che sedeva al mio fianco.

Mantieni il segretoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora