Oh, the radio news reader chimes
Reporting Russian lullabies
She'll turn to me awake and ask, "Is everything alright?"
And, Lord
I wouldn't know where to start
La mattina del tre novembre il sole splende, insperato, sulla campagna irlandese, anticipato da un velo fitto di nebbia. Remus lo sa perché alle sette del mattino ha messo piede sul parquet gelato, nella piccola stanza dove dormiva da bambino. Si è vestito con i vestiti del giorno primo (e di quello prima, e di quello prima ancora) ed è uscito con un libro di Kerouac e le sigarette. Non ha svegliato Padfoot, acciambellato sul divano.
Come prima cosa viene sferzato dal vento che fa un tiro per lui, impreca al cielo bianco. Non vede oltre i due, tre metri, osteggiato da un muro bianco. Il silenzio è assordante e viene interrotto solo dai suoi passi sulle foglie secche, scandiscono la sua passeggiata verso il posto più vicino dove sedersi per leggere. Il bosco non sembra neanche più lo stesso ma non gli fa paura come quando era bambino, e credeva che dietro gli alberi si nascondessero i mostri più inquietanti e pericolosi. Sorride a se stesso, sedendosi a ridosso di una roccia. Dovrà cercare un bastone tra i rami caduti perché il fianco gli fa veramente troppo male e non può permetterselo, non nella situazione attuale.
Tenta di perdersi fra le pagine per qualche minuto: caccia indietro voci e immagini, ci sono solo lui e la Columbia di Kerouac. A quattordici anni aveva sognato di scrivere un romanzo, ad un certo punto della sua vita. Se ne vergognava non poco, circondato da ragazzini che volevano diventare Auror, cacciatori di creature magiche, guaritori... Scrivere è un'attività così babbana. Tra le pagine dell'Orfeo Emerso capisce si ricorda del perché di quel sogno: scrivere come leggere significa fuggire da qualche parte, estranea al mondo reale. Getta indietro la testa, osserva il bianco del cielo. Mangiami, gli chiede, mangiami in un sol boccone.
In lontananza si profila il rumore di un motore, forse due. Perplesso, Remus tende le orecchie e quando lo sente farsi più vicino, ripiega in casa più in fretta che può. Raccoglie un bastone per la strada come si era detto e fa la strada a ritroso, rientrando dalla porta sul retro. Due fanali si fanno strada nello spazio davanti alla staccionata, all'ingresso.
Subito oltre l'entrata secondaria c'è un piccolo ripostiglio dentro cui Remus viene trascinato da due braccia. Sirius lo trae a sé e gli fa segno di stare in silenzio. Indossa i suoi vestiti di quando aveva sedici, forse diciassette. Gli stanno decisamente grandi. Gli fa impressione averlo così vicino e non riuscire a respirare il suo odore, bensì il proprio.
All'ingresso Lyall ha aperto la porta ad un uomo dalla voce vivace e un ragazzo, dal timbro più acuto. La conversazione risuona nella casa apparentemente vuota, un cordiale "buongiorno" e i consueti convenevoli. Remus cerca di ricordare la voce dell'uomo più anziano che gli è decisamente familiare.
«Grazie per la macchina, Charles. Spero non ti abbia dato filo da torcere.»
«Oh, no, no. Mi è bastato sostituire la candela di accensione, un gioco da ragazzi. Vero, Michael?»
«Già,» taglia corto quello che potrebbe essere il figlio.
Remus adesso si ricorda: Charles è l'unico meccanico di Glencree e dintorni. Quando lui era un bambino, l'uomo accompagnava in macchina il parroco a fare le benedizioni domenicali. Remus lo detestava perché suonava il campanello a lungo, ad un orario sempre troppo vicino alle otto del mattino. Per anni aveva cercato di convincere i genitori a non rispondere più, nella speranza che smettesse. I suoi però volevano essere accoglienti e disponibili per quanto possibile, vista la sua condizione che li costringeva a stargli costantemente vicino e lontano dalle altre persone.
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Wasteland, baby - a Wolfstar long fiction
FanficNovembre, 1981. Dopo la presunta morte di Peter, Remus ha un solo obiettivo: tenere il più possibile Sirius lontano e nascosto dai Dissennatori. Impauriti e sollevati insieme, si nascondono in una cascina nella campagna dell'Irlanda dell'est. In una...