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-"Che vuoi?!" Lo guardai esterrefatta. "Vai a raccontare tutto al tuo papino da due soldi? Cosi mi mette in galera?"

Mi sentii schiacciata dalla sua muscolatura imponente. Sembrava un colosso nonostante avessimo circa 5 centimetri di differenza.

La tensione divampò nei respiri di ogni persona che assistiva alla scena.

Nessuno aveva mai provocato Wright così.

Ma a me, della dittatura di quel ricco figlio di papà, fregava poco.

Era solo interesse fisico, un'attrazione inspiegabile, che ci attirava come magneti.

Nient'altro.

Queste parole rimbombavano nella testa come un eco assordante, e non potevo farne a meno per tranquillizzarmi.

Mi graffiava fino all'ultimo angolo del cervello.

Ci accoltellavamo con gli sguardi.

I suoi occhi minacciosi laceravano la pelle, lasciandomi nuda.

Era come se avesse trovato il lato oscuro della mia mente, e lo avesse analizzato perfettamente nei minimi dettagli.

Cos'era quella sensazione?!

Ma sopratutto, chi è questo diciannovenne che fa sbocciare i bozzoli del mio stomaco in farfalle chiare e limpide come la rugiada?

-"Non lo dirò, però ad una condizione." I suoi occhi verdi erano giocosi e la mascella contratta. Le braccia conserte.

"Accetto tutto."

"Sicura, moretta? Dopo non si torna più indietro."

Il suo sorriso fu l'ultima cosa che vidi quella sera.

SIGRID
La sveglia suonò.

Bofonchiai nervosa e mi alzai dal letto, maledicendo persino il Maine Coon grigiato dagli occhi alabastro dei vicini.

Chi me l'ha fatta fare sta vita? Pensai, strofinandomi gli occhi e alzandomi dal letto come se fossi un bradipo. Ma proprio, chi cazzo ha inventato la mattina?!

-"Ah, buongiorno principessa!!" Una voce tremendamente familiare mi sfondò le orecchie.

Era molto paragonabile ad una canzone Heavy Metal sparata a tutto volume nelle cuffiette.

Perché doveva urlare di prima mattina? Ma soprattutto con che voglia si alzava di mattina e urlava manco fossimo ad un concerto?!

Mia sorella si trovava davanti al mio letto, con le braccia sui fianchi e la gamba destra piegata.

Con le dita ticchettava il suo fianco, in attesa del mio risveglio.

Sbadigliò frettolosa e guardò l'ora dall'Apple Watch.

Per fortuna abitavamo in una casa abbastanza grande, quindi niente rompimenti dei vicini di appartamento lamentosi e loquaci.

Vivevamo nella parte ricca di Seattle, quindi tutti loro si facevano gli affari propri senza lamentarsi.

La casa Moore viene reputata "La Villa Dei Sogni", con i suoi colori bianchi come il latte appena munto dove crescono, nonostante sia ben curata, delle piccole edere che rendono il tutto un po' più misterioso.

Amavo il silenzio del giardino enorme, ricoperto da cespuglietti ed alberelli radicati ovunque.

Il ciò veniva potato ogni due settimane da Blake, il giardiniere, e ci faceva ricordare gli episodi d'infanzia nostri.

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