Prologo

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Pioveva all'esterno, il rumore ritmico della pioggia sul terreno si era fatto così tanto forte con il passare del tempo che sembrava come che qualcuno stesse suonando una batteria, e il bambino stava cercando di concentrarsi solo e soltanto su quello e non sullo scenario macabro che aveva difronte. La cosa però non era per niente facile visto quanto sangue era presente non solo per terra ma anche dalle ferite aperte di tutti gli altri bambini li presenti. Quel sangue che lo stava letteralmente facendo uscire fuori di testa. Aveva sempre avvertito quella voglia irrefrenabile di fiondarsi su qualunque goccia di sangue vedesse e le cose erano peggiorate quando si era ritrovato in quel posto, rinchiuso insieme ad altri bambini proprio come lui senza poter mangiare niente. Era quello che aveva notato scatenava la loro rabbia quando poi si trovavano uno contro l'altro al centro di quella struttura completamente in cemento e senza finestre, sarebbero stati nel buio più completo se solo non ci fossero state delle luci al neon ad illuminare in modo ancora più macabro tutto il posto. Rabbia che li portava a combattere l'uno contro l'altro ferendosi anche gravemente. E loro ridevano.

Loro ridevano come se non si stessero uccidendo per la fame ma come se stessero giocando tra loro a fare finta di fare i lottatori. Loro però non lo erano veramente dei lottatori, erano solo bambini che erano nati dalle persone sbagliate. E quelle stesse persone in quel momento si stavano divertendo con loro.

Gabriel non ne poteva più. Era stremato, stanco e soprattutto pieno di tagli e sangue rappreso che aveva una voglia matta di pulirsi ma non poteva farlo. Da quando ne aveva ricordo era rinchiuso li insieme ad altri bambini proprio come lui e l'unica cosa che dovevano fare era letteralmente combattere tra di loro fino a quando il proprio avversario non moriva. Gabriel era stato fortunato, era riuscito a sopravvivere abbastanza da arrivare a compiere dieci anni. O almeno dieci anni approssimativamente doveva averne visto che non lo sapeva e lo aveva pensato solo e soltanto perché ogni due anni venivano spostati in un diverso gruppo, sempre che non fossero morti tutti a parte uno, e Gabriel ne aveva contati cinque.

Aveva paura il bambino, paura di morire principalmente perché era stremato. Era riuscito a vincere tutti gli incontri che aveva affrontato fino a quel momento ma era arrivato al suo limite e di certo sarebbe morto ucciso da un altro dei bambini li presenti. Non capiva davvero perché fosse toccato a lui essere in quel posto con quella gente che lo voleva morto ma non aveva le forze per fare niente.

Gli passarono davanti agli occhi quelli che erano i volti di tutti i bambini che aveva ucciso prima mentre uno degli uomini vestiti in rosso lo prendeva per un braccio e lo trascinava verso il centro dell'arena dove si era appena consumata un'altra battaglia e il bambino vincitore di quella lo stava già guardando come se fosse la sua prossima preda.

Gabriel venne scaraventato a terra con forza e per sbaglio assaggiò un po' di sangue ancora fresco presente ai suoi piedi: la sua fame e i suoi sensi aumentarono drasticamente e riuscì a sentire alcuni uomini in nero ridacchiare mentre cercava di mettersi in piedi sulle gambe doloranti.

La pioggia stava ancora scendendo ritmicamente e il bambino usò quella per calmarsi e alzarsi con molta calma dal pavimento duro e osservare il suo avversario con la consapevolezza che quello sarebbe stato l'ultimo volto che avrebbe osservato.

Il bambino che aveva difronte era poco più grande di lui, lo aveva sempre visto passare prima nel nuovo gruppo ed era anche uno di quelli che sopravvivevano sempre cosa che gli faceva dire ancora di più che non ce l'avrebbe fatta.

Gabriel chiuse gli occhi continuando a concentrarsi sulla pioggia proprio nell'esatto momento in cui urla terrorizzate invadevano l'area.

Il vampiro e il cacciatoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora