Capitolo 1 - L'ombrello

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Geneviève 

La sveglia suona allo stesso orario. Fuori dalla finestra il sole sta appena sorgendo. Mi stiracchio, prendo il completino sportivo che avevo preparato la sera prima e lo indosso. Srotolo il tappetino rosa da yoga e mi siedo sopra a gambe incrociate, inizio il mio abitudinale stretching mattutino. 

Finita la sessione di stretching, mi tuffo sotto la doccia e mi preparo per andare all'università. Aprendo l'applicazione del meteo, mi accorgo che fuori si gela quindi decido di indossare un maglione bianco molto pesante e spesso, e un pantalone bordeaux di velluto a vita alta. Ai piedi, i miei adorati e comodi anfibi neri. Metto le ultime cose nella borsa, indosso il cappotto nero e esco di casa. Una folata di vento gelido mi colpisce non appena metto un piede fuori dal portone di casa e mi costringe a stringermi nel mio caldo cappotto. Dopo circa dieci minuti di camminata, arrivo finalmente alla sede della mia facoltà. 

"Ciao Vivie!", Deborah mi avvolge in un caldo abbraccio e mi porge un caffè fumante. 

"Buongiorno Debbie, grazie per il caffè mi ci voleva - prendo un sorso di caffè arricciando il naso subito dopo, è davvero caldo! - in che aula siamo?", chiedo alla mia collega che già ha il naso all'insù verso i grandi schermi all'ingresso. 

"Se avete letteratura francese, l'aula è la 302", una voce per niente femminile e per niente appartenente alla mia amica risponde alla mia domanda. Conosco bene questa voce, ma voltandomi quasi non riconosco la persona a cui appartiene. Lui è sempre lui, come i suoi capelli rossi sono ancora rossi, ma adesso sono più corti e ordinati; il suo abbigliamento ribelle ha lasciato spazio ad un abbigliamento classico, jeans nero, maglioncino grigio e un cappotto lungo di pelle. Ha la faccia liscia, appena sbarbata. 

"Si, abbiamo letteratura francese. Anche tu?", è evidente che Debbie non l'abbia riconosciuto, anche perché l'ha visto una sola volta ed era totalmente diverso. 

"Sì, anche io. Che maleducato, non mi sono presentato - tende la mano prima alla mia collega e poi a me - piacere Maverick", e mi fissa con un sorrido a trentadue denti. 

Deborah rimane con la bocca aperta quando realizza cosa è appena successo, si gira verso di me trovandomi con la sessa espressione. 

"Quel Maverick?", si sussurra, io annuisco ancora incredula. 


"E questo è il motivo per cui il terremoto di Lisbona è importante per Voltaire - sono seduta tra il sosia buono di Maverick e Debbie, durante la lezione sono entrata spesso in un loop infinito di pensieri e smettevo di scrivere. Cosa sta combinando il ragazzo accanto a me? - ci prendiamo una pausa di quindici minuti circa e poi riprendiamo con Rousseau. Prendetevi un buon caffè, vi voglio attivi!", il professore ci concede la pausa a metà lezione e deciso di approfittarne per capire cosa frulla nella testa a Maverick. Non appena usciamo dall'aula, lo afferro per un braccio e lo porto in un angolo. 

"Mi spieghi che stai combinando?", gli chiedo, puntando i miei occhi nei suoi. 

"Non capisco di cosa tu stia parlando", risponde vago, facendo spallucce. 

"No? Cos'è questa messa in scena?", incrocio le braccia sotto il seno e sposto il peso su una gamba sola.

"Ti avevo detto che ti avrei riconquistato, avremmo ricominciato. Eccomi, in una versione nuova e pulita di me", dice, indicandosi alla fine. 

"Non mi riconquisterai con un cambio d'abito e un nuovo taglio di capelli. Non ti voglio cambiare e non ti voglio cambiato"

"Ma voglio farlo - ora è serio e i suoi occhi verdi foresta mi penetrano fino all'anima - voglio essere migliore per me, per te, per noi. Lasciami fare, okay - non aspetta una reale risposta, gira i tacchi e si dirige verso la macchina automatica del caffè e si volta dopo aver già inserito due monete - caffè con cioccolato?", scuoto la testa, ma non posso far altro che sorridere. Voglio vedere fino a che punto si spinge. 


"Finalmente fuori", sospiro sommessamente. Oggi è stata una giornata pesante e in più ha iniziato a piovere. Infilo la mano nella borsa per cercare il mio piccolo ombrello; l'ansia sale quando non riesco a trovarlo e un'immagine chiara del mio ombrello sopra la mia scrivania mi passa nella mente. "Oh, merda! Di nuovo"

"Che succede?", vengo raggiunta da Maverick e un'ombra mi circonda la testa. 

"Ho dimenticato l'ombrello, come sempre, proprio oggi che mi serve. Ei, ma aspetta - alzo gli occhi verso l'alto - da quando tu hai un ombrello?", l'ombra sopra la mia testa è un ampio ombrello rosso, da raggi metallizzati. 

"Sapevo che l'avresti dimenticato. Ti conosco molto bene ormai - mi sorride beffardo - ti accompagno", mi spinge leggermente con la mano dietro alla schiena. 

"Ti ringrazio - mi divincolo con gentilezza dalla sua stretta - posso andare da sola"

"Non hai l'ombrello, ti bagnerai", mi stringe un po' di più a sé. 

"Hai ragione - rifletto un attimo, poi afferro il manico dell'ombrello e lo stringo fra le mani - grazie per avermi prestato l'ombrello, te lo riporto domani. Ciao!", lo lascio lì impalato, non se lo aspettava. Lo sento ridacchiare, mi sa che, in realtà, si aspettava anche questo.


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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 02 ⏰

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