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Sono una ragazza fortunata, credo.

Ho molti amici, abito nel quartiere più bello dell' isola e la mia famiglia viene scelta per il Tributo da generazioni.
La fortuna è sempre stata una costante nella mia vita, o per la maggior parte di essa. Non è rara qui, da generazioni non succede nulla di strano, grazie all' equilibrio che ci concedono gli dei.

Ma la fortuna non si merita, capita.
Io tutto questo non me lo meritavo. Nessuno se lo merita.

A Vorsaden, si capisce da piccoli che i privilegi, a volte, si trasformano in un prezzo da pagare, come un crudele capriccio del destino. Non siamo altro che seguaci del mare, che ci ha protetto dal mondo esterno per migliaia di anni. Pochissimi stranieri sono riusciti ad arrivare, e non li ha accolti un destino particolarmente invidiabile. Le nostre vite e le direzioni che prendono le dobbiamo al mare, così ci insegnano nell'unica scuola dell' isola.

A noi ragazze insegnano ad essere Doni, ubbidienti e riconoscenti, mentre i ragazzi vengono allevati per essere Donatori, che fanno il loro dovere freddamente, senza guardare in faccia a nessuno, e soprattutto senza esprimere rimorso.

Il sole scottava sulla mia pelle, quella mattina di giugno. Ero un altro puntino insignificante in mezzo alla folla di centinaia di ragazze e ragazzi della mia età, aspettavo il treno che mi avrebbe portata dall' altra parte dell' isola, dove le coste sono alte e rocciose e gli unici abitanti siamo noi allievi, gli Insegnanti e gli Anziani.

«Ricordati, Marena. Hai questo nome per un motivo» Disse mia madre, fissando i ricci rossi che mi cadevano intorno al viso. Li provò ad aggiustare, ma le sue mani erano incerte e attente, come se i miei capelli fossero di fuoco.

Sono l'unica qui a Vorsaden ad avere i capelli rossi. Mio padre era uno straniero, un marinaio giunto sull' isola per errore, si è innamorato di mia madre, l'errore più grande della sua vita. Li ho ereditati da lui.

Il mio nome mi è stato dato con due intenti diversi. Mio padre voleva ricordarmi che sono libera come le onde del mare, che posso cambiare forma continuamente senza mai perdere il mio valore. Mia madre voleva semplicemente che un giorno accettassi di appartenere alle acque che circondano la mia terra, rinunciando alla mia identità e tutto quello che ho per il bene comune.

«Sei pronta a raggiungere Agatha?»
Mi incoraggiò il compagno di mia madre con una pacca sulla spalla.
Era sempre falsamente orgoglioso della sua figlia perfetta, la personificazione di una profezia avverata. Non sto parlando di me, ovviamente, ma della sua vera figlia, la mia sorella maggiore.

Io sono lo spregevole risultato di una relazione proibita di mia madre con un vagabondo, e sembra che il passatempo preferito di mezza isola sia ricordarmelo continuamente.

Rabbrividii al ricordo di mia sorella e quanto mi mancava. Non risposi, anche se speravo di essere scelta come una dei tre Doni. Volevo rincontrare Agatha e tutte le altre ragazze che ora vivono nel mare.

«Marena? Dove vai? Non andare via» Disse mio fratello minore Theo.

«Non fare domande stupide, Theo. Sai benissimo dove sta andando.» Disse in fretta mia madre, cercando di placare la mente curiosa del dodicenne.
Qui a Vorsaden chi non sa, chi non capisce o si fa troppe domande è scomodo, un peso inutile che minaccia di affondare l'isola.

«Ma io non voglio che vada via come Agatha.» Disse sottovoce il ragazzino, guardando il pavimento per paura di essere sgridato. I suoi occhi tristi mi ricordavano i miei, anni prima.

«Non preoccuparti Theo, ci rivedremo comunque prima del Tributo»
Lo rassicurai. Non sembrava convinto, ma doveva accettarlo come tutti prima di lui.
«Ci vediamo, Mari.» Il ragazzino salì di nuovo sulla sua bicicletta e sparì tra le vie strette di Eldertide, per evitare di vedere la mia partenza.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 05 ⏰

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