07. Vicinanza.

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Sono pochi i momenti in cui una persona riesce ad essere spensierata, e quella mattina, é una di quei momenti. Per entrambi. Sì perché Simone sta camminando avanti ed indietro per la sua stanza come una trottola, non smette di sorridere e di ascoltare musica attraverso le cuffie. Sta preparando lo zaino immaginandosi una mattina spensierata, o così la immagina, pensando a quanto avvenuto negli ultimi giorni. Specialmente il giorno prima. Difficile dimenticare la sensazione, sopratutto per lui, che nonostante paure e dubbi, alla fine ha deciso di lasciarsi andare. E non potrebbe esserne più felice.
Continua a sistemare i libri, dondolando con la testa pensando e ripensando  tanto che non si accorge nemmeno della presenza di suo padre, che lo osserva dalla porta con un sorriso strano, ed le braccia conserte.
Solo quando si volta di scatto Simone, per prendere l'ultimo libro, allora si accorge della presenza di suo padre e sussulta, togliendosi le cuffie.

"Pà. Non mi ero accorto fossi qui."
"Si, beh. Non è che abbiamo molti modi per parlare, oramai. Stai sempre fuori."
"Sembra quasi che ti dispiace."
"Nono. Figurati, sono contento che tu ti stia facendo una vita. Ed un po' dispiaciuto che non me ne parli."
"Ma non c'è molto di cui parlare. Esco, mi alleno, parlo."
"Mh. Quindi quel sorriso è perché esci, ti alleni e parli?"
Lo sapeva che tanto presto o tardi un discorso sarebbe arrivato, ma voleva affrontarlo lui una volta pronto. Non che voglia mentire a Dante, ma Simone ha i suoi ritmi, ed il suo tempo per tutto. Comunque, non l'avrebbe escluso, questo mai.
"Se mi fai queste domande sai benissimo la risposta."
Gli risponde quindi, mettendo lo zaino dietro le spalle. Loro alla fine sono così: si parlano, senza effettivamente dirsi tutto. Simone capisce suo padre dagli occhi, e Dante capisce Simone dagli atteggiamenti. Alla fine hanno un modo tutto loro di comunicare.
"Posso almeno chiederti se sei felice?"
"Si. Adesso sono felice" gli risponde onesto, uscendo dalla stanza ma non prima di avergli sorriso ed avergli dato una pacca sulla spalla.

"Ah, papà. Una cosa." esclama infine, voltandosi a guardarlo. "Puoi evitare di smettere di dire a tutti che sono gay? Ho capito che ti sta bene e ne sei fiero, e sono contento di questo, però sai .. non mi sarebbe dispiaciuto poterlo dire io personalmente, magari al momento giusto o alla persona giusta." ed alza le spalle, allontanandosi per andare a scuola. Dante rimane in silenzio, annuendo. E non è la prima volta che glielo dice. Imparerà mai?

——

Da tutta altra parte, invece, Mimmo è intento a fare colazione, guardandosi intorno. Non si è mai sofferto molto sugli altri carcerati, forse perché per quanto abbia sbagliato nella vita, non si sente uno di loro. Sospira, osservando un uomo sulla cinquantina pieno di tatuaggi e gli viene da domandarsi se l'apparenza può ingannare oppure no. Chissà che reato avrà commesso, se l'hanno perdonato, se è grave, se ha famiglia. Dopotutto solo adesso comincia a pensare che ognuno di loro ha una vita, perfino lui. Una vita che non ha mai vissuto, o almeno, una vita che non ha mai valso la pena essere vissuta. Intento a pensare e ripensare, tanto che nemmeno ha toccato la colazione - ad un certo punto una guardia si avvicina a lui, serio come non mai. Non che di consueto le guardie non siano serie ma mette abbastanza ansia comunque.

"Domenico Bruni?"
"Ja, che volete?"
"Vieni con me."

E già questo non preannuncia affatto niente di buono. Niente / niente di buono /. In silenzio Mimmo si alza, sperando che non sia accaduto niente di grave. Sperando che non sia qualche gioco strano di Molosso, che non voglia metterlo in mezzo a situazioni peggiori rispetto a quelle dove già si è ritrovato.
"Il tuo compagno di cella, Molosso, é stato spostato in un altro carcere di massima sicurezza. Attentato di omicidio verso sua moglie."
"Chist piezz e mmerda.." si limita a commentare, pensando al perché poi non si è più toccato l'argomento dopo tanti giorni. "E mo? Che accade mo?"
"Verrai trasferito in un'altra cella. Con un compagno."
"Non ho capito." e non è cattiveria: non ha capito. Che sta accadendo quella mattina? Molosso è stato mandato via e lui? Che fine farà lui?
"Avrai un nuovo compagno di cella. Cosa non ti è chiaro?"
"Tutto cá? Avrò un nuovo compagno di cella e basta? Chillu strunz, non ci posso credere .. cioè .. ma davvero tutto cá?"
Nemmeno ottiene una risposta, viene lasciato da solo in mezzo al corridoio.
Mimmo osserva la vecchia cella ora vuota, guardandosi poi intorno con fare confuso. Possibile che veramente sia andata così? Molosso se ne è andato e lui non deve più temere? Esiste davvero la fortuna? Gli sembra tutto così assurdo. Come ogni volta che è pensieroso, si mette una mano fra i capelli, portandoseli indietro.
"E smettila, che sembri nu ricchion", gli commenta un detenuto mentre gli passa accanto. Solo questa frase lo fa tornare alla realtà, facendogli inclinare la testa di lato.
"In effetti, tengo nu bell ricchion da vedere .."

Ma io non voglio stare lontano da te.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora