1. Un giorno di pioggia a New York

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Soundtrack — Welcome to New York,
Taylor Swift

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Non sono mai stata così distratta a lezione. Ed è Relazioni Internazionali, la mia materia preferita del semestre. Le parole sui miei appunti cominciano a sfocarsi e a danzare tra le righe, ma non credo sia dovuto alla stanchezza.

Sono più che sicura che tutto dipenda dall'incertezza che domina completamente la mia vita.

La verità è che ho troppi pensieri per la testa. Troppe cose che voglio fare, ma per cui non trovo l'occasione giusta. Anche se sono soltanto al primo anno di università, so già cosa voglio fare dopo. L'ho sempre saputo. Completare la laurea in Scienze Politiche e poi ottenere una borsa di studio per studiare giornalismo alla Columbia.

Diventare giornalista è il sogno dei miei sogni. Avere la possibilità di fare la differenza, e farla davvero. Edmund Burke parlava della stampa come del quarto potere. Ed io sono totalmente d'accordo.

Non sono solita scendere in piazza e manifestare contro qualcosa, ma se vedo che esiste un male nel mondo da estirpare preferisco usare carta e penna. A volte prendere una posizione equilibrata e far capire con le parole dove sta il problema è più importante dell'agire attivamente.

L'unico piccolo problema è che, ormai, i giornali stanno morendo e la stampa li sta quasi seguendo a ruota.

Certo, ci sono le testate online. Ma la gente ha perso l'abitudine di comprare il giornale, di sfogliarne le pagine ingiallite. E il mio sogno è strettamente collegato all'idea di lavorare in una redazione che profumi di caffè e carta vecchia, con una scrivania su cui lavorare e articoli da scrivere.

E, come se non bastasse, la gente sembra ignorare le cose veramente importanti. Vogliono vedere soltanto ciò che è bello, sapere quale sia la spiaggia dell'anno per organizzare un viaggio in estate, conoscere le tendenze dell'alta moda, restare aggiornate su tutto ciò che riguarda le stelle del cinema o sapere chi ha vinto l'ultimo torneo di Wimbledon.

E non ci sarebbe nulla di male in questo, l'informazione è informazione sempre. Ma queste notizie oscurano la fame nel mondo, le guerre e il dolore.

Oppure, forse, è semplicemente la gente di New York che ha quest'ottica distorta del mondo.

Sento il telefono vibrare. È un messaggio di mio fratello.

Merda.

Gli avevo promesso che sarei andata a prenderlo a lavoro? Sì.

Me ne sono completamente dimenticata? Assolutamente sì.

A mia discolpa, la lezione è stata veramente interessante. Almeno finché non mi sono distratta perdendo il filo del discorso.

Rispondo velocemente ad Alex e butto il quadernino nella borsa. Corro per i corridoi deserti dell'università, dato che sono quasi le sei e o non ci sono più lezioni oppure tutti stanno per concludere l'ultima della giornata. Mentre passo dalla facoltà di Letteratura, mi sembra di correre per il Louvre come nel film 'The dreamers'; ci sono le stesse statue bianche e quasi lo stesso pavimento.

Quando esco, mi accorgo che sta piovendo ed io non ho l'ombrello.
Un grande classico qui a New York.

È una pioggerellina sottile ma fitta, che entra in ogni più piccola fessura del giubbotto di pelle facendomi quasi rabbrividire. Per fortuna l'auto è nel parcheggio dedicato agli studenti, ma quando mi metto al volante sono comunque tutta bagnata e infreddolita.

Amo New York in autunno, con le giornate uggiose e i primi maglioncini, ma la mia è proprio sfortuna. Almeno, il lavoro di Alex non è molto distante, quindi posso già sognare il momento in cui metterò piede in casa e mi preparerò una bella tazza di tè bollente.

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