Prologo

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Ogni nostro gesto è un atto di guerra.
Ogni nostra azione quotidiana è una
forma di guerra che esercitiamo contro
qualcuno o qualcosa.

Oriana Fallaci









Maddox pov

Passato 12 anni fa

È la vigilia di natale, un giorno speciale per la maggior parte delle famiglie, per tutti in realtà, ma non per me.

Non per noi.

Non quando in soggiorno non hai un albero enorme pieno di decorazioni o una marea di regali che aspettano solo di essere scartati, oppure di riempirti di cibo fino a stare male.

Ma andava bene così, mi bastava la mia famiglia.

Con loro sarei felice anche di stare in un deserto senza nulla intorno.

Afferrai le posate dal cassetto della cucina, correndo verso la sala da pranzo. Nella cucina c'era un incredibile odore di pizza cucinata da mia mamma, la mia preferita.

Non potevamo permetterci regali, decorazioni o cibo abbondante, ma una serata in famiglia con un trancio di pizza ciascuno e un film natalizio preso in prestito, valeva più di qualsiasi altra cosa.

Non ho avuto un infanzia come un qualsiasi bambino di sette anni con biciclette, giocattoli o animali domestici. Preferivo aiutare i miei genitori al lavoro, anziché andare fuori in cortile.

Questo purtroppo succede quando vivi in una delle città più malfamate di Boston.

Bastava un soffio e le case sarebbero potute anche cadere a terra, frantumandosi in mille pezzi con noi dentro.

Diedi un veloce sguardo alla mia sorellina, che dormiva beata nella sua piccola culla, che avevamo spostato temporaneamente in salotto, per colpa della umidità in camera dei miei.

«Tesoro, hai apparecchiato la tavola?» chiese dolcemente mia madre, mentre sfornava la pizza per metterla nei piatti e mio padre cercava di inserire il dvd nella nostra minuscola televisione. Annuì freneticamente, avvertendo l'acquolina in bocca, non vedendo l'ora di mangiare.

«Ecco, ci sono riuscito!» urlò mio padre soddisfatto.

«Shh! La bambina sta dormendo.» mia madre aveva il volto stanco e trascurato, sicuramente per i turni in più che faceva al lavoro, permettendomi di andare a scuola e avere qualche vestito nuovo, e non le solite magliette bucate.

«Scusami.» le lasciò un bacio sulla bocca, ricevendo un verso di disgusto da parte mia. Entrambi risero e finalmente ci sedemmo a tavola.

Feci per afferrare il trancio di pizza, ma mia madre mi spostò il piatto.

«Prima ringraziamo e poi mangiamo.» mi ammonì dolcemente, così afferrai la mano sua e quella di papà.

«Bene, oggi siamo qui pe-» mio padre venne interrotto da un violento bussare alla porta che mi fece sobbalzare.

Mia madre guardò preoccupata mio padre, quest'ultimo deglutì e fece un cenno con la testa verso di me, alzandosi poi dalla sedia per andare verso la porta.

«Tesoro, vai a controllare se tua sorella stia ancora dormendo.» le mani le tremavano e il suo volto impallidì tutt'un tratto. Io annuì semplicemente, correndo verso la piccola culla.

«Dove cazzo sono i miei soldi, Johnson?!» urlò una voce sconosciuta appena mio padre aprì la porta.

Soldi? Chi era questo uomo?

Feci finta di niente e accarezzai la mano soffice della neonata, mentre sentì i passi di altre persone entrare in casa.

«A-al momento non l-li ho.» balbettò impaurito mio padre, ma l'uomo sconosciuto si mise a ridere in modo isterico.

Non volevo girarmi, non ne avevo il coraggio, soprattutto quando sentì un rumore di ferro strusciare sul pantalone dell'uomo.

«Chiederò per l'ultima volta, forse avrò sentito male.» capì che l'uomo aveva una pistola, una pistola carica.

Mia sorella aprì i suoi occhioni assonati ed io le sorrisi.

Poi uno sparo.

«Cazzo, smettetela! Ho detto che non li ho!»

Mi girai di scatto e avrei voluto non averlo fatto mai.

Il corpo di mia madre disteso in una pozza di sangue.

Respirava a fatica e una grossa chiazza di sangue si ingrandì sulla sua maglietta bianca all'altezza dello stomaco. Le lacrime presero a scorrermi sul viso e mia sorella iniziò a piangere.

Feci per andare nella direzione di mamma, ma scosse la testa in segno di diniego, mentre manteneva la mano sulla ferita.

Portai nuovamente l'attenzione su mia sorella, cercando in tutti i modi di calmarla.

«Avevi detto che i soldi li avrei riavuti subito, ma è passato un mese! Un mese, cazzo! Lurido pezzente!» e ci fu un altro sparo.

Mi asciugai le lacrime, tirando su col naso.

«Andrà tutto bene.» sussurrai alla mia sorellina.

«Madeline!» mio padre urlò il nome di mia madre, afferrando probabilmente il suo corpo inerme senza vita.

«Che cazzo hai fatto? Perché l'hai uccisa?!» urlò.

Mi girai di nuovo.

L'uomo sconosciuto mi dava le spalle, così come gli altri suoi uomini.

Afferrò mio padre dal collo ed estrasse un coltello con la lama affilata.

Mio padre annaspò, in cerca d'aria.

Mi avvicinai a loro senza pensarci, spingendo bruscamente i suoi uomini e proprio nel momento in cui l'uomo sconosciuto tentò di colpire l'uomo che ha fatto tanto per me con la lama, mi posizionai davanti a mio padre.

Un bruciore misto al dolore.

Riuscivo a sentire solo quello.

Mi portai una mano all'occhio che non riuscivo ad aprire, sentendo qualcosa di caldo colarmi lungo tutta la faccia.

Non vidi più niente.

La testa girava, i suoni si fecero ovattati.

Riuscii solo a sentire l'uomo imprecare, urlando di scappare e il suono delle sirene, prima di svenire accanto al corpo di mia madre.

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