1- Royal Academy

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Nella vita non bisogna mai perdere la speranza di credere e soprattutto mai
smettere di sognare.
Susan Randall











Isabelle pov



1.

Presente

Osservavo le goccioline di pioggia scendere velocemente sul finestrino dell'auto, mentre avevo la testa appoggiata ad esso e mi perdevo nei miei pensieri.

Avevo appena abbandonato New York, il mio ragazzo e la mia migliore amica, ma soprattutto avevo abbandonato la casa in cui avevo tutti i miei ricordi con mia mamma, tutti i ricordi più felici che avevo con lei.

Erano passati solo tre mesi dalla sua morte e la ferita che mi aveva lasciato quella notte era ancora fresca.

Chiusi gli occhi, deglutendo il groppo che mi si era formato in gola pensando a lei.

La sua morte aveva scombussolato molto me e mio padre, anche se quest'ultimo cerca di non darlo molto a vedere.

Ci stavamo trasferendo a Boston, per un motivo a me quasi ignoto.

Quasi un mese fa mio padre entrò di soppiatto in camera mia, con il viso pallido ricoperto di sudore e l'aria sconvolta, mi avvisava che saremo partiti tra meno di un mese. Mi disse semplicemente che non riusciva più a vivere in quella casa, con i ricordi di mamma che lo tormentavano ogni volta.

Così accettai senza replicare, anche perché non mi diede modo di farlo, ne tantomeno mi chiese se per me andasse bene.

Ma andava bene così, se lui era felice, lo sarei stata anche io.

Quindi eccomi qui, in assoluto silenzio in macchina con mio padre.

Gli diedi uno sguardo veloce, mentre mi stringevo nel mio cappotto.

Aveva i suoi soliti vestiti eleganti, i capelli castani, con qualche ciocca grigiastra, sempre perfettamente in ordine, così come la sua barba da poco accorciata e il viso curato. I suoi occhi marroni erano concentrati sulla strada e nel mentre aveva appena smesso di piovere.

Pensai a come sarà la mia nuova vita.

***

«Siamo arrivati, tesoro.»

La sua voce mi riportò nel mondo dei vivi. Non me ne ero resa conto, ma mio padre aveva appena parcheggiato difronte a una grandissima Villa.

Onestamente non mi sorprendevo più per le scelte di mio padre verse le case che sceglieva, anche se non capivo del perché le prendesse sempre così grandi se alla fine eravamo solo non due.

Scesi dalla macchina e subito una folata di vento scompigliò i miei lunghi capelli biondi. Li sistemai sul lato, chiudendo lo sportello dietro di me. Mi avvicinai al cofano, intenzionata a prendere la mia unica valigia che mi ero portata dietro, dato che il resto delle mie cose sono state portate qua qualche giorno fa.

Papà era come al suo solito al telefono , parlando sicuramente di lavoro con qualche suo collega. Non mi sorprendeva più nemmeno questo, ero abituata ormai, anche se non nascondo il fastidio. Afferrai la valigia dal suo manico, ma una mano fermò i miei movimenti.

Lo guardai.

Aveva all'incirca una sessantina d'anni, i capelli bianchi sistemati in maniera impeccabile, il viso pallido contornato di rughe per la vecchiai e il colore della pelle fece risaltare i suoi occhi azzurri.

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