Diavolo

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Malta, 1765

Mizrak portò il polpastrello alle labbra e voltò la pagina. Un'orma rossa rimase impressa sulla carta. Le bende legate sulle nocche erano intrise di sangue.

Si era impegnato al massimo per completare il dettato, ma scrivendo aveva macchiato il foglio d'inchiostro. Non era la prima volta, ma quel giorno il maestro Tristian lo aveva punito, obbligandolo a continuare a scrivere con la mano destra. «Non tollereremo più questo tipo di abitudini,» aveva detto. Non soddisfatto della calligrafia tremolante, lo aveva punito ancora.

Ultimamente, il Maestro pretendeva troppo da lui e non apprezzava più i suoi sforzi. «La colpa non è tua, Mizrak,» gli aveva detto con la bacchetta di ferro in mano, «è mia, ti ho abbandonato quando ne avevi più bisogno.»

Gli aveva ordinato di leggere la Bibbia e, una volta conclusa, di ricominciare da capo. Mizrak si era riparato all'ombra dell'ulivo, lontano dalle grida e dai giochi dei compagni nel cortile.

Nessuno voleva allenarsi con un mancino, nessuno voleva giocare al Cavaliere e il Drago con un invertito. Lo avevano apostrofato così in classe, prima della lezione, senza neanche cercare di tenerlo lontano dalle sue orecchie.

La sua unica compagnia era quel vecchio tomo, ma era difficile concentrarsi sulla Genesi, sapendo che tutti si stavano divertendo tranne lui.

«Ehi, Mizrak.» Andre saltò tra le radici e girò intorno al tronco contorto dell'ulivo. «Ti va una battaglia?» Era la prima volta che gli rivolgeva la parola dopo tanto tempo, e Mizrak chiuse il libro di colpo.

Andre aveva il bastone appoggiato alla spalla e la solita aria tronfia. «Ci serve il quarto.» Gli fece cenno verso David ed Eli, che li osservavano seduti sul bordo del pozzo.

Mizrak afferrò il bastone al volo con la mano sinistra, un'abitudine che avrebbe dovuto imparare a combattere. Lo scambiò nella mano destra. «Il quarto... Cavaliere?» chiese, attonito.

Andre stava già saltando a ritroso tra le radici, ma a metà strada si girò per fargli cenno di seguirlo.

Mizrak lasciò la Bibbia a farsi sfogliare dal vento.

Il sole era caldo a quell'ora, l'aria secca e carica di salsedine. David ed Eli saltarono giù dal bordo del pozzo e presero un bastone a testa. Andre li imitò, ma impiegò più degli altri a scegliere la sua arma dal mucchio, valutandone il bilanciamento e lo spessore.

«Chi fa il drago?» chiese Mizrak, sventolando il legno davanti a sé. David ed Eli si scambiarono un'occhiata divertita. «Ne abbiamo uno vero, oggi.» Ai loro piedi c'era una scatola di legno con il coperchio spostato.

«Uno vero?» Mizrak si sporse per guardare all'interno. Un serpente dalle scaglie nere e lucide, ferito su un fianco, si era attorcigliato su se stesso. Non appena alzò la testa e perlustrò l'aria con la lingua, David diede un colpo sonoro al legno, costringendolo a tornare al sicuro tra le pareti. «Stai al tuo posto!»

«Lascialo stare.» Mizrak abbassò il bastone. «È un biacco, è innocuo.»

«È un serpente,» ribatté Eli. «Uno dei mostri che i Cavalieri devono sconfiggere.»

David ribaltò la scatola, e il biacco, finito nella sabbia, provò subito la fuga, ma si trovò la strada sbarrata dai bastoni dei tre ragazzi.

«Avanti, Mizrak, non volevi dimostrare di essere anche tu un Cavaliere?» La voce di Andre si mescolava alle risate degli altri. «Forza, uccidi il drago.»

*

La mia mente è alla deriva. La pace è rara, di questi tempi, e dura pochi istanti; brevi, ma sufficienti a farmi dimenticare l'orrore delle notti di Machecoul. Il fuoco della passione soffoca facilmente l'amarezza del mio rimorso.

Castlevania: From EdenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora