8.

84 7 14
                                    

Il soggetto era un uomo sulla quarantina, stempiato, e portava degli occhiali da vista con una montatura invadente. Indossava una camicia color cachi sbottonata al collo, dei pantaloni verdastri, e un paio di sandali in cuoio senza calze. Teneva un bicchiere in mano, e discuteva amichevolmente con Deborah accanto al distributore d'acqua potabile.

Quando vide Cloro avvicinarsi, la dottoranda fece cenno con la mano di sospendere la loro conversazione. «Le presento il responsabile dello studio,» disse con fare cordiale.

L'uomo porse la mano. «Buongiorno dottore!»

«Piacere, Cloro Giusto.» Gli strinse la mano, ritrovandosi ostaggio in una stretta elettrica. Si liberò con fatica. «Grazie ancora per essersi reso disponibile con così poco preavviso.»

«Si figuri,» l'uomo si sistemò gli occhiali, «... non che avessi previsto grandi impegni comunque per oggi. E poi,» sorrise a Deborah, «mi fa piacere dare il mio contributo alla scienza!»

La dottoranda rispose con un sorriso garbato.

«Inoltre,» alzò il bicchiere in cartone a metà riempito d'acqua accennando un brindisi, «sapete come trattare i vostri ospiti.» Avvicinò il bicchiere alle labbra e ne bevve un sorso.

«Mi dispiace,» disse la ragazza con un po' d'imbarazzo, «è il protocollo: niente sostanze psicoattive prima dell'esame, incluso il—»

«Lo so, lo so. Niente caffè nelle sei ore che precedono l'esame.»

«Non si preoccupi,» disse Cloro intento a riconciliare, «Deborah le offrirà un caffè non appena l'esame sarà finito, d'accordo?»

L'uomo sembrò soddisfatto da quel compromesso, probabilmente più attratto dalla prospettiva di trascorrere ancora un po' di tempo con la dottoranda. Posò il bicchiere sul tavolo. «Allora vado a cambiarmi.»

Deborah gli porse un camice bianco, e gli indicò con la mano la direzione per lo spogliatoio.

«Non si preoccupi, conosco la strada!» Si avviò con passo sicuro, «ormai sono un veterano!»

Deborah sospirò. Porse la cartella a Cloro. «Il modulo di consenso è a posto.»

Lui lo guardò distrattamente, e lo riposò sul tavolo. «Bene.»

«Anche gli occhiali, giusto?» La voce giunse dallo spogliatoio.

«Sì, è meglio!» disse lei a voce alta.

L'uomo riemerse dal camerino con indosso il camice bianco. Senza gli occhiali sembrava avere ancora meno capelli. Scrutava esitante nella loro direzione con occhi socchiusi. «Sono parecchio miope, rischio di sbattere da qualche parte!»

«Fai il favore, Deborah. Aiuta il signore a sistemarsi nello scanner. Ti aspetto alla console.»

«Va bene, professore.» Con un balzo la dottoranda raggiunse la porta dello spogliatoio, e prese l'uomo a braccetto per accompagnarlo verso lo scanner.

Cloro si spostò nella sala di controllo. Alla console Yannick era intento a fare delle verifiche. Quando lo vide arrivare, gli fece subito spazio. «È tutto pronto per l'esame.»

«Lo scanner?»

«A posto, siamo pronti per ricominciare.»

Annuì soddisfatto. Una vibrazione nella tasca del pantalone richiamò la sua attenzione. Prese il portatile. In un messaggio Asma lo informava che il treno per Marsiglia era stato confermato. "Perfetto."

Deborah li raggiunse, e attivò il microfono per comunicare col volontario. «Ci siamo. Va tutto bene?»

Attraverso la vetrata che dava sullo scanner, appena illuminata da una luce tenue, fece capolino un pollice in posa affermativa.

Il Nostro TempoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora