-Prologo.

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-2 years ago.

«Harry io credo di amarti, fottutamente tanto.» Sussurrò mentre mi guardava negli occhi e il labbro inferiore, ricoperto dai segni di piccoli morsi, le tremava inevitabilmente. Ma lei non doveva amarmi. L'avevo avvisata fino all'esasperazione, le avevo detto che non si sarebbe mai dovuta avvicinare ad uno come me, che non doveva affezionarsi... che semplicemente non doveva innamorarsi.

L'avevo stretta fin troppe notti fra le mie braccia forti, mentre le dicevo che ero il male per lei, che ero la più scura e maledetta tonalità di nero, quel nero tagliente da cui non puoi uscire, quello che ti denuda e ti lascia inerme.

«Rosalie non posso più stare con te, non vado bene per una persona come te. Andiamo! Siamo completamente diversi, cazzo.» E forse anch'io alla fine mi ero innamorato. Ma a differenza sua sapevo resistere all'accelerarsi del cuore, sapevo anche lasciar andare le persone, come stavo facendo esattamente in quel momento, alla fine ero a conoscenza del fatto che sarebbero state meglio senza di me. Se mi fossi arreso al suo amore, l'avrei solo distrutta e sommersa coi miei guai. Il mio, il suo passato si sarebbero ricongiunti fin troppo facilmente e il tormento che si sarebbe creato avrebbe distrutto ugualmente l'equilibrio che avevamo ottenuto, solo in modo nettamente peggiore.

«Sai una cosa Harry? Sei un fottuto stronzo. E forse avrei dovuto ascoltare tutte le persone che mi dicevano che tu non facevi per me. Ma no, io come una cretina, mi sono follemente innamorata di un idiota come te. Sai, vero, quanto ho rischiato per te? Fin troppo Harry. E ora tutto ciò che vedi in me, è un vecchio giocattolo rotto di cui ovviamente ti sei stancato. Giusto?» Mormorò con gli occhi rossi e velati da lacrime. Le labbra di conseguenza le si erano arrossate e gonfiate più del dovuto. Era distrutta dentro e fuori, allora perchè continuavo a vederla così maledettamente bella?

Era così innocente e piccola per il mio... il nostro mondo. Lo era anche per il mio male, per quei demoni che la notte mi facevano ancora angosciare. Aveva visto ogni più piccola sfumatura del mio essere. Si era spaventata, mi aveva allontanato, ma poi era sempre ritornata da me, facendomi diventare il suo più grande guaio. E forse questo non le importava neanche, era forte, molto più di quanto dimostrasse.

«Basta Rose, smettila d'amarmi. Ora sono io a scegliere, e scelgo di lasciarti andare.» Troncai la discussione con poche e forti parole. Parole che non avrei mai voluto uscissero dalla mia bocca, ma che dovevano farlo. Dovevo salvarla, anche a costo di privarmi dell'unica cosa che avrebbe potuto salvare me, dall'annegare in un mare d' oscurità . Lei mi guardò, le lacrime avevano oramai smesso di scivolare lungo le sue guance. Vidi i suoi occhi freddi, di un freddo glaciale. Ma soprattutto erano privi di quel coraggio che la caratterizzava, quello che l' aveva spinta a combattere per me e tutto ciò che possedeva. Si stava semplicemente lasciando consumare dall'amore che provava. Ed era grazie al suo amore che da tempo, non sentivo più il nero che di solito mi opprimeva. Sapevo che tutto ciò era un illusione data dal cuore, sapevo che in realtà ero dannatamente perso e non potevo realmente essere salvato. Io senza di lei sarei stato di nuovo nero, o peggio bianco. Il bianco, quel colore che mi aveva sempre oppresso, più del nero. Perché il bianco va colmato, con scritte, parole o disegni, ma non rimane immacolato. Quando c'era lei io ero mille colori ed uno solo, ero mille ma sempre lo stesso, quando ero con lei ero felice, davvero felice.

«No, non posso. E tu non puoi privarmi dell'unica cosa che mi abbia mai fatta sentire così viva. Harry mi hai colto alla sprovvista. Mi sei entrato nel sangue e qualunque cosa io possa provare a fare... non riesco e non riuscirò mai a liberarmi di te.» Quelle parole mi spiazzarono. Le disse con una tale neutralità che mi sembrava che nemmeno le pensasse, ma i suoi occhi, quei maledetti occhi, dicevano tutt'altro.

Affondò per l'ennesima volta i denti in quel labbro già gonfio e temetti di non resistere. Erano gesti come quelli che mi facevano capire quanto io fossi pazzo di lei, e come ogni sua piccola mossa potesse portarmi alla follia.

Lei si ostinava a non capire che io ero la sua malattia, quella che ti tormenta insistentemente e non ti lascia via di scampo. Mentre lei era la cura, la mia cura. Ogni singola volta lei sosteneva che invece io non fossi la sua malattia, ma la sua più bella cura. E io le dicevo che ero droga, cannabis e anche di peggio, come qualcosa che ti uccide.

E alla fine mi concessi, con il mio solito egoismo, l'ultimo momento di piacere. Le afferrai il polso e la tirai verso di me. Lei dischiuse le labbra nel momento in cui si trovò a cavalcioni sul mio corpo e portò le sue esili mani sul mio petto prorompente. Si spostò i capelli dal viso e la trovai terribilmente impacciata in quel momento. Passai il pollice lungo il suo labbro inferiore, e pressai le mie labbra sulle sue. Non si oppose, e non ne dubitavo. Si lasciò baciare mentre le mie mani vagavano lungo il suo corpo, lasciò scivolare le mani sulle mie spalle e le graffiò appena. Gemetti istintivamente, era consapevole dell'effetto che avesse su di me, e cercava di usare ogni arma per tenermi ancorato a lei. Feci scivolare la mia lingua fra le sue labbra, e la baciai con urgenza, prepotenza e passione. Credo che la cosa che rendesse il nostro amore così forte, era quella passione. Che inevitabilmente ci travolgeva, anche solo al più insignificante tocco, al più semplice bacio. Con lei ogni fibra del mio corpo bruciava ardentemente, e non mi lasciava via di scampo. Affondai le dita nel suo fianco e la spinsi con la schiena contro il volante, mentre inarcai prepotentemente il mio bacino contro il suo. Il mio sguardo vagò verso l'orologio della macchina. L'andare dei secondi, dei minuti, non era normale. Portai una mano sull'aggeggio e i respiri della ragazza divennero man mano più affannati, in quel momento i miei dubbi furono confermati. Era questo da cui dovevo difenderla, e non c'ero riuscito. Mi ero fatto sopraffare dalle emozioni e il tempo era volato via, fin troppo velocemente. Aprii con forza l'auto e cercai di tirarla fuori con la poca lucidità che mi rimase, il ticchettio diventò sempre più forte. Tentai di trascinarla via, di coprirla col mio corpo, ma tutto fu vano. Poichè in un attimo un enorme esplosione ci travolse, entrambi.

Author's note

Ehilà! Eccomi con la mia nuova storia. Spero vi piaccia perchè ci ho lavorato veramente tanto, anche a livello mentale... direi. Mi piacerebbe sapere se la storia vi abbia incuriosito o/e interessato, anche per conoscere le vostre opinioni e per capire se continuare o meno, dal momento che sono parecchio insicura. Al prossimo capitolo.

-Flora.

Blackness || h.s.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora