2 - Ella. E-l-l-a.

128 15 13
                                    

Quando il taxi si ferma di fronte al Dreamer, capisco perché Larry fosse tanto preoccupato per me. Ingoio la saliva incastrata in gola con scarso successo e mi faccio largo ignorando gli sguardi lascivi dei pochi ubriaconi ancora in giro.

E dire che sono le sette del mattino e piove a dirotto.

Qualcuno fischia nella mia direzione e mi stringo nel giubbottino di pelle quasi la mia vita dipendesse da quell'indumento.

Con il trolley ancora a portata di mano, spingo con decisione le porte del locale e il loro sinistro cigolio mi dà la pelle d'oca.

Mi costringo a non dare troppo peso a quest'atmosfera alquanto preoccupante, eppure una parte di me non può che pentirsi amaramente di non aver scelto un giorno soleggiato.

Con la luce come mia alleata mi sarei sentito molto più coraggioso, invece eccomi qui: con una gonna troppo mini, il pomo d'Adamo coperto da un collare goth di discutibile gusto, il trucco colato e ovviamente una paura raggelante addosso.

Il barista mi avverte subito che sono chiusi, ma non ho alcuna intenzione di tornare lì fuori, nonostante sappia bene che tipo di locale sia questo. Di sicuro non ti servono il caffè.

«Non mi ha sentito? Ho detto che-»

«Vorrei parlare con il suo capo.» lo interrompo e lui si acciglia, rivelando le grinze della fronte.

Mi fulmina con lo sguardo e i suoi occhi si fanno immediatamente più crudeli e giudicanti. Lascia il bicchiere che stava pulendo sul bancone e appoggia i gomiti contro la superficie legnosa come se ci fosse abituato.

«Hai idea di quello che stai facendo, bambolina?» mi chiede e una scarica di brividi glaciali mi percorre la schiena, infiammandomi però le guance di pura rabbia.

Bambolina mi tuona nella testa, dandomi il sangue al cervello. Solo perché sembro una ragazza non significa che questo cretino abbia il diritto di molestarmi.

«E tu?» strillo mandando a puttane il contegno. Mostrare i denti con i suoi dipendenti, forse non è la strategia più adatta per rientrare nelle grazie di Sebastian, però non posso tirarmi indietro di fronte a delle evidenti molestie. È più forte di me.

Quei ridicoli soprannomi li accetto solo da Larry, visto che lo fa bonariamente, di certo non dal primo che passa.

«Chi sei? Il suo nuovo giocattolino?» ridacchia lo stronzo, tamburellando con le dita sul bancone.

Reprimo a stento la bile che mi sta salendo per colpa di questo goblin. Lui intanto si passa le dita sulla chioma brizzolata e mi rivolge un occhiolino alquanto disgustoso. Se pensa che io stia flirtando con lui, allora non ha proprio capito come andrà questa mattinata.

Sto per inveirgli contro, ma un rumore alle spalle mi distrae.

«Adam, le signore non si trattano così.» mi difende una voce. La sua voce.

Il cuore infuria. D'un tratto perfino la scritta neon che illumina le bottiglie di liquore mi appare più luminosa. Mi sembra perfino di vederne il rosso, il che è assurdo visto che sono daltonico. La pelle d'oca che mi percorre le braccia mi convince di essere sveglio, eppure una parte di me teme ancora che sia solo un sogno e il corpo mi si appesantisce.

I suoi passi rimbombano sul finto parquet che riveste il locale. Sento qualcosa strisciare, seguendo il ritmo dei suoi movimenti, e me lo figuro con un lungo cappotto che tocca il suolo. Sebastian un tempo avrebbe detestato un capo del genere, avrebbe detto che lo soffocava e che lo trovava odiosamente pomposo.

«Mi cercavi, forse?» domanda ancora e stavolta sono certo che si sia rivolto a me perché il barista si è volatilizzato.
«Sei venuta fin qui dall'aereoporto?»

Like Alice🏳️‍🌈Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora