24. Mi manchi già

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In attesa del volo, Zlatan contemplava l'immensa distesa azzurra del mar Egeo.
L'idea di andare a Parigi non gli era mai piaciuta, ora men che meno. Quella piccola dottoressa sexy gli era entrata dentro e lasciarla era stata più dura del previsto. Era stato anche tentato di chiederle di accompagnarlo, ma aveva avuto paura di un suo rifiuto. Perché "no" era l'unica risposta possibile. E poi non voleva strapparla dalla sua vacanza, voleva che si godesse l'estate. Almeno lei.
Aveva ancora il suo sapore sulle labbra. Le umettò e chiuse gli occhi per imprimere nella memoria l'immagine di lei che usciva dal mare e, sorridente, avanzava.
Le sue vacanze oramai erano finite. Ora lo attendevano dei nuovi compagni, una nuova società, una nuova lingua, una nuova città, una nuova sfida. Si fece forza con quest'ultimo pensiero. Lui viveva di sfide e anche questa volta ne sarebbe uscito vincitore.
Prese il telefono e chiamò Helena. Aveva voglia di sentire i piccoli e di parlare un po' con lei.
«Zlatan!»
«Ciao Helena. Che fai?»
«Sono in piscina con Maxi e Vincent. Come sta andando la vacanza?»
«Bene, fino a stamattina. Sto andando a Parigi.»
«Ah, quindi è vera la notizia? Pensavo fosse un'altra cavolata.»
«No, stavolta è vero.»
«E dai, Zlatan, non ti abbattere. Vedrai che ti troverai bene.»
«Non lo so, è che...»
«Chi è lei?» lo interruppe Helena.
«Lei chi?»
«Il motivo per cui non vuoi partire. Ci conosciamo da tanti anni, ti ho seguito dappertutto e non sei mai stato così quando hai dovuto cambiare squadra. Okay, magari le altre volte è sempre stata una tua scelta ed erano sempre dei club di prestigio, ma è chiaro che se stai così è perché c'è qualcuno che non vuoi lasciare. E io credo si tratti di una donna.»
Zlatan sorrise. «Lo sai che non volevo lasciare il Milan, Helena. Non era nei miei progetti.»
«Avanti! Perché non mi vuoi dire chi è?»
Zlatan rimase in silenzio per due o tre secondi, poi sospirò. «È la sorella di Ignazio.»
«Ignazio... Abate? La sorella del tuo compagno di squadra?»
«Si.»
«La snob?»
Zlatan rise. Aveva raccontato ad Helena di aver conosciuto Sveva e di aver pensato che fosse una stronza. «Si, beh... non è poi così snob.»
Helena rise di gusto. «Certo, certo. È una cosa seria?»
«Non lo so. È ancora presto per dirlo. Perché non mi passi Maxi e Vincent? Voglio salutarli.»
«Okay. Senti, Zlatan, mi concedi l'esclusiva? Potrei raggiungerti tra un paio di giorni, così facciamo l'intervista.»
«Sei perfida! Non ti concedo nessuna esclusiva, ma vieni lo stesso.»
«Non puoi fare un favore ad una vecchia amica?»
«No. Ora passami i piccoli.»
«E va bene!» Si udirono le urla dei bambini in acqua e la voce di Helena che chiamava i figli, dopo un po' la vocina di Maxi che lo salutava.
Rimase al telefono per un bel po', poi cercò di tenersi occupato con tutto quello che gli capitava sottomano. Tutto, pur di non pensare e tenere lontana la nostalgia.

Sveva era seduta al tavolo del ristorante e stava piluccando il pesce bollito che aveva nel piatto. I ragazzi stavano parlando di Zlatan e della questione del trasferimento, Valentina era impegnata a far mangiare Matteo e Andra era al telefono con i suoi figli. Voleva tanto sapere cosa stesse facendo Zlatan e come stesse.
«Non hai fame?» le chiede Valentina, guardando prima il piatto e poi lei.
«Non molta.»
«Sai, non avrei mai pensato che tu e Zlatan...»
Sveva sorrise. «Nemmeno io.»
«Comunque state bene insieme. Voglio dire, prima quando vi stavate baciando a riva... eravate dolci.»
«Oh, Vale... non so nemmeno cosa siamo.»
«Qualsiasi cosa siate, siete belli insieme.»
Si sorrisero e in quel momento si resero conto che Ignazio e Mark erano interessati alla loro conversazione.
«Che c'è?» chiese al fratello che la guardava con un sorriso a trentadue denti.
«Niente. Ti vedo felice e sono contento per te.»
Sveva gli lanciò il tovagliolo in faccia. «La smetti?!?»
Mark osservava in silenzio, sorridendo appena. Si alzò e andò al bancone del bar, per ordinare un caffè. Lanciò qualche altra occhiata a Sveva, poi si voltò di spalle.
Sveva si intristì. Sarebbe voluta andare lì e parlargli, ma per dirgli cosa? Le dispiaceva vederlo così e non poteva fare niente per migliorare la situazione.
Lasciò che il pomeriggio scorresse, tra l'indifferenza di Mark e le chiacchiere di Valentina e Andra. Chissà quando avrebbe risentito Zlatan. Assurdo, già sentiva la sua mancanza.

Zlatan arrivò a Parigi in tarda nottata. Voleva chiamare Sveva ma preferì non disturbarla. Le avrebbe dato il buongiorno l'indomani. Mino lo aspettava in aeroporto e lo accompagnò in un lussuoso albergo, dove gli era stata riservata una suite. Dormì poco e male e appena sveglio prese il cellulare e chiamò la sua dottoressa preferita.

Sveva si era addormentata tardi e aveva maledetto l'efficiente servizio dell'albergo che le aveva cambiato le lenzuola e aveva cancellato così ogni traccia dell'odore di Zlatan. Era fuori al balcone a guardare il mare quando le squillò il cellulare. Corse dentro a rispondere e quando lesse il nome di Zlatan sentì il cuore scoppiare nel petto.
«Pronto?»
«Buongiorno dormigliona.»
Quanto era meravigliosa la sua voce? «Buongiorno a te. Com'è andato il viaggio?»
«Bene, anche se lungo.»
«Pensavo che mi avresti chiamato stanotte.»
«Non volevo disturbarti. Che stai facendo?»
«Stavo per andare a fare colazione. E tu? Sei pronto per la firma del contratto?»
«Sì, abbastanza. Sto aspettando il mio procuratore. »
«A che ora avete appuntamento?»
«Tra un'oretta.»
«In bocca al lupo. Oggi è una giornata importante per te.»
«Già. Allora... ti chiamo più tardi. Posso?»
Era già finita quella telefonata? «Certo!»
«Bene.»
Ci fu una pausa, un minuto di silenzio. Mi manchi. Mi manchi già, pensarono entrambi. Ma nessuno dei due si azzardò a dirlo, entrambi spaventati dall'intensità di quel sentimento che li aveva travolti.
«Sveva?»
«Sì?»
«...salutami gli altri.»
«Lo farò.»
«A stasera, allora.»
«A stasera.»

Ossigeno [Fanfiction - Zlatan Ibrahimović]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora