/1/ l'adozione

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Mi alzai dal letto con un mal di testa assurdo, incluso il frastuono che c'era di sotto. Scesi le scale, abbastanza rincoglionito, visto che mi ero appena svegliato. arrivando alla sala grande...Merda, i servizi sociali.

<<Tomas Martinez>>

Disse quel bastardo di assistente sociale chiamando il mio nome.

<<Di nuovo? la mia gente non si muoverà di qui>>

Avevo già la risposta pronta, era solito che i servizi sociali o sbirri venissero a rompere le palle in questi quartieri per sgomberare qualche morto di fame, ma con me e la mia comunità non sono mai riusciti nel loro intento, visto che apparentemente eravamo tutti in regola, fedina penale pulita, e ad ogni controllo a sorpresa la casa era sempre in ordine e senza cosiddetti "oggetti pericolosi".

<<Non sono qui per questo, Martinez.>>

Inarcai un sopracciglio, lasciandolo parlare. Intanto molti ragazzi, agli angoli della sala grande sembravano impauriti alla vista di due assistenti sociali.

<<Tomas Martinez, sei stato adottato da una famiglia tedesca molto benestante, ti do 20 minuti per fare la valigia.>>

...

Ne rimasi scioccato, in modo negativo, non volevo lasciare quella che ritenevo casa per andare da qualche riccone snob in Germania, ma proprio quel giorno, non ebbi forze di ribattere, almeno direttamente. In soli 5 minuti avvisami il mio vice di sorvegliare tutta la casa in mia assenza, e gli dissi che sarei tornato il piú presto, legalmente o no.

All'aereoporto di Chicago incontrai quei 2 ricconi tedeschi: la donna era bionda e sembrava giovane, aria da snob. L'uomo sembrava molto piú grande di lei, aveva persino qualche capello bianco. Nemmeno mi dissero ciao che mi trascinarono in aereo, posto in prima classe ovviamente. Quel viaggio fu orrendo, mi annoiai, non abbi nessun modo di contattare Gustav, il mio vice, per sapere com'era la situazione in mia assenza. Fu un viaggio di 2 giorni interi, arrivando in Germania, Berlino, mi si attaccò al naso un odore di wrustel insopportabile, non ci ero affatto abituato. Dopo altre 2 ore di viaggio in macchina che letteralmente mi si formarono le stalattiti sui coglioni, arrivammo a quella faditica villa: sui toni molto chiari, sembrava la Casa Bianca.

Entrando, di nuovo, un odore diverso mi si attaccò alle narici: un odore smielato, di candela, cosa che altrettanto non sopportavo.

Mi guardai intorno, ero molto spaesato, e quell'odore di bucato pulito e di margherite mi dava alla nausea. Sentii dei passi dalle scale, girandomi, vidi una figura che all'inizio scambiai per una ragazza: capelli corvini, corpo snello, occhi penetranti. Solo dopo che venne chiamato il suo nome capii.

<<Oh Bill, finalmente puoi conoscere il tuo nuovo fratellone! Saluta Tomas>>

Quel Bill, alla mia vista, fece un sorriso palesemente finto, nascondeva uno strato di puro schifo, che non riusciva a nascondere molto bene.

Estese la sua mano per stringermela.

<<Bill Kaulitz-Trümper, piacere.>>

Se già i genitori avevano dei lati snob, quel Bill li aveva ereditati entrambi, si vedeva proprio dalla faccia. Gli strinsi la mano a mia volta.

<<Tomas Martinez, piacere mio>>

Non sorrisi, feci intendere che in realtà non era affatto un piacere, ma mi avrebbe fatto piacere sicuramente prenderlo a sberle.

Era sera tardi, e Bill mi portò nella mia stanza: era sui toni scuri, i mobili anch'essi di legno scuro, un letto attaccato al muro dove c'era anche una finestra, una scrivania e un armadio. Quando finalmente fui solo, chiamai subito Gustav, escogitando già un piano per andarmene.

<<Ciccio, quindi come pensi che io riesca ad andarmene?>>

<<Non scappare subito Tom, aspetta tipo una settimana, così non sembrerà troppo ovvio che tu non hai effettivamente cercato di scappare>>

<<Capito>>

E annuii. Non aveva tutti i torti, e volevo soprattutto confrontarmi con lui esponendogli le mie idee su come andarmene e ricavarci pure qualcosa.

<<Gus, sai che ho scoperto che quei ricchi snob vogliono mandare il loro figlio frocetto in orfanotrofio? Lo dicevano in aereo, dicevano di non volere "responsabilità in piú". Forse potrei portarlo con me durante la mia fuga, di certo i posti liberi nel rifugio non mancano, no?>>

Gustav dall'altra parte della linea alzò un sopracciglio, non sembrava male come idea, ma bisognava comunque concentrarsi su un piano di fuga.

<<Si vedrà poi. Ora pensiamo al piano>>

<<Capito>>

<<Bene, abbiamo dei collegamenti con una banda di alleati vicino al tuo indirizzo che collaboreranno con te se glielo chiedo. Quindi facciamo così: questo venerdì, tu scopri dove i snob tengono oro, soldi e qualsiasi cosa di valore, dopodichè te ne esci da casa, incontrandoti con i ragazzi di cui ti parlavo. uno di loro ti darà un documento falso, dove sarà scritto che sei maggiorenne e fratello maggiore acquisito del frocio. Ti accompagneranno in aereoporto e prenoterai un jet privato in modo che tu possa imbarcare l'oro e quello che hai rubato senza problemi, tornando a Chicago. Bel piano, no?>>

<<É perfetto cazzo>>

Ero molto entusiasta di poter tornare a casa e in piú con molte ricchezze, già mi mancava Chicago, mi mancava l'odore di marijuana e di urina in mezzo alle strade; mi mancava giocare a sparare alle bottiglie di alcool con i miei amici come sfida; mi mancava la mia comunità, quella per cui ho dato tanto, e non sono nemmeno convinto di aver ricevuto altrettanto.

Ad un certo punto Gustav aggiunse una cosa, però.

<<Oh, non ti ho parlato di un piccolo dettaglio, dirò ai ragazzi di appiccare un incendio, probabilmente la casa andrà in fiamme, non ti assicuro che chi sia dentro sopravv->>

<<Fanculo, facciamolo>>

Ci furono un paio di secondi di silenzio nella linea, poi Gustav rispose.

<<Bene, li avverto allora. In bocca al lupo Tom.>>

E chiudemmo la chiamata.

Quella notte  stranamente riuscii a chiudere occhio per qualche ora, per non parlare dei giorni successivi: interviste su interviste, i "genitori" di Tom continuavano a parlare di quanto fossero fieri di loro stessi per essere riusciti ad "aiutare" un secondo loro ragazzo in difficoltà.

. . .

<<Quando abbiamo visto le condizioni di quel ragazzo ci si sciolse il cuore, lo abbiamo accolto calorosamente da noi>>

Disse la voce di quella donna alla TV, sapevo bene che non era andata  così.

<<Ma non é vero..>> dissi fra me e me, con le dita delle mani incrociate fra loro, mentre ero seduto sul divano.

<<Lo so...con il tempo ti ci abituerai, non farne un dramma>>

Disse quel corvino, che indossava dei pantaloni baggy a quadri e una maglietta aderente grigia, probabilmente era il suo pigiama, visto che era mattina.

<<Mh>>

Dissi con tono freddo.

Dopo un po' mi sentii di quella freddezza, dopotutto Bill che colpa aveva di essere nato in una famiglia così di merda?

a lovely gangstarDove le storie prendono vita. Scoprilo ora