Capitolo 3

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'Anche nel momento più buio, a volte
è una parola gentile a farci vedere
una via d'uscita."
#SarysBooks

•APHRODITE•

Passarono diversi giorni senza che vedessi Aaron, e anche mio fratello sembrava evitarmi. L'aria in casa era diventata pesante, opprimente, come se le pareti trattenessero il peso di tutte le parole non dette, di tutte le accuse lanciate a bassa voce.

La sera, al Neon Club, tutto sembrava procedere come sempre: le luci, la musica martellante, gli sguardi distratti dei clienti. Era quasi rassicurante sapere che, almeno lì, il mondo continuava senza troppe complicazioni. In un certo senso, il club era il mio rifugio, il luogo dove potevo fingere che i giudizi degli altri non mi toccassero.

Ma proprio mentre finivo un'esibizione e stavo scendendo dal palco, lo vidi. Aaron, in piedi vicino al bar, con le braccia incrociate e lo sguardo fisso su di me. Sembrava fuori posto, il suo viso severo e il suo completo casual che stridevano con l'atmosfera caotica del locale.

– Che ci fai qui? – sbottai, avvicinandomi a lui senza preoccuparmi di sembrare gentile.

Lui mi guardò con quella stessa espressione giudicante, ormai scolpita sul suo volto.

– Non mi aspettavo di vederti così... a tuo agio – disse, il tono tagliente.

Incrociai le braccia, imitando la sua posa.

– Sei venuto solo per dirmi che non ti piace il mio lavoro? Perché, davvero, ho già capito che pensi che sia sotto di te. –

– Non è il lavoro, Aphrodite – rispose lui, abbassando la voce. – È il modo in cui ti stai trattando. È come se stessi cercando di distruggerti con le tue stesse mani. –

Mi venne da ridere, un suono amaro che attirò qualche sguardo curioso dai clienti vicini.

– Aaron, pensi di conoscermi, ma non sai niente di me. Non sai cosa mi ha portato qui, cosa ho passato. –

Lui sospirò, passandosi una mano tra i capelli, come se fosse frustrato da qualcosa che non riusciva a capire.

– Hai ragione, forse non so tutto. Ma ti conosco abbastanza da sapere che non sei felice. –

Sentii le sue parole come un colpo basso. Non ero felice, certo, ma chi lo era davvero? E lui, cosa ne sapeva dei miei sacrifici, delle scelte difficili? Era facile parlare di felicità quando si viveva in una realtà lontana dalla mia.

– Ti prego, risparmiami la tua psicologia da quattro soldi – risposi, cercando di sembrare indifferente. – Non sono venuta qui per farmi salvare. E di certo non da te. –

Aaron scosse la testa, e per un istante, nei suoi occhi, vidi qualcosa di diverso dalla rabbia. Forse era delusione, o forse qualcosa che non volevo vedere.

– Sai una cosa, Aphrodite? Mi fai quasi pena. –

Quelle parole mi colpirono più di quanto volessi ammettere. Vederlo andarsene, allontanarsi da me con quell'espressione di pietà mista a rabbia, mi lasciò un vuoto difficile da ignorare. Ma non mi mossi, restai immobile, fingendo di essere impassibile, come avevo imparato a fare.

Quando finalmente lui sparì tra la folla, sentii le gambe tremare. Mi aggrappai al bancone per ritrovare un minimo di stabilità, e il barman mi lanciò uno sguardo preoccupato.

– Tutto bene? –

Annuii, cercando di sorridere.

– Sì, tutto a posto – mentii.

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⏰ Ultimo aggiornamento: 2 days ago ⏰

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