A Tokyo è notte fonda.
Il vento soffia forte e il cielo è d'un blu minaccioso, anche se ogni tanto si tinge di bianco a causa delle venature che assumono i lampi di quel temporale che sta per abbattersi sulla città.
Manuel se ne sta disteso sul letto, con gli occhi spalancati e fissi a guardare il soffitto. L'unica cosa che riesce a dargli un briciolo di tranquillità è il ticchettio della pioggia che ha appena iniziato a cadere.
Alla sua sinistra c'è una sveglia che segna le 3:14 del mattino, mentre alla sua destra una finestra che dà su un ciliegio e tante altre piccole casette, dalla quale entra la luce fredda della luna che illumina di sbieco il letto di Viola.
Manuel, invece, si trova in quello sottostante e questa situazione gli ricorda tanto la camera di villa Balestra, quella che condivideva con Simone, che ora è in trasferta con la squadra di rugby, mentre lui si trova in questa sottospecie di vacanza in Giappone.
Si era già girato e rigirato più volte quella notte, ma non riusciva proprio a chiudere occhio.
Sarà il pisolino in aereo — durato almeno quattro ore —sarà il fuso orario, sarà la discussione avuta a tavola col padre...
Sta di fatto che il suo corpo rifiutava in tutti i modi ulteriore riposo.Decide quindi di recuperare le cuffiette poggiate sul comodino e staccare il telefono dal caricabatterie.
Solitamente ascoltare un po' di musica lo rilassa, gli permette di pensare ad altro, di accantonare tutti i problemi che lo angosciano in quel momento e di immergersi in un mondo nuovo, parallelo a quello forse, in cui è più spensierato, più leggero.Ma questa volta non è così.
Già da quando era atterrato, trovandosi per la prima volta così lontano da Roma, non riusciva a smettere di pensare ai mesi appena trascorsi e le canzoni che aveva ascoltato in viaggio e che stava ascoltando anche in quel momento, non facevano altro che alimentare certi pensieri che gli frullavano nella testa da mesi.
Non facevano altro che scavare nel profondo, nella parte più nascosta di lui e che per quasi due anni ha cercato di ignorare, reprimendola fino a soffocarla.C'è dolore
Che dolore dentro me, quando piove
Quando piove e tu non stai con meÈ la notte del 12 settembre e ascoltare Arsenico non faceva altro che ricordargli l'estate appena trascorsa.
Nonostante Manuel ora si trovi con le persone che ama a quasi diecimila chilometri di distanza da Roma, non riesce proprio a lasciarsi alle spalle quei tre mesi di pausa scolastica, mesi costellati da mille eventi che si susseguivano l'un l'altro e che lui ha affrontato un po' così, come venivano.Questa non è nemmeno la prima volta che ci ripensa, è sempre stato uno che rimugina più e più volte su ciò che succede, ma questa volta lo fa in modo diverso.
Non sa se dare la colpa all'insonnia o a ciò che aveva detto a suo padre mentre erano a cena qualche ora prima, ma sente che quella notte lo sta mettendo a nudo.
Ogni tanto qualche lampo illumina la stanza, quasi come se volesse far luce su un qualcosa di oscuro per lui e lo spoglia di tutte le paure che aveva avuto e continuava ad avere in fondo, lasciandogli addosso solo le risposte alle domande che in questi mesi si era posto.Negli ultimi giorni di scuola, Dante era ritornato a insegnare e lui e Simone, alla fine, avevano capito quanto si volessero bene i loro genitori e proprio per questo dissero ad Anita di raggiungerli al Pincio.
In realtà, per quanto gli fosse mancato il professore, di sentir parlare di Heidegger ed Epicuro con quaranta gradi all'ombra, non ne aveva proprio voglia.
Era nettamente meglio vedere i loro genitori riappacificarsi e pensare a che gusto avrebbero preso quella grattachecca del chioschetto, a pochi passi da loro, che tanto amano.
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infelici vaganti
FanfictionSimone scoppiò a ridere, si slacciò i il casco e approfittò del ritardo di Dante per abbracciare Manuel, stropicciandogli un po' quei ricci già scarsamente curati di suo. "Fai buon viaggio Manu" gli disse passandogli la mano destra sulla schiena e l...