KOMOREBI

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KOMOREBI | la luce che filtra tra le foglie degli alberi, un momento breve, ma intenso, che esprime uno stato d'animo, una sensazione che è sfuggente, come i raggi di sole che filtrano tra le foglie degli alberi di un bosco.

Le luci calde dei lampioni avvolgevano il buio delle strade. I suoni ovattati di una festa riempivano il silenzio in cui si era addentrato il quartiere, coppiette di adolescenti infuocati aprivano le danze con le loro lingue calde e i loro corpi avvinghiati.
Seduta in disparte sulla lunga scalinata dell'edificio scolastico, una ragazza dai capelli rossi, ricci e raccolti in un grande chignon fatto visibilmente di fretta. Le ginocchia erano mezzo di supporto per il suo mento, portate al viso e nude risplendevano della luce lunare, che le faceva apparire pallide e delicate.
A spezzare il candido colorito della sua pelle il color turchese del vestito che scivolava delicato accarezzando le forme della ragazza.
Il caldo estivo, seppur fosse tarda serata, aleggiava nell'ambiente e si manifestava con piccole goccioline di sudore sulla fronte della tenera fanciulla.
Delie, pensierosa, non si rese conto di un'altra dissonante presenza, che invadeva la scalinata.
Socchiuse gli occhi scrutando attentamente il cielo scoperto e ammirando le stelle. Le stesse stelle che una notte la consolarono con la loro luce, la ascoltarono col loro silenzio e la abbracciarono col loro tepore.
Quella notte. Quando tutto intorno a lei aveva iniziato a cedere e ad assumere una valenza quasi insignificante, rendendola miserabile spettatrice della sua stessa vita.
Delie adesso aveva 20 anni. Era ormai cresciuta, il tempo era passato, ma il suo pensiero era fisso alle immagini di quella notte.
Di esattamente 5 anni prima.
Sul piccolo balcone attaccato alla sua stanza, lei era seduta sul pavimento, accovacciata, piegata su sé stessa, singhiozzante e ansimante. Si continuava a chiedere cosa effettivamente avesse fatto di male nella sua vita per meritarsi tale sofferenza, ma l'unica cosa che le tornava in mente era il volto del ragazzo che l'aveva amata, l'aveva amata tanto, troppo forse. L'aveva amata talmente tanto da sparire dalla sua vita, anzi, dalla vita di tutti. E nonostante le persone intorno a lei continuassero a dirle che non fosse "colpa sua", tutto ciò che lei voleva fare era scavare nella sua stessa carne per trovare quel briciolo di amore per sé stessa prima di affogare nel dolore e nell'autocommiserazione.
Quella notte, però, lei prese coraggio e in preda alla rabbia per tutto quello che le era stato portato via, decise di scappare da quella persona. Quell'essere che l'aveva martoriata, le aveva preso quel briciolo di amore che lei aveva finalmente trovato e glielo aveva strappato via, alimentando il proprio ego e l'audacia di poter dire di averla amata.
Delie tremò al ricordo di quella notte, scosse la testa violentemente con la speranza di far svanire insieme al mal di testa, anche quei brutti ricordi che lo accompagnavano.
Si voltò sentendo leggeri passi avvicinarsi a lei, trovandosi di fronte una grossa figura imponente. I lineamenti duri del volto rendevano quella presenza maschile ancora più magnetica.
Indossava un completo elegante, interamente nero, fatta eccezione per la camicia bordeaux che, sbottonata fino ai pettorali, si abbinava alla sua carnagione scura.
Fece un cenno con la testa verso la ragazza, lasciando cadere la cenere dalla sigaretta che aveva tra le dita.
Gli sguardi si incrociarono ed entrambi si sorrisero.
«Come mai tutta sola?» si sedette al suo fianco iniziando a fissare il cielo.
La ragazza, che fino a quel momento aveva seguito ogni suo movimento con lo sguardo, accennò un altro sorriso. Sospirò.
«Meglio sola, che con soggetti come quelli là dentro..» accompagnò quelle parole con uno sbuffo e appoggiò il mento sul palmo della mano, che era appoggiata sulla fredda ringhiera di metallo.
Al ragazzo scappò una lieve risata, profonda ma al contempo tenue.
«Anche tu hai accompagnato qualcuno al ballo?» senza voltarsi verso di lei, le porse quello che era rimasto della sigaretta, incitandola a prenderne un tiro. Delie annuì mugugnando in risposta e prese la sigaretta dalle mani del giovane.
Si portò il filtro alle labbra e tirò, ammirando la sigaretta che lentamente ma inevitabilmente si consumava.
«Mio fratello.» si fermò un istante, ricordando l'intera serata che lentamente stava iniziando a tornare vivida nella sua testa.
«Mi ha chiesto di accompagnarlo perché non aveva modo di venire, e mi ha detto che avevo bisogno di "una pausa" dallo studio. Lui che dice a me cosa è meglio per me...ridicolo non è vero? Alla fine però l'ho ascoltato, quindi non è che io sia nella posizione di potermi lamentare.» disse tutto d'un fiato, facendo attenzione a mimare le virgolette, realizzando poi quanto potesse risultare patetica a dire una cosa del genere.
«Scusami, sono logorroica» sospirò per poi portarsi alle labbra la sigaretta e tirare di nuovo. Si portò il dorso della mano sulla fronte strofinandola con forza   nel tentativo di distogliere la mente da pensieri intrusivi che stavano iniziando a irritarla.
Il ragazzo finalmente rispose, ridendo con forza. Incontrò il suo sguardo e sorrise.
«Non scusarti per quella che sei, non ne vale la pena no?» le toccò giocosamente il mento con l'indice e poi si alzò.
«Non ne vale la pena per cosa?» chiese la ragazza confusa e imbarazzata allo stesso tempo. Nessuno si era avvicinato tanto a lei ormai da un anno.
«Cambiare per qualcuno che non sia te stessa, vero Delie?»
La riccia sussultò a sentire il suo nome pronunciato con tale sensualità e compiacimento, e si voltò subito in direzione del ragazzo, che però non era più lì.

Si svegliò nel suo letto, con lo sguardo fisso sulla sveglia riposta sul comodino con l'enorme scritta in neon che dava l'orario 12:28.
Sospirò spostando lo sguardo sul corpo accanto a lei, madido di sudore. Sorrise e con le punte delle dita accarezzò il corpo nudo al suo fianco. Quel corpo che la notte prima l'aveva avvolta e fatta fremere, accompagnandola in una danza di piacere.
I raggi di sole filtravano dalla finestra e illuminavano quel corpo etereo e marcato dal diavolo.
La schiena si alzava e si abbassava a ritmo del suo respiro e imponente determinava in partenza chi dei due avesse il controllo sotto le lenzuola.
Mentre il dito della giovane ragazza si avvicinava sempre di più alle zone più prossime alla libidine, un basso ringhio provenne dall'uomo al suo fianco.
«Dolcezza, devi stare attenta a giocare con il fuoco, o ti bruci.» Delie sghignazzò e si avvicinò al suo orecchio lentamente, sussurrando sensualmente.
«O tesoro, io l'ho creato il fuoco, non posso bruciarmi.» lui ridacchiò con il viso immerso nel cuscino e poi si voltò verso la donna che lo stava volutamente portando all'esasperazione.
«Ah sì?» i denti bianchi quasi accecarono Delie, che ammaliata dal suo sorriso deglutì, per poi mettersi col gomito sul cuscino e poggiarsi al palmo della mano. Il suo corpo nudo stava iniziando a farsi notare dall'uomo che, guidato dalla passione si passò la lingua sul labbro inferiore, muovendo appena il piccolo piercing che aveva.
La scrutò, delineando ogni curva, tracciando ogni centimetro con il suo sguardo, e poi si avventò sul suo collo baciandolo lentamente, mentre con una mano iniziò ad accarezzare la pelle nuda della giovane donna.
«Percepiscimi come un Prometeo donna, una tunica da frate e i sandali in cuoio, mentre con un barbone lungo un metro ti dico "Mi raccomando! Usalo con prudenza"»
L'uomo si fermò alzando il capo e la guardò perplesso.
Scoppiarono a ridere, lasciando riecheggiare nell'appartamento quei piccoli momenti di spensieratezza e di intimità.

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