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"Ciao, volevo parlarti di quello che stai facendo. Mi sono aperta con te, ti ho parlato dei miei sentimenti per lui, che ancora non lo avevo dimenticato, nonostante lui mi avesse fatto male. Tu cosa pensavi di fare quando hai preso la scelta di provarci con lui? Io ed Alex abbiamo capito tutto. E sappi che se pensi di fare sul serio con quello là, io non ci sarò più per te. Non sarò al tuo fianco quando ne avrai bisogno. Non ti ascolterò quando vorrai lamentarti di lui e non ti supporterò. Non lo faccio per cattiveria, ma ho bisogno di tutelare la mia salute. E questa situazione non mi sta aiutando. Non mi importa se sono stronza, racconta pure a chi vuoi che sono io la cattiva della storia, ma ora scegli: la relazione con lui, o la nostra amicizia. Ti voglio bene, ma non posso continuare così."

Gli occhi di Delie si allargarono, per poi lasciare che le pupille si restringessero, per quanto spiacevole fosse quell'incontro.
«Oh, ciao.. Scusa ma ho da fare adesso» fece per voltarsi di nuovo e andare via, ma una mano le toccò la spalla. Fu costretta a guardarla in faccia. Quella persona.
«Aspetta... Ho bisogno di parlarti» le disse più dolcemente.
«Vittoria, io non ho niente da dirti...» affermò deglutendo il nodo che le si era formato in gola. Il bimbo dai capelli rossi sbucò dalle gambe di Delie e fulminò con lo sguardo la ragazza che aveva di fronte.
«Delie, chi è lei?» abbracciò di nuovo le sue gambe intimorito ma allo stesso tempo infastidito dall'interruzione di quella passeggiata con la sua insegnante.
«Oh, hai un figlio?» Delie, che stava guardando il piccolo nel tentativo di tranquillizzarlo, scattò col capo verso la presenza di troppo.
«Non è mio figlio, è un mio piccolo alunno. La mamma ha fatto tardi e l'ho portato con me..» disse cercando di non far trapelare alcuna emozione dalla sua voce. Poi continuò:«Senti, ti lascio il numero nuovo. Se vuoi parlare chiamami o scrivimi, adesso sono impegnata. Buona giornata.» fece un cenno con la mano e prima che la corvina potesse rispondere si voltò prendendo in braccio Enea, sparendo poi tra la folla di persone che aspettava al semaforo.
Vittoria era una ragazza dolce, sensibile, era sempre stata fin dal primo momento la migliore amica di Delie. Si dicevano tutto, facevano tutto insieme, erano anime gemelle.
Delie era sempre stata quella più estroversa, determinata ad ottenere ciò che voleva, mentre Vittoria era quella tranquilla, quella che si sentiva in colpa se non rispondeva a un messaggio per più di dieci minuti. Lei era quella più timida e introversa, e nonostante quello, era comunque molto più "gettonata" tra i ragazzi della loro età. Aveva una bellezza del tutto sovrannaturale. Delie era convinta che avesse venduto l'anima al diavolo per essere così perfetta, persino da struccata.
Delie era anche quella un po' più trasandata e impacciata, si metteva talmente tante volte tute e vestiti di suo fratello, che ormai la gente a primo impatto era convinta che lei fosse gay. Inutile dire che Delie non era indirizzata unicamente verso gli uomini, infatti era capitato più volte che lei intraprendesse relazioni o storie di una notte con altre donne.
Tuttavia, non era gay, come molte persone sostenevano. Quella che per gli altri era un certezza inattaccabile, per Delie era una condizione molto fluida, non lineare. Lei non si etichettava, era molto semplice, se le piaceva qualcuno, si buttava, sennò lasciava perdere. Non le importava se quella persona fosse uomo, donna, trans o altro.
Lei voleva qualcosa e lo otteneva.
Ma in quel momento, dopo aver visto lo sguardo sofferente della sua vecchia amica, sentì di rivolerla con sé, sprofondare tra le sue braccia e sentirsi al sicuro.

Erano ormai passate due ore, e Delie ed Enea ormai stremati si fermarono in un bar, quasi all'uscita della città. Il bimbo, che era in braccio alla giovane donna, si stropicciò gli occhi non appena i due varcarono la soglia del locale.
Delie sospirò, rivolgendo un sorriso stanco alla barista, che in un primo momento le sembrò avere un volto familiare.
La barista spalancò gli occhi e corse fuori dal bancone per abbracciare la rossa:«Oh mio dio! Delie?!» l'espressione di Delie fu evidentemente perplessa perché la ragazza che l'aveva stretta tra le braccia si fece scappare una risata imbarazzata.
«Oddio scusami, sono Drew...ho fatto un po' di cambiamenti. Non ci sentiamo da un anno, come stai? Hai un figlio? Come vanno gli studi? E con gli altri?» continuò a fare una lunga lista di domande, alle quali Delie, ormai stanca e con gli occhi pesanti, riuscì a rispondere solo con: «Scusami Drew, ti lascio il numero e parliamo in un altro momento...Perdonami ma sono stremata e non riesco a seguirti.» poi si fermò per accarezzare i fili ramati del piccolo, sorridendo persa con lo sguardo nei suoi occhioni da cerbiatto, al momento era lui la sua preoccupazione più grande.
Drew annuì e le rivolse un sorriso di rimando e poi si accovacciò di fronte al bimbo:«Ciao piccoletto, come ti chiami? Lo sai che la tua mamma è davvero fantastica?» una lieve risata uscì dalle labbra di Delie.
Enea guardò la maestra intimorito e si strinse nelle spalle tenendo sempre più saldamente la mano di Delie, mentre con un filo di voce, rispose tremolante:«Io sono Enea. Lei è la mia maestra. Stiamo cercando la mamma.»
Drew rivolse degli sguardi sorpresi ai due e poi si alzò:«Cavoletti! Siete davvero uguali, sapete? E io che ero così convinta foste parenti...scusatemi!» accompagnò quelle esclamazioni con delle risate. Poi si fermò e posò una mano sulla spalla di Delie, facendole un occhiolino:«Tranquilla, vai a sederti al tavolo che preferisci, poi ti ci faremo una chiacchiera quando sarai nelle condizioni.»
Le due si sorrisero e Delie si diresse verso un tavolo vicino alle vetrate del bar, in modo da tenere d'occhio la strada nel caso in cui la madre di quel piccolo angelo si fosse palesata come un'apparizione mistica di fronte a loro.
Fece accomodare il bimbo e ordinarono qualcosa, un tè caldo per Delie e un pezzo di torta ai fichi per il bimbo. Delie ammirava quel gioiello di bambino come se fosse l'ottava meraviglia del mondo, lei era estasiata da ogni suo piccolo gesto. Enea le trasmetteva un senso di tranquillità e di sicurezza, che nessuno prima di lui le aveva fatto provare. Sorrise intenerita:«E quindi mi scambiano per la tua mamma eh? Lo avresti mai detto?» rise cercando di tranquillizzare Enea, che ormai si era riempito la bocca di torta e nemmeno ci pensava più alla madre che non era venuta a prenderlo.
Passarono altri venti minuti, e dopo che Delie effettuò altre chiamate alla madre del bimbo, le scrisse il suo indirizzo per messaggio e le disse di prendere Enea da casa sua non appena ne avesse avuto la possibilità.
I due si alzarono e andarono verso casa di Delie dopo aver salutato Drew e averle lasciato il numero.

Arrivati a casa, Delie posò le chiavi sul mobile dell'ingresso e il suo gatto nero, Jeejee, si avvicinò ai piccoli piedi di Enea, annusandolo e scrutandolo meticolosamente.
Dopo un'analisi accurata, si iniziò a strofinare sul bimbo, facendo le fusa, e facendo ridacchiare il piccolo esserino che ancora teneva la mano della maestra.
Delie gli sorrise:«Enea, accomodati pure, la mamma verrà a prenderti presto.» il bimbo annuì e corse verso il grande divano angolare che occupava gran parte del salone. Si accoccolò in un angoletto e Jeejee lo seguì, sprofondando nella felpa del bimbo.
Delie accese la tv e prese Enea in modo da fargli accomodare la testa sulle sue gambe, iniziando poi a fargli delle carezze, mentre lei guardava la televisione e il bimbo crollava nel mondo dei sogni, cullato dall'atmosfera accogliente e da un buon profumo di vaniglia che aleggiava nella casa.
Qualche minuto dopo la porta si aprì, lasciando spazio alla testa bionda di Alexander che, intenerito dalla scena di Delie con un bimbo praticamente uguale a lei accoccolato sulle sue gambe, si avvicinò e le lasciò un bacio sulla fronte guardandola per qualche istante. Sorrise notando la piccola espressione imbronciata mentre la ragazza dormiva.
Si sfilò la giacca e notò che alla tv veniva trasmesso il telegiornale, così si accoccolò accanto a Delie ed iniziò ad accarezzare delicatamente la sua coscia destra.
Così, si addormentarono tutti e 4, compreso il gatto che riscaldava la pancia del bimbo, caduto ormai tra le braccia di Morfeo.

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