Non è la fine, è solo l'inizio

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Premessa


In questa seconda ma anche ultima parte, ci saranno come nella prima tutte le scene di Carmine e Rosa, con personaggi legati ad essi anche tante inventate. 
Quindi ritroveremo una Rosa sofferente per aver scoperto la verità su Edoardo.
Lei si sente spenta, ferita e tradita, non sa cosa vuole farne della sua vita.
Crede di essere sola e per questo allontana ancora chi più chi vuole starle accanto. Il suo rapporto con la direttrice avrà una svolta.
Carmine nonostante tutto non si arrende, lui continua a provarci, il suo desiderio è forte. 
Ma Rosa sente che se non sarà in pace prima con se stessa, non potrà farlo con altri.

Questa è solo una storia, ovviamente non rispecchia la realtà, scritta in un momento non tanto bello.  Anche se è finzione, mi piace pensare che sia andata realmente così.






-Come ti senti?-
Rigiro il laccio della felpa tra le dita, questa domanda me l'hanno fatta spesso ultimamente, ho quasi sempre risposto sto bene mi sembrava che più lo ripetessi, meglio mi sarei sentita, invece sto peggio.
La verità su Edoardo mi ha distrutta completamente, forse un pò di più di quando ho saputo della morte di mio padre.
Non ho perso solo lui anche Carmela, a questo punto sono convinta che lei sapesse tutto, una moglie sa sempre cosa fa un marito.
Non posso fare a meno di pensare a quanto mi hanno presa in giro entrambi.
Ma anche papà lo ha fatto e io non me lo aspettavo da lui, so che le sue scelte non sempre sono state giuste, ma è stato l'unico genitore che mi restava, dopo che mamma morì.
-...bene...- Sospiro tenendo lo sguardo basso.
-Ne sei davvero convinta?-
Alzo le spalle una smorfia si forma sul mio viso, non so davvero come mi sento.
-Vuoi parlarne Rosa?-
Alzo gli occhi su Sofia, lei mi osserva con lo stesso sguardo che aveva in macchina il giorno che mi ha accompagnata al funerale di mio padre, lo stesso di quando parlava di sua sorella.
-Che ci sta da dire?-
-Lo so come ti senti, ma passerà-
-Ce vuless crere'r overament...-
-Stai attraversando un periodo buio, è normale che tu ti senta così, ma non sei sola...-
-Si, invece...agg perz tutt' quant. Cierti vot penz...ma ce camp a fà? Si nun ce stess chiù, a chi importasse? Almeno...stess ca famiglia mij-
Sofia si alza allungandosi sopra la scrivania, prende le mie mani tenendole tra le sue, lascio lo schienale della sedia per sporgermi verso di lei, più vicina.
-Questa cosa non devi più ripeterla. Tu non sei sola e se sparissi...a qualcuno importerebbe-
Sbuffo perchè so già dove vuole andare a parare.
-P' favor, nun accumminciat pur vuj cu Di Salvo-
Lei sorride.
-Non parlo solo di lui, hai anche le tue amiche e...me-
La osservo con un sorriso quasi ironico.
-Crè ve sit affezzionat?-
Lei ricambia il sorriso, ma il suo è vero.
-Un poco...-
-Allor stat ruvinat-
Lascia andare le mie mani e ritorno seduta bene, ricordo il primo giorno che è arrivata fingendo di essere un educatrice, era così fredda e schiva verso tutti soprattutto verso noi ragazzi.
Anche i primi tempi quando prese il posto di Paola, non ha voluto mai legarsi a qualcuno di questo carcere.
Adesso invece, si sta sciogliendo e forse non è un male. 


Al corso di pizza vedo arrivare la direttrice si ferma davanti a Carmine, dalla mia postazione posso sentire bene cosa gli sta dicendo, lui lascerà l'ipm a giorni, definitivamente.
-Di Salvo, ho parlato con il ministero, il tuo trasferimento sarà effettivo a giorni-
Lui resta in silenzio quella notizia dovrebbe farlo sentire al settimo cielo, finalmente potrà lasciare Napoli insieme a sua figlia come ha sempre desiderato di fare, invece il suo sguardo trasmette solo malinconia.
Lui la ringrazia e poi si gira a guardarmi, non faccio in tempo ad abbassare la testa, ci fissiamo per un lungo tempo.
Sofia lo riprende chiedendogli cosa c'è che non va, anche se non credo abbia bisogno di una risposta.
-Non sei contento?-
-Si...lo sono- Lui sospira rigira il panetto di pizza tra le mani.
-Mi devo solo abituare...-
Lei annuisce. -Allora preparati-
Deglutisco e immergo le dita dentro l'impasto, fino in fondo guardandole sparire lentamente.
Anche io dovrei gioire, sapendo di essere riuscita nel mio intento di averlo allontanato da me, ma...non mi sento felice.
Entrambi non lo siamo, abbiamo delle faccende in sospeso.
Decido di fare una pausa per fumare una sigaretta mentre arriva il fornitore per scaricare la farina e altri prodotti che usiamo al laboratorio di pizza.
Tonino si lamenta perchè nessuno lo aiuta a scaricare la macchina, spengo la sigaretta e poi torno dentro, prima di tornare alla mia postazione Carmine arriva alle mie spalle mi dice di seguirlo, io restia non lo faccio.
Da uno dei cassetti prende un coltello e mi spinge dentro lo sgabuzzino per poi chiudere la porta e bloccarla.
-Che stai facenn?-
Lui si gira e mi guarda punta il coltello verso di me, vuole che io lo prenda.
-Chist è o' post addo e pruvat a m' accire'r. Fall mo-
La prima volta che sono entrata in questo sgabuzzino la mia sete di vendetta era tanta da non riuscire a farmi ragionare, volevo solo vederlo morto, restituire a Wanda Di Salvo lo stesso dolore che io avevo provato per la morte di Ciro.
Ma non ce la feci...fallii e poi quel desiderio di vendetta lentamente svanì. Giro intorno al tavolo e cerco di uscire, ma lui mi ferma impedendomi di farlo.
-Rosa...voglj sapè a verità-
È serio e deciso, so che non mi lascerà andare con facilità.
Questo suo accanimento verso di me, tentare disperatamente ogni volta di salvarmi è frustrante.
-Ij aret nun torn- Gli dico indietreggiando quando si avvicina troppo, tento di superarlo ma di nuovo non ci riesco. La sua mano nell'incavo del mio collo blocca i miei movimenti, mi ritrovo con le spalle al muro.
Sto rivivendo la stessa scena della prima volta.
Io, lui e un coltello tra di noi.
-Ij nun te sto chiedenn e ij aret- Sussurra lui, e io me ne resto in silenzio.
-Te sto chiedenn e ij annanz- Annulla la distanza tra noi due, non so cosa aspettarmi da lui, credevo davvero si fosse finalmente arreso.
-Chesta guerr nun a può vencer-
-E chi te la ritt a te?-
Il suo sguardo è così intenso da insinuarsi dentro di me fino ad arrivare alla mia anima. La sua mano mi accarezza il collo.
-M' dispiac p' Eduard, o sacc quant'er important p' te-
Sussulto al sentire il suo nome, quando mi parla in questo modo è lì che sento più male, perchè mi piace, lui più di chiunque altro mi capisce.
-Però nun sto parlan ra guerr ca sta la for...- Frappone il coltello tra noi due il manico al centro del mio petto, la lama al centro del suo.
-Sto parlann ra guerr ca te puort a rind-
-È facil a parlà...-
-Ij chistu dolor a rind o piett nun to posso togliere. Chell che fatt cu Eduard...-
Si riferisce al momento in cui mi sono tirata indietro, e non ho vendicato mio padre.
Ero talmente vicina dal farlo, mi bastava veramente poco per spegnere la sua vita ed avere la mia vendetta, ma a che prezzo?
Sposto lo sguardo per evitare di guardarlo ancora.
-O' vulev verament fa...- Confesso.
-Pcche nun le fatt?-
Chiudo gli occhi, pcchè m' le mbarat tu, che la vendetta non serve a niente, che i morti restano tali, e di certo non ritornano da noi.
Carmine non riceve una risposta, non ha bisogno di sentirla, lui lo sa.
-O' sacc ca mo pienz ca si sola, ma nun è accussì-
Gli angoli delle mie labbra si distendono.
-Ancor nun te stancat e me correr aret? E cercà e accuncià tutt'cos?-
Lui afferra il mio mento mi costringe a guardarlo.
-No, nun m'aggio stancat e vuo sapè pcchè?-
Non gli rispondo è lui a farlo.
-Pcchè ce teng a te...siamo uguali...- Sussurra e appoggia la sua fronte contro la mia.
-Te stai sbagliann...o' faj semp...-
Lui si distrae e lo con le mani sopra il torace lo spingo indietro verso il bancone, il coltello cade sul pavimento e io mi avvicino alla porta, non riesco a fare in tempo ad uscire, lui mi stringe da dietro avvolge le braccia intorno alla mia vita, ritrovandomi io contro il bancone.
-Se po sapè qual'è o' problem?- Le sue mani ai lati del mio corpo mi intrappolano senza darmi via d'uscita.
-Mia mamma? È accussì?-
Non è solo per lei, sinceramente nun m' ne fott proprj e chell.
-Sposiamoci- Dice di punto in bianco.
Resto senza parole corruccio la fronte chiedendo a me stessa se ho sentito bene.
-Ti vuo vendicà e ess? A vuo accire'r?-
Vorrei farle molto di peggio.
-Allor spusammec, ij e te...liberi- Sussurra avvicinando i nostri volti così tanto da poterci sfiorare.
-Luntan ra ca...nun to sto chiedenn sul p' fa nu tuort a mia mamm. Ij voglj sta tutt'a vit cu tè-
Carmine mi bacia racchiude il mio viso tra le sue mani, per un momento lo lascio fare, mi abbandono alle sue labbra, ma solo per poco.
Con un groppo alla gola lo fermo, non so dove trovo le forze ma è quello che sento di fare in questo momento.
-..Ij e te, nun putimm mai esser nient...accettalo-
Vedere la delusione e la rassegnazione sul suo volto è troppo, però è anche giusto. Carmine vuole a tutti i costi farmi credere di riuscire a togliere l'oscurità dentro di me, farmi sperare di avere un futuro insieme a lui.
Ma se dentro di me non sono in pace, se non riesco prima a ritrovare me stessa, come potrei farlo restando accanto a lui?
Fa male ma è giusto così, le nostre strade si sono incrociate in un momento in cui non lo credevo possibile, e forse un giorno potremo avere quella libertà che lui tanto desidera per entrambi. 

La speranza è quel mare fuori [Happy Ending Piecurosa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora