IX. Richiamo

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La luce del sole mi sveglia. Fatico a districarmi dal torpore, erano secoli che non godevo della comodità del mio letto, o dell'odore familiare del palazzo. Nella nebbia del mattino non resterebbe traccia del giorno precedente, né del mio lungo viaggio a caccia di fantasmi, non fosse per la presenza calda che grava sul mio fianco.

Enkidu di rado dormiva da solo, forse per qualche istinto primitivo. Mi si infilava nel letto appena venivano spente le luci e, se non passavamo la notte a ridere o altro, mi si rannicchiava addosso come un enorme cane. Quella sensibilità lo aveva portato a restare in silenzio, la notte scorsa, gli occhi fissi su di me, nonostante il respiro calmo delle bestie dormienti.

«Anche nella foresta dormivi a occhi aperti?»

Un guizzo delle pupille ne preannuncia il "risveglio". «Solo quando necessario.» La sua voce è una pugnalata nel petto. È davvero ancora qui. «Lo sguardo del mio nuovo fratello è quello di un uomo che ha sofferto. Che ti è successo?»

Scuoto il capo. «Gli dèi si divertono a giocare con la mia mente. Comincio a essere stanco.»

«Cose che ti tormentano quando dormi?»

«Cose che mi tormentano quando apro gli occhi.» Lo fisso mio malgrado.

«Be', se il presente ciò che non riesci ad affrontare, forse restare immobile non è la scelta giusta.»

«Che vuoi dire?»

«Le cose non cambieranno certo da sole. Ora ti sembrerà di non avere controllo sul presente, ed è così. Ma il futuro, quello è un'altra cosa.»

«Non mi piace quello sguardo, fratello.»

Enkidu scatta sulle ginocchia. «Partiamo per un viaggio.»

Ci siamo: l'innesco degli eventi che portano al disastro. Le memorie mi si concretizzano di fronte come una catena pronta astringersi su di noi. Troppo presto.

«Vorrai scherzare» mi sfugge in un sibilo.

«Perché no? È per i tuoi impegni da sovrano o qualcosa del genere?»

«Uruk può cavarsela anche senza di me.» Lo ha sempre fatto.

«E allora qual è il problema?»

Che non sono pronto a perderti di nuovo. Non posso certo dirglielo, mi mordo le labbra e sospiro. «Dammi solo un po' di tempo.

Le spalle si alzano e abbassano rigide sotto il suo respiro. «Sta bene.» No che non gli sta bene.

***

«Enkidu!» Lo raggiungo nel mezzo dell'acquitrino in cui stavamo cacciando. «Tutto bene?»

Rivolto al sole nascente resta immobile come una statua di sale, solo la testa si muove appena in un muto "no". «La senti?»

«Cosa?»

«Una voce mi sta chiamando...»

«Così mi spaventi. Sei stato troppo al sole?» Lo dico, ma la sento anch'io. Per due settimane l'ho ignorata e sono riuscito a evitare l'argomento con Enkidu, tenendolo impegnato con allenamenti e battute di caccia, ma entrambi abbiamo raggiunto il limite. Il fato ci vuole in marcia.

«Parto stasera» sentenzia all'improvviso. «Con o senza di te.»

Gli arti mi tremano, sembra che lo perderò in ogni caso. «I sogni non aspettano, a quanto pare...» mormoro fra me, girandomi a guardare le mura ocra e azzurre di Uruk da poco completate. Nella luce del nuovo giorno, sembra che l'Eufrate abbia deciso di ascendere verso il cielo in un bacino d'oro per offrire protezione alla città. Sospiro forte. «D'accordo. Stasera. Giusto il tempo di tornare a palazzo e fare i preparativi.»

Gilgamesh - Human BeingDove le storie prendono vita. Scoprilo ora