Il Bosco Scuro

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Sentiva il suo stesso fiato così pesante rimbombare nella foresta, aveva corso molto ed era stanco. Non ricordava più la strada di casa, era la prima volta che succedeva questo; era pur vero che da molto tempo non tornava a casa. Non era propriamente una casa ma un castello, costruito molto tempo prima da un suo avo, Oscar odiava quel posto. Oscar odiava tutto ciò che lo legava alla sua famiglia, odiava anche se stesso. A destra, quella era la strada giusta. Corse di nuovo, sentiva le voci dietro di se. Venivano a prenderlo. Era pomeriggio, il sole dominava il blu quasi pallido del cielo e mancava ancora molto prima che la luna fosse apparsa al suo posto. Eppure gli alberi fitti rendevano ancor più tetro e buio quell'ambiente, non a caso veniva chiamato il Bosco Scuro. Strane e malvagie creature dominavano quelle terre, così per lo meno si diceva tra i paesani. Dopo il bosco, a nord, c'era un piccolo paesino popolato maggiormente da vecchi bifolchi che credevano a qualsiasi stupidaggine, una volta alla trattoria di Ben Oscar sentì parlare uno strano vecchio riguardo ad un branco di uomini lupo intenti a cacciare delle pecore fuori dal gregge. Stupidaggini, secondo Oscar. Non tutto di ciò che dicevano, però, era falso; una volta parlarono del castello nella foresta, ipotizzarono che vi abitava un vampiro. Al tempo Oscar era ancora piccolo e i suoi genitori erano ancora in vita. «Questo bosco ci porterà tutti alla morte, bisogna dirlo al re.» diceva un vecchio; passarono i secoli e scomparvero i re, di vampiri se ne parlava poco e niente. Correva Oscar, correva. Le voci urlavano ma si sentivano lontane. I paesani avevano deciso di affrontare il bosco. Oscar si girò indietro, sperava di non vedere fiaccole alzate. Non ce ne erano infatti ma quando si girò di nuovo avanti sentì la terra ai suoi piedi rompersi, non era terra: era ghiaccio. Non proseguì più, era fermo e immobile. Oscar ricordava quel posto, da piccolo veniva lì con il padre e camminava sopra il ghiaccio. «Ricordati Oscar: finché il ghiaccio sarà duro e non avrà neanche una scheggiatura allora sarà ancora la nostra era. Noi abbiamo sangue freddo nelle vene, un freddo sangue blu come il ghiaccio.» così diceva il padre ad Oscar. Per la prima volta dopo molti secoli il ghiaccio si era rotto. Era sera e dal lago si poteva vedere il cielo rosso, ogni volta che vedeva il tramonto Oscar pensava all'amore e alle pene del cuore, questa volta alla morte e al sangue. «Sono anni che corro sopra questo laghetto e proprio oggi ha deciso di cominciare a sciogliersi?!» disse una ragazza poco più in là. La ragazza era molto bella ma in lei c'era qualcosa di bestiale e selvaggio, forse i lunghi capelli castani e disordinati o, anzi, quella voce un po' roca che faceva paura solo a sentirla, altrimenti erano gli occhi grigio topo profondi e distratti. Oscar era più alto, molto più chiaro di pelle rispetto a lei e i suoi capelli neri come la notte li aveva ordinati; gli occhi invece erano identici a quelli della ragazza; il suo fisico era lo stesso di un ventenne che ha fatto un minimo di ginnastica, era quindi molto magro. La ragazza imprecò, bestemmiò e si girava attorno cercando una soluzione. Oscar si sorprese al sentirla, da una parte però era divertito al pensiero che una ragazza così bella e leggera fosse tanto pesante di parole. Si alzò la notte. Oscar era invisibile nel buio, con i suoi jeans scuri e la sua larga felpa nera, gli bastò mettere il cappuccio per diventare parte della notte. La ragazza fece un passo e il ghiaccio l'accompagnava con un suono triste e malinconico, lei si mise a piangere. Suo padre non sarebbe fiero di lei, le aveva sempre insegnato che nei casi difficili la paura è ciò che ci uccide mentre la calma ci aiuta. Questa volta, però, sapeva di essersi allontanata troppo e la luna si stava alzando. La luna era tonda e faceva da faro nel buio come lo fa una fiaccola accesa.
Poco un po' più in là alcuni paesani correvano, altri camminavano molto lentamente, e tutti con fiaccole accese e con pali e picconi. Andavano, alcuni senza neanche più il fiato, e cercavano il ragazzo. Ad un certo punto erano per la maggior parte stanchi eccetto il vecchio Thomas; ci fu persino il pro-nipote di Ben che disse: «Questo albero l'abbiamo già visto e quella siepe è la stessa di prima!». Tutti credettero di star girando in tondo, solo che il pro-nipote di Ben l'aveva detto perché (grasso e pigro com'era) si sentiva affaticato e voleva tornare a casa. «Vuoi tornare a casa Benjamin?» disse Thomas al pro-nipote di Ben. «Va, torna a casa! Io non te lo vieto, anzi, non lo nego a nessuno però io cercherò quel vampiro bastardo in questa foresta dannata! Chi è con me?» Con Thomas andarono solo sette uomini; uno di questi era un ragazzino che veniva considerato solo mezzo uomo, il giovane si era unito solamente per vedere il vampiro. Il resto tornò indietro. Thomas tracciò una linea sul suolo e poi partirono alla ricerca del mostro. Camminando e camminando Thomas e i suoi sentivano molte voci venire verso di loro, passi lenti e pesanti calpestavano il suolo. Erano così tante che rimbombavano per tutto il bosco. Thomas riconobbe il cespuglio, era lo stesso che prima il grasso barista diceva di aver già visto, c'era anche lo stesso albero e con il cuore in gola il vecchio Thomas guardò a terra, lì stava la stessa linea che aveva tracciato poco prima. Le voci si fecero sempre più vicine, sembravano lamenti. Nel buio della notte s'intravedevano molte figure umane che stavano a pochi passi dai sette e mezzo; si muovevano a strasciconi come morti viventi. Thomas afferrò il fucile e lo caricò, attendeva per vedere bene chi era sotto la luce della fiaccola; notò che anche loro, però, avevano delle fiaccole accese. Thomas si trovò Benjamin, il pro-nipote di Ben, proprio faccia a faccia, l'oste strappò il fucile dalle mani del vecchio Thomas e si sparò alla nuca, cadde a terra senza vita e con un foro in testa.

Oscar si stava avvicinando piano piano alla ragazza. Teneva ancora il cappuccio e lei non si accorse della sua presenza. Stava levitando, non voleva rischiare di rompere il ghiaccio troppo in fretta. «Perché piangi?» a quelle parole la ragazza si guardò intorno spaventata. «Chi è?» chiese lei, aveva paura. Nessuno rispose. La ragazza quindi ricominciò a piangere e la paura entrava sempre più in lei. «Andrà tutto bene» disse Oscar che si era messo seduto su un ramo di un albero lì vicino. Appena disse queste parole, però, Oscar vide da lontano le fiaccole accese dei paesani, sentì le loro urla e poi udì uno sparo. Anche la ragazza notò le stesse cose quindi smise di piangere e cercò d'andarsene da lì; fece un passo, poi un altro e poi... Il ghiaccio sotto di lei si era rotto, la punta del piede era già nell'acqua gelida, le voci degli uomini si facevano sempre più forti, era mezzanotte e la luna piena dominava il cielo. Oscar la prese al volo e la mise a terra, la ragazza era svenuta un attimo dopo aver visto l'immagine di se stessa riflessa negli occhi del ragazzo. Oscar stava per prenderla in braccio ma lei fece dei movimenti simili agli spasmi. I peli delle braccia diventavano più lunghi e folti così anche sul viso e sullala pancia semi scoperta; il suo volto stava mutando, allora Oscar capì cosa stava accadendo e lasciò la ragazza sola a terra mentre lui la osservava dalla cima di un pino. Guardava interessato, mai in vita sua aveva visto un mannaro in mutazione. La donna lupo s'alzò sulle due gambe e ululò alla luna; Oscar temeva d'essere visto, gli uomini lupo raggiungono qualsiasi cima in pochissimo tempo. Il licantropo si strappò gli abiti e partì a quattro zampe annusando il suolo. Era veloce e silenziosa, invisibile nel buio della notte. Dopo pochi secondi non si riusciva più a vederla; così Oscar scese dall'albero e, credendo di ricordarsi la strada, prese la direzione opposta a quella del licantropo e cercò per tutta la notte il suo castello.

Concorso Paranormal Romance: Il lago di ghiaccioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora